IL CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI
Siamo ancora nel vortice del gioco. Tutto sembra incredibile. È avventura. È paura. È sconforto, ma allo stesso tempo voglia di sfidare gli eventi. Mi vergogno di pensare in questo modo, mentre Giulia è sul mio letto, a combattere per la sua sopravvivenza, poiché è stata brutalmente picchiata e violenta da malviventi. Ma la verità è questa: più passa il tempo, più questa vicenda della mia vita si ingarbuglia, è più l’adrenalina sale nel mio cervello. Voglio misurami con gli eventi, per confrontarmi con me stesso e vagliare la mia tenuta fisica e psichica. Siamo come in un libro di Italo Calvino: il castello dei destini incrociati. Ci troviamo di fronte a una realtà fisica, un luogo, ove le vicende dei vari protagonisti, che non sono figure uscite dalla penna di un qualche autore, ma siamo noi di carne ed ossa, si trovano ad affrontare nuove difficoltà e nuove prove che stabiliranno il futuro di ciascuno. Riusciremo a trovare una strada? Riusciremo a cavalcare il nostro destino, evitando così di farci travolgere da lui? In buona sostanza eviteremo di farci ammazzare da camorristi vendicativi? Riusciremo, se sopravviviamo fisicamente, ad evitare la galera? Daremo delle plausibili risposte alle domande che ci farà il magistrato, che sia la dottoressa Martina Buonasera, o un altro, poco importa? Poi una domanda atroce mi sovviene. E se adesso venisse a bussare un rappresentante delle forze dell’ordine? Se vedesse Giulia? Che spiegazione daremmo al suo stato di salute, per usare un eufemismo, non ottimale? Tutto potrebbe cambiare. Tutto potrebbe rimescolarsi, come un mazzo di carte in mano a un sapiente croupier. “Volta la carta” era il titolo di una canzone di Fabrizio De Andrè. Volta la carta e tutto potrebbe essere diverso a seconda che la carta porti l’effige del Re, magari di spade, o del Jolly. Tutto nella vita è spiegabile. Ma lo si spiega a posteriori. Magari quando si è anziani e si medita sui fatti trascorsi. Al momento in cui accadono gli eventi è quasi impossibile controllarli con la ragione. Certo il tuo cervello è. La tua mente funziona, più o meno bene aggiungere. Ma il susseguirsi di atti e avvenimenti compiuti da te e da altri in maniera vorticosa, creano la situazione presente difficilmente controllabile. Diceva Italo Svevo nelle conclusioni del suo libro quasi certamente più importante e famoso “La Coscienza di Zeno” con fare profetico. Siamo agli inizi del XX secolo. Ci sarà un uomo, come gli altri uomini ma un poco più intelligente, che inventerà una bomba potente, talmente potente da distruggere il mondo, profezia avverata. Ci sarà un altro uomo, uguale agli altri uomini solo un poco, badate bene un poco, più pazzo, che ruberà questa bomba e la porterà al centro della terrà.. e boom.. la farà esplodere.. e il nostro mondo tornerà ad essere un’ineffabile nebulosa di purezza. Ora questo è il destino incrociato, questo è il vero che ci attende, noi possiamo fare grandi opere e imprese, come quell’uomo come altri uomini solo un po’ più intelligente, ma non possiamo controllare ciò che ne farà quell’altro uomo uguale ad altri uomini, ma solo un po’ più pazzo. Potremmo addirittura essere noi, essere io, ambedue gli uomini allo stesso tempo. L’uomo che fa grandi imprese e l’uomo distruttore. Non erano così: Stalin, Hitler, Mussolini Churchill. Uomini diversissimi ma che avevano in comune una miscela incredibilmente densa di intelligenza e pazzia nel loro cervello. Churchill ha saputo controllarla. Ha saputo mettere la sua intelligenza al servizio del bene comune. Gli altri no. Hanno usato l’intelligenza per uccidere, depredare, mettere sotto prigionia milioni di persone. Ora il mondo è chiamato a scegliere, scegliere Churchill o scegliere Stalin? Apparentemente la scelta è facile. Ma in realtà quante volte scegliamo Hitler o Stalin? Ma non sono solo i grandi a compiere atrocità. La nostra triste storia è la prova che anche noi, uomini e donne da poco o addirittura niente, possono commettere cose terribili. Giulia non è una persona comune? Io, Fabio Lizzo, non sono un uomo qualunque? Francesca, che è la mia collega di lavoro la mia vicina di scrivania in un lavoro di compilazione di noiosissime scartoffie, una donna buona, eppure non si è resa complice di un crimine? Ma finanche Tantalo Castelli, il boss della camorra, se lo guardi, se osservi la sua fisionomia, senza sapere che attività svolge, appare una persona onesta e beneducata. Ciò appare oggettivamente una bestemmia, per un paese come il nostro, troppo sottomesso al potere criminale. Gente del genere dovrebbe essere marchiata a vista, dovrebbe essere lampante che i loro atti sono antisociali, eppure non è così. Siamo tutti sospesi, sono sospesi i nostri giudizi in attesa, chi lo sa, che ci sia oltre la vita veramente un Dio che ci giudichi per chi realmente siamo. Tutto sembra un susseguirsi di eventi senza alcun filo logico.
Mentre pensavo così Giulia e Francesca entrano nel soggiorno. Francesca sostiene Giulia. Dice, quasi a volersi giustificare, non è voluta tornare a letto, Il dottore l’ha fatta alzare, lei non ha voluto rinunciare a camminare e venire a vederti. Ciao, faccio io, con un misto di gioia ed imbarazzo. Sono felice che sia tornata così immantinente a camminare, e sono imbarazzato dal fatto che non sono riuscito al meglio ad accudirla, se non fosse venuta Francesca ad aiutarci Giulia starebbe ancora sul suo giaciglio avvolta da quelle bende che gli avevo messo così maldestramente. Era cinta dalla vestaglia che si era comprata il giorno che era venuta ad abitare da me, quando il suo appartamento era sotto sequestro. Francesca l’aveva lavata e, credo, anche stirata. Non so come abbia fatto. Non me ne sono neanche accorto. Giulia si siede sul divano. Ci guardiamo un po’ negli occhi tutti e tre. Non sappiamo che dirci. Abbiamo vissuto troppe cose insieme in questi concitati giorni. Non abbiamo fiato per evocarli in una sessione comune. Forse è meglio. Il silenzio è quasi certamente più ristoratore delle parole. Siamo ad un incrocio della nostra esistenze. Tutte le vite nostre non potranno mai più essere uguali a prima. Questo è un dato oggettivo. Spetterà a noi saper rendere più bello il domani, evitando di cadere nell’oblio della disperazione. La sfida è questa. Essere quell’uomo come tutti gli uomini, ma più intelligente, che ha saputo inventare qualcosa di nuovo, come ci dice Italo Svevo. Evitando di tramutarlo in male, in una bomba, ma volgendolo a qualcosa non solo di buono, ma anche di benefico, non dico per tutta l’umanità, ma almeno per le nostre vite. Bisogna pensare a fare qualcosa che ci liberi da questa inchiesta giudiziaria e ci apra il domani alla felicità. Una scommessa da vivere. Da vivere nel castello dei destini incrociati.
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