I MAGGIO
Il primo maggio è la festa dei lavoratori. In questo giorno ci appare agli occhi l’opportunità di riflettere su cosa sia la solidarietà e la comunanza fra persone legate da un destino comune: lavorare per vivere. Il primo maggio del 1887, quindi ormai quasi 150 anni fa, i lavoratori dell’Illinois chiesero e manifestarono per essergli riconosciuto il diritto a lavorare otto ore al giorno, mentre in quel tempo si lavorava per molte ore in più al giorno. Quella lotta su un concreto punto di rivendicazione è stata il punto di svolta per la vita di generazioni di lavoratori. È stata anche una vera e propria rivoluzione del sistema di produzione. Le fabbriche hanno dovuto cambiare il sistema di produzione dei beni. Nelle campagna si è rivoluzionato il rapporto padrone – bracciante. Tutto è cambiato. Si è scoperto il valore del lavoro e la dignità del lavoratore, non più attrezzo nelle mani del datore di lavoro, ma uomo e donna che danno una parte della propria esistenza del proprio essere per creare una ricchezza materiale che produce benessere non solo per il detentore dell’impresa ma per l’intera comunità umana. Chi lavora, chi presta le sue opere intellettuali e manuali, non lo fa solo per il salario, ma per creare benessere sociale e compiere la propria persona attraverso l’impiego.
Lavorando quindi si compiono due atti, solo apparentemente ontologicamente diversi fra loro. Il primo è produrre ricchezza generale. Il secondo è accrescere la propria soggettività attraverso l’esperienza e il rapporto con gli altri. Sono due gesti che si fondono in un solo atto. Sono anche il frutto dei rapporti interpensolai fra colleghi e fra dirigenti e dipendenti. Lo sforzo collettivo a produrre è latore di benefiche sinergie che producono un sereno rapporto con la vita stessa.
In questo anno segnato dalla pandemia. In questo anno tremendo in cui il Corona Virus, il morbo, ha segnato tante vittime. Proviamo a ripensare al senso vero e ultimo che è nella parola “lavoro”, pensiamo alla solidarietà che deve caratterizzare la vita di tutti. In questo I maggio in cui i cortei, i concerti, gli incontri collettivi sono banditi, proviamo a pensare che è possibile costruire un tessuto solidale, in cui si possa pensare a un tessuto produttivo che sappia cogliere le capacità di tutti e di ognuno e renderli prezioso strumento di progresso generale. Pensiamo alle parole preziose di Papa Francesco che proprio in una società inclusiva e fondata sull’amore reciproco fra creature del Signore ha posto la resurrezione della umanità e dell’intero pianeta terra. Ricordiamo le preziose parole che ci ha scritto nella “Laudato sii”, la sua enciclica. Pensiamo alle parole di Giovanni Paolo II, il papa santo, che ha creduto fin dall’inizio della sua vita mortale nella sua Danzica, segnata dall’esperienza del sindacato cristiano Solidarnosc, nel valore del lavoro come strumento di pace fra gli uomini e gloria di Dio. Pensiamo a tutti gli intellettuali, laici o credenti che siano e siano stati, che hanno fatto della loro vita un baluardo in difesa dei lavoratori, soprattutto dei più deboli. Allora questo è il Primo Maggio. Una riflessione sul cosa sia il lavoro nella vita di tutti e di ognuno. Un momento di meditazione sul valore assoluto del senso di solidarietà umana. Un momento di riflessione su come sia più bello un mondo fondato sulla ricerca del benessere generale, e non sul perseguimento del mero interesse personale.
Buon Primo Maggio a tutti. Lo dico di cuore. Bisogna imparare che insieme si fanno le cose, penso alla fabbrica, insieme si offrono servizi, insieme si insegna e si impara (penso alla scuola), insieme si fatica e allo stesso tempo si mietono successi. Nessuno deve essere lasciato indietro, nessuno deve essere discriminato. Nessuno può essere penalizzato per il suo genere, maschile o femminile che sia, nessuno deve essere messo da parte. Non solo perché non lasciare indietro nessuno è profondamente giusto ed etico, ma anche perché una società che si fonda sull’inclusione e migliore e produce benefici per tutti.
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