mercoledì 2 ottobre 2019

LA COSTITUZIONE ITALIANA: ARTICOLO 22



LA COSTITUZIONE ITALIANA: ARTICOLO 22

“Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”

L’articolo 22 della Costituzione Italiana sancisce che nessuna motivazione politica può privare l’uomo e la donna del proprio nome, della propria capacità di essere soggetti che possono compiere atti giuridici, della cittadinanza. Si sancisce il diritto ad avere e a mantenere la propria identità. Il nome è ciò che ci rende unici ed eccezionali. La dignità della persona si preserva soprattutto riconoscendo il suo diritto ad avere una personalità. Ogni persona, anche coloro che hanno problemi psichici, è un soggetto che ha una propria individualità. Ognuno la esprime diversamente. Lo stato deve fare in modo che nessuno possa essere ridotto allo stato subumano. I precedenti tragici della prima metà del XX secolo ci debbono servire da monito. I regimi nazisti, fascisti e comunisti si sono adoperati per negare la dignità di uomini ad oppositori, facenti parte di comunità religiose o culturali minoritarie, e a disabili. I campi di concentramento nazisti e i gulag staliniani sono stati la negazione del diritto alla dignità che ogni uomo ha. Stalin internava nei gulag oppositori politici, ma anche appartenenti a etnie considerate, follemente, pericolose per il regime comunista, tali erano considerati, ad esempio, gli ebrei che risiedevano in Ucraina. Hitler ha negato il diritto alla vita a milioni di Ebrei, zingari, oppositori del regime e disabili. Ha mandato tutte queste persone nei campi di sterminio, gli ha dato la morte manifestando il suo cinismo e la sua mancanza di umanità. Insomma ha reso possibile l’annullamento della persona umana. I soggetti invisi al regime erano carne, il termine pare appropriato, da mandare al macello. Non è un caso che Primo Levi, vittima e testimone a un tempo della follia concentrazionista del nazismo, si chiesa “se questo è un uomo?”, è il titolo di uno dei suoi libri che parlano di Auschwitz. Insomma l’articolo 22 sancisce a chiare lettere la sacralità della persona umana, è un corollario dell’articolo 2 che riconosce i diritti della persona, il diritto al nome è uno dei modi per tutelare l’integrità fisica e morale di tutti. Nessuno potrà mai finire nei campi se gli sarà riconosciuto il diritto al nome, il diritto ad essere unico e allo stesso tempo uguale agli altri. Un altro diritto è quello di mantenere la propria cittadinanza. Si sa i regimi politici hanno sempre visto come strumento di potere la possibilità di negare la cittadinanza a chi fosse visto come elemento di pericolo per il proprio potere. La costituzione nega tassativamente che possa essere applicato questo sopruso nel nostro regime repubblicano. Ci sono casi in cui un cittadino potrebbe perdere la cittadinanza, ma sono esplicitamente citati in costituzione e normati da una legge dello stato. Nel caso un cittadino italiano abbia lavorato per enti statali stranieri e abbia prestato servizio militare per una potenza straniera, potrebbe perdere la cittadinanza se l’autorità preposta lo ritenga necessario. Ma questi sono casi limite. La norma è che la cittadinanza è un bene prezioso che non si può perdere. Sul tema della cittadinanza si è aperto un dibattito ampio. Una proposta di legge, ormai senza speranza di essere approvata, estendeva ai bambini nati in Italia, ma figli di non cittadini italiani residenti, però, nel nostro paese, il diritto di cittadinanza. Il dibattito si è fatto intenso. E’ giusto lasciare il diritto di cittadinanza ai soli figli di cittadini italiani o sarebbe meglio dare anche a chi è nato, studia  e vive in Italia, pur essendo figlio di stranieri, la cittadinanza. La destra e il Movimento Cinque Stelle preferiscono che sia il “sangue”, cioè l’ascendenza, a determinare la cittadinanza. La sinistra vorrebbe che fosse la cultura a determinare la cittadinanza, che chi parla italiano vive in Italia studia nel nostro paese fosse italiano. E’ un dibattito ampio. Il candidato alla presidenza della Regione Lombardia della destra ha dichiarato che sua intenzione “è difendere la razza italiana”, questo è un moto che lo accomuna a tutti coloro che voteranno Lega e Forza Italia. L’elemento etnico è fondamentale per la destra di oggi esattamente come lo era per la destra mussoliniana che nel 1938 promulgò, con la complicità di casa Savoia, le leggi razziali. Noi che scriviamo crediamo che la razza sia solo quella umana, che non vi siano differenze etniche tale da fare discriminazioni. Rimane il fatto che milioni di miei concittadini, votando le forze politiche legate a Salvini, Berlusconi e Meloni, non la pensano così. Pensano che il cittadino italiano che ha diritto a una vita dignitosa sia solo bianco e di molte generazioni italiano. Esattamente come la pensavano Hitler e Mussolini, che sotto al loro regime imponevano che bisognasse dimostrare di avere sangue italiano o tedesco al 100%, certificando che i propri genitori e nonni non erano ebrei, oggi la destra pensa che solo chi è di sangue italiano abbia diritto alla cittadinanza. Questa convinzione deve essere vinta. Bisogna sottrarre consenso a una destra di tal fatta. Bisogna farlo con paziente opera di persuasione. Bisogna farlo facendo intendere che la solidarietà umana è un cardine fondante del vivere insieme. Bisogna farlo ricordando che il diritto a non essere privati del nome, della cittadinanza e della capacità giuridica è una conquista ottenuta grazie al sacrificio dei milioni di ebrei, dei milioni di zingari dei milioni di perseguitati morti per mano di un regime totalitario che negava la dignità umana a coloro che erano considerati di “razza” inferiore. Bandire il termine “razza” dal nostro vocabolario, non votare partiti che usano questo termine è un dovere morale che abbiamo in nome del rispetto e la pietà che dobbiamo ai milioni di morti dell’Olocausto.
Testo di Giovanni Falagario

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