LA PANTERA DI GORO
Ieri, 24 aprile 2021, si è spenta Milva, Maria Ilva Biolcati. Era nata il 17 luglio 1939, a Goro un paese in provincia di Ferrara. La cantante aveva 81 anni.
La vita di Milva è stata segnata da successi indimenticabili. Per lei hanno scritto canzoni stupende autori del calibro di Franco Battiato. L’autore siciliano gli affidò la celebre “AlexanderPlatz”, la canzone italiana che parlava della Berlino divisa da Muro, mentre la guerra fredda divampava, scusatemi il voluto ossimoro. La sua capacità di abbinare magistralmente canto e recitazione gli aveva dato la possibilità di esibirsi sin da giovanissima in quella che negli anni ’50 del secolo scorso sembrava essere la nuova scatola magica, mi riferisco alla televisione. È una delle prime a solcare il palco di San Remo, ove ancor oggi si “celebra” il festival della canzone italiana. Partecipa alle più importanti trasmissioni che hanno segnato la storia dello spettacolo televisivo italiano.
Ma Milva, la rossa, come rimane nel ricordo collettivo a causa della sua splendida capigliatura color porpora che ispirò l’omonima canzone che un altro grande della canzone italiana, Enzo Jannacci, scrisse appositamente per lei. Le sue canzoni sono un sapiente pastiche di musica colta e di suonate popolari. La sua carriera si accende negli anni in cui tutti gli uomini di cultura, dai registi come Vittorio De Sica ai poeti come Pier Paolo Pasolini, cercano di superare la dicotomia tra “cultura alta” e “tradizione popolare”, scoprendo un linguaggio nuovo che riesce a portare alla ribalta della cultura, non solo italiana, ma mondiale le lavoratrici delle filande, mitica è una canzone sul tema proprio di Milva, come i contadini e i malfattori da due soldi. Come non ricordare, appunto, la splendida messa in scena de “L’opera da due soldi” di Bertold Brecht al “Teatro Piccolo di Milano”con Milva quale splendida e perfida Jenny delle Speloche e il cattivissimo Mackie Messer interpretato, incredibile a dirlo, da un Domenico Modugno malvagio. Insomma Milva è riuscita negli anni 70 / 80 del XX secolo a raccontare gli orrori e le paure di cinquant’anni prima, che sono stati il primo manifestarsi della violenza fascista e nazista.
Insomma la ragazza nata nelle campagne di Cremona, la contadina che si affacciava al mondo proprio mentre deflagrava il secondo conflitto mondiale è riuscita a farsi interprete delle paure, delle speranze e, soprattutto, dei sogni di libertà e di felicità di milioni di persone. È stata la “Rossa” che è riuscita a raccontare l’orgoglio di una Italia nata povera che si scopriva ricca di capacità e di potenzialità. Milva, però, scusate la franchezza, non rappresentava l’Italia degli arricchiti, dell’operaio che diventa imprenditore e si compra il macchinone. Senza voler togliere nulla al lavoro e all’impegno, prezioso, di quest’ultimo, sia chiaro. Ma rappresentava un’Italia che non voleva “ingrassare” (cioè diventare più ricca economicamente), ma voleva crescere in cultura, senso dello stato, spirito di appartenenza. Un’Italia che credeva nelle proprie capacità e le finalizzava alla costruzione del benessere collettivo. Un’Italia che si dannava per rendere felice la vita del proprio prossimo. Milva era la “dolce rossa che porta l’allegria col disco di vent’anni fa”, come dice la canzone di Enzo Jannacci.
Buon riposo pantera di Goro. Un nomignolo che gli dette la stampa e che lei non amava moltissimo.. ma come capita spesso anche per una cantante unica come Milva, i detti e i nomi dati da altri rimangono addosso e segnano una storia di vita.
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