PORTELLA DELLA GINESTRA
Il primo maggio del 1947 i lavoratori di Palermo si erano
dati appuntamento su un altipiano prospiciente la città siciliana. Era il promontorio
di Portella della Ginestra, nel comune di Piana degli Albanesi. Doveva essere
prima di tutto una passeggiata rilassante in un giorno di festa. Poi ovviamente
doveva essere anche una manifestazione che doveva lanciare la rinascita del sindacato
unitario (la CGIL) e doveva
anche essere un momento di dibattito e di
discussione comune sui destini dell’isola nel centro del Mediterraneo e su
quelli dell’intera Italia. Insomma Portella della Ginestra, il luogo di
incontro di quel fatidico Primo Maggio 1947, doveva essere l’esplicitazione del
protagonismo di quelle che un termine obsoleto definisce “masse” nel cantiere
che era la rinascita del nostro paese, appena uscito da una guerra sanguinosa,
che aveva scelto neanche un anno prima, il 2 giugno 1946, attraverso un
referendum di essere una repubblica democratica e aveva dato il compito ai
componenti eletti in assemblea Costituente di scrivere la nostra Costituzione.
Invece quel I maggio 1947 è diventato maledetto. Mentre le masse di uomini, donne e bambini si godevano il sole generoso siciliano, dai monti circostanzi scesero i “picciotti”di Salvatore Giuliano, noto mafioso, su dei cavalli e fecero strage di innocenti. Quei lavoratori che sognavano il sole dell’avvenire, furono uccisi dalla mafia locale. I “cavalieri”, macchiati di infamia, aveva mitra con cui uccisero undici persone, fra cui tre bambini. Fu un atto di violenza premeditata e condotta con la complicità dei notabili locali. Mi urge dire che fu anche la Democrazia Cristiana a non fare nulla per evitare la strage, un macabro anticipino di quelle che saranno le connivenze fra politica e criminalità mafiosa.
Portella della Ginestra è un dolore. È il lutto per la morte di persone che chiedevano libertà e sono state tradite dall’infamia della violenza. Non conta il colore della bandiera, non conta essere di destra o di sinistra, se tu lotti per l’emancipazione e la libertà sei contro la mafia. Se tu fai compromessi con il potere della delinquenza non sei al servizio dei cittadini e del progresso sociale e morale del paese. Dobbiamo essere con le vittime di Portella della Ginestra non con i loro carnefici. Dobbiamo legale con un filo di solidarietà e speranza le vittime del 1947 con tutti i grandi martiri dello stato e della comunità uccisi dal potere mafioso, penso a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Carlo Alberto dalla Chiesa e i tanti altri, troppi, che hanno perso la vita a causa dalla mafia. Come non menzionare Libero Grassi e don Pino Pugliesi, “civili” nel senso che non erano né giudici né facenti parte delle forze di polizia, che sono morti perché testimoniavano con ardore il loro amore per la vita e per la Sicilia dicendo “NO” alla mafia.
Insomma ricordare Portella della Ginestra oggi vuol dire battersi per la giustizia e contro la maflia.
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