mercoledì 8 gennaio 2020

ANCORA GUERRA IN ASIA MINORE




LA RISPOSTA DELL'IRAN
Purtroppo la risposta dell'Iran all'attentato contro il generale Qassem Soleimani voluto dal presidente USA Donald Trump. Oggi per rispondere all'azione terrorista lo stato iraniano ha bombardato una caserma degli Stati Uniti in Iraq. L'attacco è avvenuto alle ore 1.20 di quest'oggi, 08/01/2020. Il bilancio sembra essere di 80 vittime, tutti soldati americani. E' un escalation senza precedenti. Due potenze, Iran e Stati Uniti, si stanno contendendo la Mesopotamia a suon di cannonate e a spargimento di sangue. Nulla sembra prospettare una fine felice della crisi. I due stati sembrano determinati a scontrasi immediatamente. Non ci sono buoni o cattivi. Le vittime sono solo coloro che muoiono, i carnefici sono i governi che si ostinano ad usare le armi per soddisfare il loro bisogno di potere. Bisogna provare a porre fine allo stato delle cose attuale. Bisogna pensare a costruire la pace. La guerra non è mai una soluzione, il conflitto è il problema per antonomasia. Attraverso di esso c'è solo la morte. La non esistenza serena dell'intero genere umano. Io non me la sento di fare come fanno i sostenitori della Lega. Non me la sento di stare da una parte, con Donald Trump, come ha dichiarato Matteo Salvini a nome degli italiani che lo votano. La guerra è male, uccidere è un grave atto, a prescindere da chi lo compie, a mio parere, per questo non posso condividere le scelte degli elettori del centro-destra, pur rispettandole. La pace è un bene da costruire. Non bisogna combattere con le armi, ma combattere con il cuore e con le idee per raggiungere l'obbiettivo di un mondo in cui la serenità sia l'elemento caratterizzante. Basta guerre, basta attentati, basta omicidi questo è quello che bisogna gridare.

LA COSTITUZIONE ITALIANA: ARTICOLO 27



ARTICOLO 27

“La responsabilità penale è personale

L’imputato non è considerato colpevole sino a condanna definitiva

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Non è ammessa la pena di morte”

L’articolo 27 della costituzione definisce in maniera chiara la condizione dell’imputato, di colui che è’accusato di aver commesso un reato penale, davanti allo stato. Prima di tutto si afferma che la responsabilità penale è personale. Nessuno può espiare la pena di un altro. In materia penale solo chi commette il reato, solo chi trasgredisce la legge, è chiamato a rispondere dei propri atti. Il reo è chiamato personalmente a rispondere dei propri gesti. Solo i danni di natura civile e gli eventuali risarcimenti possono essere risarciti da soggetti terzi, quali ad esempio gli eredi del reo oppure il datore di lavoro, se il soggetto ha commesso reato agendo quale conduttore degli atti giuridici dell’azienda per cui lavora. Dal punto di vista penale chiunque risponde dei propri gesti personali, non è ammessa la sostituzione, il rispondere per gesti compiuti da altri. Questo è un principio fondamentale. La legge tutela i terzi che, legati da un rapporto giuridico o di altra natura con il reo, comunque sono da considerare estranei al procedimento penale. Nessuno può essere chiamato in causa per una generica responsabilità morale. Nessuno può essere chiamato in causa perché ha legami parentali o di amicizia con il reo. Nessuno può essere chiamato in causa in un processo penale in nome di una generica comunanza di intenti con il reo, si è imputati in un procedimento penale perché si è partecipato all’atto dando un contributo nell’attuarlo, un contributo che potrebbe essere anche solo intellettuale, nel senso che si è contribuito a orchestrare il disegno, il piano, del reato, ma bisogna comunque essere partecipi all’orchestrazione dell’atto illegale per essere imputati, non è sufficiente una generica solidarietà e affinità di pensiero. Nei secoli passati, è bene ricordarlo, era d’uso condannare l’intera famiglia se un membro di questo avesse commesso una mancanza contro lo stato. L’esilio, ad esempio, si estendeva a tutta la gens, la famiglia romana, del traditore dell’impero. Questa visione è stata abolita con la nascita del diritto moderno. Le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. Chi commette un reato è giusto che paghi per la propria colpa, quello che non è giusto che a pagare siano i discendenti. Sul piano del risarcimento per danni economici le cose stanno diversamente. E’ giusto che vi sia una responsabilità giuridica civile di colui che è responsabile e custode degli atti del reo. Ad esempio è giusto che gli eredi di una persona rispondano dei danni da esso causati e risarciscano i danneggiati. E’ giusto che un genitore risponda dei danni causati dal figlio minorenne. La stessa cosa potrebbe avvenire per i tutori dei minori, per gli insegnati durante le ore in cui il ragazzo gli è stato affidato e per chiunque abbia in custodia il piccolo anche momentaneamente. In questi casi ci può essere anche la possibilità che il parente sia imputato per mancanza di adeguata vigilanza. Insomma il principio di responsabilità penale personale vale in materia penale e non civile e amministrativa, lo Stato ad esempio è chiamato a risarcire i danni causati dal comportamento illecito di un proprio dipendente. Il secondo comma dell’articolo 27 è un esempio di grande sensibilità verso i diritti dell’imputato. Nessuno deve essere reputato colpevole fino al compimento di tutti i gradi si giudizio. La carta dell’Onu dei diritti umani impone che vi siano almeno due gradi di giudizio prima che un accusato sia dichiarato definitivamente colpevole. E’ un principio di grande sensibilità giuridica. Vi devono essere almeno due organi giudicanti a stabilire la colpevolezza di un uomo. Nel nostro ordinamento sono previsti ben tre gradi di processo. Vi è un primo procedimento di natura penale. Si può ricorrere e contestare la sentenza del primo giudice in appello. La sentenza d’appello può essere contestata davanti alla Corte di cassazione, la massima corte del nostro paese. Questi tre gradi di giudizio sono fonte di garanzia per il corretto e giusto procedimento giudiziario. La Costituzione è chiara. L’imputato non può essere considerato colpevole se non a condanna definitiva, cioè fino a quando vi è possibilità di appellarsi la persona non è colpevole anche se ha subito condanne a lui sfavorevoli. Solo quando si è concluso l’iter giudiziario ci può essere un giudizio definitivo di colpevolezza. Chiunque è sottoposto a giudizio è innocente fino a sentenza definitiva. Insomma si è considerati colpevoli solo a seguito di una condanna definitiva e inappellabile. L’ordinamento giuridico Italia rifiuta ogni tipo di trattamento contrario al senso di umanità. La costituzione vieta la tortura come strumento di pena e come mezzo per indurre il colpevole a confessare. Urge sottolineare che in Italia da pochissimi mesi è stata introdotta una legge che individui compiutamente il “reato di tortura” inteso come azione condotta da un’autorità statuale, da un organo o da un ente dello stato al fine di indurre coercitivamente il malcapitato a fare la volontà dello stato o di chi è chiamato, indegnamente dobbiamo dire in questo caso, a rappresentarlo. La legge che istituisce la tortura è stata approvata in questa legislatura, ma la lega e forza Italia hanno promesso di abrogarla appena riavranno la maggioranza. Ci sono ragioni culturali e ideali che spingono il partito di Berlusconi e quello di Salvini a considerare cosa giusta la violenza di stato verso alcuni soggetti, quali manifestanti o immigrati. Rimane il fatto che il comportamento del centrosinistra che ha adottato una legge contro il reato di tortura è conforme alla Costituzione e attua un dettame giuridico che è fondamento anche del diritto internazionale. La legge che vieta ogni forma di tortura è il compimento dei dettami costituzionali. E’ veramente sconcertante che due forze politiche che hanno governato il paese si siano schierate contro una norma che attua la costituzione. Cosa faranno quando vinceranno le elezioni? Aboliranno la legge che punisce la tortura? E quale popolo siamo noi italiani i che votiamo così numerosi partiti che propugnano la violenza di stato? E’ d’obbligo ricordare l’ultimo comma dell’articolo 27, come è stato riformato dalla legge costituzionale del 2 ottobre 2007. L’Italia, si legge, non ammette la pena di morte. Non l’ammette mai. Nemmeno in caso di guerra, come invece era previsto nella precedente stesura dell’ultimo comma. La riforma costituzionale in questione si lega all’articolo 1 della legge 13 ottobre 1994, n.589, che ha abolitola pena di morte prevista dal codice militare di guerra sostituendola con la pena massima prevista dal codice penale (l’ergastolo).  La pena è ripudiata definitivamente come strumento di esercizio del diritto. Nemmeno in caso di pericolo incombente per la nazione è giustificata. Ecco lo spirito di umanità che dovrebbe prevalere e dovrebbe spingere anche ad appoggiare le norme che rinnegano e condannano ogni tipo di tortura. Le pene coercitive le pene che non ammettono redenzione devono essere abolite. Anche l’ergastolo dovrebbe essere usato parsimoniosamente come punizione anche per i reati gravissimi come l’omicidio. Anche alle persone più indegne dovrebbe essere data una possibilità di redenzione e di reinserimento nella società civile. Speriamo che nella prossima legislatura riaffiori quell’afflato di umanità che caratterizzò il legislatore del 2007, e non la voglia di prevaricazione che si sente nell’aria.
Testo di Giovanni Falagario


COSA SUCCEDE IN ORIENTE?



PRIMA LE PERSONE
In Libia e in Medio Oriente si sta scatenando una guerra che coinvolge un numero impressionate di eserciti. In Libia lo scontro fra Fayez al Serray, capo dell'esecutivo di tripoli e riconosciuto dall'ONU, e il generale Khalifa Haftar, che comanda di un esercito di ribelli, sta coinvolgendo la Turchia quale protettore del governo Serray. In Iraq ormai lo scontro fra Teheran e Washington si manifesta con brutali omicidi, è di pochi giorni fa la notizia che Donald Trump ha dato il consenso all'omicidio in terra irachena del generale iraniano, Qasseim Soleimani, ma occorre dire che le forze iraniane non sono a meno, anche loro hanno commesso brutali omicidi nei confronti di nemici. Ora questo gioco di potere ha come unico risultato quello di scaraventare nel terrore milioni di civili innocenti. Sia in Libia che in Iraq la popolazione è lì a subire i temerari afflati di potenza di governati assetati di potere. Che fare davanti a tutto questo? Difficile per me trovare una risposta soddisfacente. Come può reagire l'uomo comune davanti a quest'orrore? Come evitare che le bombe in Libia come a Bagdad dilaniano donne e bambini? Come cercare di portare la pace in un altro scenario di terribile guerra, l'Afghanistan? Non ci sono risposte a queste domande. L'unica certezza da preservare è quella che prima di ogni interesse economico, politico o militare, ci sono le persone. Prima di tutto bisogna preservare la vita. Non è accettabile che la ragion di stato prevalga sul bisogno di pace dell'intera umanità. Questo è il messaggio che deve trasparire. Non c'è da schierarsi con uno o coll'altro dei contendenti. Bisogna fare il tifo per un'armonia fra le persone che porti alla deposizione delle armi.

lunedì 6 gennaio 2020

COSA SUCCEDE NEL GOLFO PERSICO

GIVE PEACE A CHANCE
Io non capisco nulla di politica, tanto meno di politica internazionale. Quello che sta succedendo nel Golfo Persico mi spaventa. Gli Stati Uniti e l'Iran stanno affrontandosi in maniera virale. Le due nazioni, o meglio i loro governi, si stanno dando battaglia senza risparmiarsi un colpo. In Iraq è' stato ucciso generale iraniano, Qassem Soleimanim, da un drone americano. Gli iraniani promettono vendetta. Già si prospetta una esclation che potrebbe andare oltre gli atti terroristici dei due stati e portare a una guerra aperta e guerreggiata. Nessuno è innocente. Ambedue gli eserciti hanno vittime sulla coscienza. L'Iran non ha smesso di finanziare gli attentati terroristici in Israele. Gli Usa hanno compiuti tremendi stragi, ricordiamo che il primo atto di Trump presidente fu lanciare "la madre di tutte le bombe", cioè l'ordigno non-nucleare più potente al mondo, sul territorio afgano. Per non scordarci le tremende pecche di Brack Obama, che fece sganciare una bomba su un ospedale civile, producendo sempre in Afganistan tante vittime. La tesi ufficiale del Pentagono, francamente condivisibile visto l'irrilevante valore strategico dell'atto e il tremendo costo in vite umane, fu che quel bombardamento fosse un errore di obbiettivo. Si voleva bombardare una base terrorista, si colpì, per errore, un ospedale. Ma ciò non toglie che ogni atto di guerra è morte, è morte voluta anche se indesiderata quella di persone innocenti. Allora chiedere uno stop alla guerra mi pare lecito. Chiedere il silenzio delle armi è un bisogno umano irrefrenabile. Bisogna dare alla pace una possibilità, per parafrasare il titolo di una famosissima canzone di John Lennon. Basta armi, basta bombardamenti, basta morti innocenti. La pace deve arrivare in Medio Oriente, martoriato. Ma deve soffiare in ogni angolo del mondo. Nessuno deve morire per mano di altro uomo.

LA CASA BRUCIA



LA CASA BRUCIA
In questi giorni l'Australia sta vivendo una stagione climatica tremenda. Diversi incendio stanno distruggendo città e foreste del Continente Nuovissimo, come è definita quella terra. Centinaia, migliaia di persone sono state costrette a fuggire dai propri luoghi di residenza o di vacanza. Ricordiamo che nel continente australe questo è il periodo dell'anno più caldo. A dicembre e a gennaio si registrano le temperature più alte. Insomma L'Australia sta vivendo il dramma che in Sicilia, in Sardegna e in molte altre regioni del nostro paese purtroppo siamo abituati a vivere a luglio ed ad agosto. Ma se gli incendi sono una caratteristica propria dei mesi caldi da sempre, la loro intensità e durata abnorme è una caratteristica di queste ultime stagioni. L'anno appena trascorso, il 2019, ha visto il sorgere di incendi devastanti perfino nella foresta Amazzonica, ove da sempre le altissime percentuali di umidità avevano evitato vasti roghi. Cosa fare? Come evitare che la nostra casa, la terra, diventi , letteralmente, un inferno? Come evitare che i ghiacci al polo si sciolgano? Come evitare che la siccità rovini gli equilibri magnifici del nostro Mediterraneo? Come evitare che Venezia sia sommersa dalle acque? Come evitare che moltissime bellezze naturale e frutto dell'opera umana siano andate perse? Difficile dare una risposta. Difficile dare una speranza. Forse ha ragione chi, come Trump, nega che l'uomo possa cambiare lo stato delle cose. Forse ha ragione il presidente della regione Veneto che invece di cosparsi di cenere, è orgoglioso delle cadute di alberi sulle dolomiti che producono legna per le manifatture e delle inondazioni a Piazza san Marco che producono lavoro. Forse ha ragione Matteo Salvini ad essere orgoglioso di tutto ciò, e di proporlo anche ad altre regioni d'Italia. Ma noi abbiamo paura. Noi abbiamo paura della casa che brucia. Non riusciamo a vedere nei danni fonte di ricchezza, ma soltanto fonte di dolore. Cambiamo strada, salviamo la natura. Almeno proviamoci.

EPIFANIA


EPIFANIA
Il termine epifania deriva dal verbo greco classico "epifainomai". Tale vocabolo antico vuol dire manifestarsi. Ma cosa si manifesta oggi di talmente grande da essere celebrato dal mondo cristiano? La risposta più facile è che oggi si manifesta la regalità di Gesù. I magi portano alla grotta di Betlemme tre doni: oro, incenso e mirra. Il primo dei tre beni è la rappresentazione allegorica della regalità. L'oro, per il suo valore economico e per il suo colore brillante, è fin dalle prime società arcaiche simbolo del potere e della forza militare. Insomma è la rappresentazione stessa della sovranità. E' l'oggetto che incarna il potere dell'uomo sull'uomo. L'incenso, invece, è la rappresentazione del legame fra tutto ciò che è di questa terra con il divino. L'incenso per sprigionare il suo odore caratteristico deve bruciare. Il fuoco produce il fumo che si eleva verso il cielo, verso Dio. Per questo motivo l'incenso non è solo strumento per benedire la divinità, ma è anche la concreta manifestazione dell'afflato dell'uomo e della donna verso il cielo. Come l'incenso, combusto, tende a Dio, trasformandosi in fumo e odore, così l'animo umano tende verso ciò che è metafisico, cioè ciò che va oltre l'aspetto terreno della vita. La Mirra è l'unguento dei morti. Con lei si massaggia il cadavere dell'essere umano appena spirato, per preservarlo dallo svilimento prodotto dall'oblio. Quindi la Mirra è prefigurazione della Morte di Gesù, avvenuta sulla croce per salvare tutte le genti, e della sua resurrezione, in cui, primizia dell'umanità, vince la morte e prepara il Paradiso per gli uomini giusti che troveranno salvezza grazie a lui. Insomma attraverso questi doni, i magi prefigurano quella che sarà la missione di Gesù sulla terra. Per questo motivo questo giorno è chiamato, ricordiamolo ancora, epifania. In pochi elementi simbolici è rappresentato tutto il percorso di salvezza che Gesù fa compiere all'intero genere umano. Gesù non è solo il salvatore. Gesù è anche il signore, il re, del mondo. Non perché abbia eserciti, abbia armi, ma perché si fa piccolo e umile, si fa bambino per sobbarcarsi tutte le incombenze umane. L'epifania non è solo i tre doni dei Magi. L'epifania è la storia dell'umanità che si mette in cammino per adorare Gesù, Salvatore del mondo. Seguendo gli esempi dei Magi, ogni uomo e ogni donna devono cimentarsi nell'avventura di un percorso, dicevano gli antichi, gnostico, cioè di conoscenza. Attraverso questo cammino si deve giungere a Gesù, visitando deserti e oasi, evitando le lusinghe del potere, come fecero i Magi che evitarono di farsi irretire dai modi di Erode, il re che li lusingava per sapere ove fosse Gesù ed ucciderlo. Insomma è un invito a convertirsi, cioè a cambiare in meglio la propria esistenza. Un modo per insegnarci ad avere sete di quell'unica acqua che ristora per sempre, la parola divina. Insomma epifania è la manifestazione della bontà divina, ma è allo stesso modo la promessa che Dio fa ad ogni essere umano: tu puoi essere buono, come lo sono io, basta che ti metti alla mia ricerca.