LA COSTITUZIONE ITALIANA: ARTICOLO 24
“Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri
diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del
procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti con appositi istituti i
mezzi per agire e difendersi davanti a ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione
degli errori giudiziari”
L’articolo 24 della Costituzione sancisce il diritto di ogni
persona di rivendicare davanti allo stato, davanti a un magistrato, i propri
diritti violati. Questo principio è stato istituito in Germania nel 1700. Un
mugnaio di una piccola città tedesca, Postdam, era vessato dai soprusi del
signore locale. Il nobile gli imponeva lavori di corveè, lavoro gratuito che il
villano doveva al signore nel Medioevo, senza che questi fossero sanciti dalle
leggi e consuetudini locali. Il mugnaio indignato andò a Berlino. Si rivolse al
re di Prussia, Federico il Grande, pronunciando la frase che d’allora rimase
proverbiale: “c’è un giudice a Berlino?”. Il sovrano giudicò che, in base alle
leggi e alle tradizioni giuridiche della Prussia, il contadino avesse ragione a
reputare vessatorio il comportamento del signorotto locale, e sancì che il
mugnaio fosse libero dalle imposizioni medievali. Questo precedente storico inserì fra i
diritti inviolabili dell’uomo anche quello di poter agire in giudizio per la
tutela dei propri diritti. Chiunque, se vittima di soprusi frutto della
violazione di legge, può chiedere l’aiuto dello stato per ripristinare un proprio
diritto violato. Tutti gli ordinamenti Costituzionali che sono nati
successivamente, dalla Costituzione Americana alla Dichiarazione dei diritti
dell’Uomo francese hanno incardinato, nei propri statuti, il principio. Tutti
gli stati liberali dell’Ottocento hanno
inciso nelle proprie leggi questo principio inderogabile. E’ lampante che
qualsiasi diritto non possa essere considerato tutelato in un ordinamento
statuale, se non è effettivo. Effettivo vuol dire che sia possibile esercitarlo
pienamente e se ciò non avviene sia nelle facoltà del cittadino chiamare in
giudizio chi impedisce il suo esercizio. Insomma chi subisce un torto ha la
possibilità, il sacrosanto diritto, di chiedere giustizia allo stato attraverso
un organo appositamente istituito e preposto a difendere la legalità. Lo stato
italiano, la Costituzione, garantisce la difesa dei diritti e degli interessi
legittimi di ogni persona. I diritti sono direttamente esigibili da parte del
soggetto. Io compro una cosa, e in virtù dell’atto giuridico dell’acquisto, ho
il diritto di proprietà sul bene. Nessuno può sottrarmi quel bene che rientra
nella piena mia proprietà. L’Interesse legittimo è importantissimo al pari del
diritto soggettivo. Ogni cittadino, ogni persona, che si trova a confrontarsi
con la pubblica amministrazione deve avere la garanzia che gli atti d’autorità
di quest’ultima siano conformi alla legge dello stato. Si fa l’esempio dei
concorsi pubblici. Il singolo partecipante non ha il diritto soggettivo a
vincere il concorso ed ottenere un posto di lavoro, ma ha l’interesse legittimo
che la prova concorsuale si svolga senza brogli ed adempiendo le norme di legge
in materia. Insomma l’interesse legittimo si esercita contro gli atti
amministrativi esecutivi che si rivolgono a una vasta platea di utenti, i quali
possono rivolgersi ad un apposito tribunale, il TAR (Tribunale Amministrativo),
se ritengono che siano violate norme dello stato o delle regioni. Il secondo
comma dell’articolo 24 sancisce il diritto inviolabile alla difesa. Chi è
chiamato in giudizio ha il diritto di difendersi o in prima persona o, come è
usuale e spesse volte indispensabile, chiedendo l’ausilio di un professionista,
un avvocato. Il diritto alla difesa è un principio volto a scongiurare i
soprusi. Nessuno deve essere in balia dello stato, nessuno deve essere
sottoposto ad angherie. L’esempio letterario di Kafka deve essere scongiurato.
Nessuno deve essere come K., l’anonimo protagonista del romanzo “Il Processo”, condotto
agli arresti, processato e condannato a morte senza conoscere le ragioni
dell’accusa e senza avere la possibilità di difendersi. La nostra costituzione
sancisce, al contrario, il diritto alla difesa in ogni ordine e grado del
procedimento, che impone, come necessario corollario, la conoscenza da parte
dell’imputato dei capi d’accusa. E’ d’obbligo ricordare che negli anni bui del
XX secolo i regimi fascisti e nazisti hanno condotto in prigionia e hanno
ucciso milioni di persone innocenti negandogli un processo. Gli ebrei
deportati, quali agnelli sacrificali, furono depostati senza alcuna possibilità
di difendersi. La stessa sorte la subirono gli zingari, la comunità Sinti,
anch’essa perseguitata dal nazifascismo. I disabili furono internati in nome di
un vago e crudele principio di sanità pubblica, che si fondava sull’idea che il
meno atto ad affrontare la vita dovesse essere soppresso, cancellando così
l’idea che la vita di chiunque è un bene inviolabile. Insomma senza il diritto
alla difesa, lo stato, totalitario, ha compiuto gravissimi crimini. La legge
deve, come dice il terzo comma dell’articolo 24, garantire gli strumenti di
difesa a chi non ha i soldi e gli strumenti culturali per acquisirli da solo.
E’ stata istituita la figura dell’avvocato d’ufficio che ha il compito di
difendere gratuitamente chi è in stato d’indigenza. Questo istituto è un atto
di umanità e di saggezza giuridica volto a venire incontro a chi si trova ad
affrontare una causa in stato d’indigenza. L’ultimo comma dell’articolo 24
sancisce il diritto ad essere risarciti in caso di errori giudiziari. Il
cittadino che come K. Subisce le angherie del potere deve essere rimborsato. E’
un principio di giustizia. Chiunque subisca processi ha dei danni non solo
materiali ma anche morali. Se è costretto a subirli ingiustamente deve essere
risarcito. Alle volte, specie se si è accusati ingiustamente di gravi reati
penali, un risarcimento economico, per quanto consistente, non sarà mai
adeguato all’onta subita. In questi anni si è molto discusso se fosse il caso
di introdurre la responsabilità penale e civile del giudice nel nostro
ordinamento. Oggi se un giudice sbaglia è lo stato che paga che risarcisce, in
seguito potrà rivalersi sul giudice, ma riprendendosi piccola parte del dato
alla vittima dell’errore giudiziario. La destra vorrebbe che fosse il giudice a
pagare interamente i danni provocati. Staremo a vedere. Certo l’introduzione
della responsabilità personale del giudice sarebbe un grave nocumento per la
sua libertà di giudizio. Il magistrato dovrebbe pensare prima alle cause giudiziarie
che dovrà affrontare, che a fare giustizia. Più razionale è l’attuale modello,
in cui lo stato risarcisce e il giudice, uomo di coscienza, proncia le sue
sentenze in spirito di verità e giustizia senza alcun vincolo psicologico.
Staremo a vedere cosa succederà. Certo che per rendere effettivo lo spirito
dell’articolo 24, per garantire al cittadino l’esistenza di un giudizio sereno
e libero, bisognerebbe che la magistratura fosse libera da ogni
condizionamento.
Testo di Giovanni Falagario
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