domenica 24 maggio 2020

UN MAGISTRATO




CAPACI
Capaci è qualcosa che segna la storia d'Italia. Non è solo una località vicino a Palermo. E' una cicatrice indelebile sulla pelle di ogni italiano. In un tratto di autostrada lì morirono Giovanni Falcone, sua moglie, il magistrato Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Il giudice tornava da Roma, ove era capo degli ufficio Affari penali, alla sua Palermo. Era appena atterrato all''aeroporto di Punta Raisi, e si stava avvicinando a casa sua, ove avrebbe passato giorni con la sua sposa. Invece la mafia aveva messo del tritolo sotto la sua strada. Mentre Falcone percorreva il tragitto che lo divideva dalla sua abitazione, un detonatore in mano a Giuseppe Brusca scattò e così il vile mafioso, poi pentito, uccise il giudice, la sua sposa e i poliziotti della scorta. Era il 23 maggio 1992, mancava poco alle 18. Sono passate quasi due decadi. In quel momento il giudice che aveva incarnato la lotta dello stato contro la criminalità si spegneva ad opera dei suoi più acerrimi nemici. Da allora molte morti si sono susseguite. Dì a pochi mesi sarebbe morto Paolo Borsellino, magistrato ed amico di Falcone che con lui aveva, negli anni '80 del secolo scorso, condotto il "maxi processo" l'impresa epocale che aveva messo per la prima volta in ginocchio "Cosa Nostra", la mafia, arrestando e condannando boss ed assassini. In quel momento la criminalità diceva: chi ci combatte è un uomo morto, temete. La politica, forse, si è messa paura. Forse ha trattato con la mafia, come dicono alcuno processi ancora in corso. Ma la magistratura e i cittadini hanno invece gridato la loro volontà di combattere la mafia. Falcone, sua moglie Francesca e tutti gli altri martiri sono un esempio indelebile. Do quasi vent'anni siamo ancora a combattere quel mostro che è la criminalità. Lo facciamo decisi, anche noi piccoli e inermi cittadini, in forza della luce e la bussola che è la vita di coloro che si sono sacrificati in nome del sacrosanto principio di legalità. Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici sono ancora vivi. Sono vivi perché ci sono milioni di persone che nel nostro paese si alzano ogni mattina convinti che dire no al crimine è un dovere morale improcrastinabile ed ineludibile. Noi vinceremo. Noi spazzeremo il crimine, redimeremo i malvagi. L'Italia riuscirà a debellare il fenomeno mafioso. Dobbiamo crederci. Dobbiamo riuscirci per onorare i tanti morti, come Giovanni Falcone, che si è spento credendo fino alla fine che è bene ed è giusto fare sempre il proprio dovere.

venerdì 15 maggio 2020

TRAGEDIA A BARI


LO SCONCERTO DELLA FATALITA’

Ieri, 14/05/2020, una signora in bicicletta percorreva Largo Crispi, una strada di Bari dedicata al grande statista e presidente del consiglio italiano. Repentinamente un pezzo di tettoia di un capannone, sospinto da una forte folata di vento, si staccava dalla sua usuale ubicazione e colpiva sulla testa la passante. La donna rimaneva uccisa all’istante, colpita violentemente da un oggetto che da essere una semplice tegola è diventato un improbabile e drammatico strumento di offesa. L’episodio ha scioccato l’intera comunità cittadina. Bari, già provata come tutto il paese, dall’incombere del morbo, è rimasta incredula davanti alla crudeltà del fato. Come si può essere spenta una vita in questa maniera? Come è possibile che il semplice pedalare possa portare alla morte? E’ un tragico episodio che fa riflettere tutti noi sulla fragilità della vita. Sulla insicurezza che è caratteristica del nostro essere umani. Ci fa riflettere sul dato che, inopinatamente, atti e gesti quotidiani, che consideriamo finanche banali, possano essere il motore e la causa di eventi fatali che possono sconvolgere l’esistenza o, addirittura, porvi fine. Un gesto uguale a tanti atti simili, può diventare, inconcepibilmente, il nostro ultimo gesto. Siamo come d’autunno sugli alberi le foglie, per citare il sommo poeta, Giuseppe Ungaretti. La morte è un elemento della vita. Ci accompagna nel nostro cammino esistenziale. Si manifesta come a lei garba. Può presentarsi come atto finale di una lunga e dolorosa malattia. Può irrompere come un colpo di fucile. Può presentarsi come un malvivente armato di coltello. Può prenderci in una spelonca o in un castello. Può bussare mentre noi siamo impegnati nelle attività quotidiane. Può presentarsi, come probabilmente è successo a Paolo e Francesca ricordati da Dante nella Commedia, mentre si stanno scoprendo le bellezze dell’amore. Può avvenire in una camera buia di un ospedale. Questa caducità della vita umana deve essere da sprone per cogliere la vera essenza della vita. Il valore assoluto degli affetti va tenuto in conto. Bisogna riscoprire in ogni attimo l’immensa ricchezza che ci regala la vicinanza, o magari solo l’esistenza lontana, di un nostro figlio, di una nostra figlia, del nostro congiunto (scusate ma questo vocabolo me lo ha ispirato l’attività creativa del nostro presidente del consiglio Giuseppe Conte alle prese con i vari Decreti della Presidenza del Consiglio). Io non conoscevo la signora deceduta, mentre andava in bicicletta. Sicuramente la sua vita era preziosa, come lo è quella di chiunque. Sicuramente ha lasciato persone care, che oggi vivono un inconsolabile lutto. Agli occhi di tutti appare certamente incomprensibile un termine della vita causato da un evento così inaspettato. Il vento, è sentore di tutti, non può uccidere, almeno fin quando non è così violento da diventare ciclone o tornado. Eppure è successo. Eppure una vita si è spenta per una folata di vento, quasi a rimarcare quanto può essere tragico un qualsiasi atto naturale. Allora rimaniamo attaccati alla esistenza, continuiamo ad emozionarci, a vivere passioni intense o/e profonde anche per coloro che ci hanno lasciato. La vita è fatalità, è dolore, è scontro con gli elementi, ma è anche felicità, bellezza e serenità. Facciamo nostri tutti questi elementi e affrontiamo la vita a testa alta promettendoci un futuro migliore per ognuno di noi e per l’intera comunità. Una nota a margine, che in realtà non è così insignificante, se quella donna non è morta per un semplice gioco del destino, ma la sua dipartita è stata causata dall’incuria di qualche d’uno, che doveva vegliare affinché i mattoni della tettoia  non volassero, o affinché le strade fossero sicure, è giusto che costui  paghi. Morire incidentalmente è già di per sé un gesto crudele dell’esistenza che si subisce, morire per mano della disattenzione altrui è un evento che somma dolore al dolore e che chiede, non certo vendetta, ma giustizia. Chi vi scrive al momento non sa se sia imputabile a qualcuno la dipartita della signora in via Crispi. Ma se qualcuno è colpevole è giusto che paghi. 

PARLANDO DI COSTITUZIONE


ARTICOLO 23 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA 
"Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge"
L'articolo 23 della Costituzione Italiana ricalca un principio che è proprio della cultura giuridica anglosassone. "No taxation without representation" era il motto delle tredici colonie inglesi che in America si ribellarono al trono britannico dando il via alla rivoluzione che si concluse con la nascita degli Stati Uniti d'America. Un principio che ha incardinato tutto il susseguente diritto liberale occidentale. Nessuno può essere sottoposto all'arbitrio del potere statuale. Ogni prestazione di tipo monetario, lavorativo o di altro genere, ad esempio la testimonianza davanti a una corte giudiziaria, che lo stato impone al cittadino deve essere prevista da una norma. Norma votata dal parlamento che è composto dai rappresentanti del popolo. Insomma ogni limitazione della libertà personale e patrimoniale deve essere giustificata da un atto normativo voluto da persone regolarmente elette. Questa norma costituzionale vuole rendere impossibile il sopruso. Lo stato non può e non deve privare i cittadini delle proprie ricchezze, materiali e morali, senza che non vi sia un chiaro scopo di interesse generale da perseguire indicato da una norma. Siamo lontani dagli oscuri tempi in cui lo stato poteva arbitrariamente costringere un cittadino a compiere lavori coatti. Siamo ben lungi dalla cultura medievale in cui il signore locale imponeva al suddito corveé e vessazioni inimmaginabili. Lo stato non può e non deve imporre prestazioni ingiuste. Se il parlamento attua una politica tributaria vessatoria verso il popolo, sarà punito attraverso il voto generale. I rappresentanti della nazione che hanno imposto gabelle ingiuste non saranno più rieletti, almeno questo si spera. Insomma lo stato è anch'esso sottomesso alla legge. Anche la Repubblica ha nella normativa nazionale il limite oltre il quale non può andare. Nessuna autorità statuale può imporre prestazioni lavorative, soprattutto se non retribuite o non compensate adeguatamente, senza che queste siano previste dalla legge e senza che vi siano motivazioni reali e inoppugnabili legati al bene superiore della nazione. In base a questo principio lo stato può imporre la leva, cioè il servizio militare obbligatorio, ai propri cittadini. Il governo della nazione può chiamare alle armi l'intera cittadinanza in caso di guerra e di pericolo per la nazione. Per questo lo stato può chiedere, se lo ritiene necessario, l'aiuto solidale di tutti davanti a gravi eventi naturali. Per questo lo stato può imporre l'espletamento di doveri civici. Ogni atto del cittadino imposto dallo stato deve essere teleologicamente motivato, cioè ogni gabella o lavoro coscritto deve avere una motivazione chiara e supportata quale compimento dei valori propri della Costituzione. Questo è uno dei principi più importanti, volto a garantire un rapporto trasparente tra cittadino e stato. Tutto ciò che è attività lavorativa, tutto ciò che è lavoro, tutto ciò che è un doveroso contributo alla cresciuta della nazione deve essere inciso fra le norme del nostro stato, votate da un'assemblea di "pari", cioè di cittadini, eletti da cittadini e chiamati a rappresentare tutti i cittadini, quale è il nostro parlamento.
testo di Giovanni Falagario

domenica 10 maggio 2020

AUGURI MAMMA


BUONA FESTA, MAMMA
Questa è la domenica di Maggio in cui si festeggia la mamma. Ogni Figlio e ogni figlia è chiamato/a a ricordare l'infinito amore che la propria genitrice ha per lei o per lui. Ma ricordare quanto sia preziosa la mamma è una cosa che si deve fare ogni giorno. Oggi è un momento per vivere collettivamente un sentimento che appartiene a ciascuno di noi, ma che solitamente e, diciamo pure, giustamente gli altri giorni si esplicita nel rapporto personale e a due che c'è fra madre e generato. Quest'oggi è invece un momento di riflessione collettiva sul valore della maternità. E' un momento per pensare a quello che è allo stesso tempo il più naturale e il più ragionato trasporto sentimentale dell'intero genere umano. La mamma vuole bene ai suoi figli come è naturale che sia. Ma allo stesso tempo pensa e ragiona su questo bene, perché il suo fine è quello di trasformare il suo trasporto sentimentale in effettivo e concreto beneficio per la sua prole. Ecco perché la mamma si arrabbia se il bimbo non studia. Ecco perché va in collera se non ci laviamo le mani, se non mangiamo, se non dormiamo, se non abbiamo cura della nostra salute. La mamma trasforma il suo effetto in beneficio per noi. Ci ama e quindi ci vuole in salute, ci vuole vincenti nella vita, ci vuole, principalmente, felici. Ecco perché noi siamo chiamati a ringraziare le nostre mamme. Il loro sforzo per farci esseri umani migliori è da considerare il dono più prezioso che la vita ci ha fatto. L'impegno delle mamme, da quelle che cullano un neonato a quelle che ti chiamano a lavoro per sapere "hai mangiato?", sono un bene prezioso che va preservato come un dono di grazia, Auguri mamma.

PARLANDO DI COSTITUZIONE

ARTICOLO 23 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
"Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge"
L'articolo 23 della Costituzione Italiana ricalca un principio che è proprio della cultura giuridica anglosassone. "No taxation without representation" era il motto delle tredici colonie inglesi che in America si ribellarono al trono britannico dando il via alla rivoluzione che si concluse con la nascita degli Stati Uniti d'America. Un principio che ha incardinato tutto il susseguente diritto liberale occidentale. Nessuno può essere sottoposto all'arbitrio del potere statuale. Ogni prestazione di tipo monetario, lavorativo o di altro genere, ad esempio la testimonianza davanti a una corte giudiziaria, che lo stato impone al cittadino deve essere prevista da una norma. Norma votata dal parlamento che è composto dai rappresentanti del popolo. Insomma ogni limitazione della libertà personale e patrimoniale deve essere giustificata da un atto normativo voluto da persone regolarmente elette. Questa norma costituzionale vuole rendere impossibile il sopruso. Lo stato non può e non deve privare i cittadini delle proprie ricchezze, materiali e morali, senza che non vi sia un chiaro scopo di interesse generale da perseguire indicato da una norma. Siamo lontani dagli oscuri tempi in cui lo stato poteva arbitrariamente costringere un cittadino a compiere lavori coatti. Siamo ben lungi dalla cultura medievale in cui il signore locale imponeva al suddito corveé e vessazioni inimmaginabili. Lo stato non può e non deve imporre prestazioni ingiuste. Se il parlamento attua una politica tributaria vessatoria verso il popolo, sarà punito attraverso il voto generale. I rappresentanti della nazione che hanno imposto gabelle ingiuste non saranno più rieletti, almeno questo si spera. Insomma lo stato è anch'esso sottomesso alla legge. Anche la Repubblica ha nella normativa nazionale il limite oltre il quale non può andare. Nessuna autorità statuale può imporre prestazioni lavorative, soprattutto se non retribuite o non compensate adeguatamente, senza che queste siano previste dalla legge e senza che vi siano motivazioni reali e inoppugnabili legati al bene superiore della nazione. In base a questo principio lo stato può imporre la leva, cioè il servizio militare obbligatorio, ai propri cittadini. Il governo della nazione può chiamare alle armi l'intera cittadinanza in caso di guerra e di pericolo per la nazione. Per questo lo stato può chiedere, se lo ritiene necessario, l'aiuto solidale di tutti davanti a gravi eventi naturali. Per questo lo stato può imporre l'espletamento di doveri civici. Ogni atto del cittadino imposto dallo stato deve essere teleologicamente motivato, cioè ogni gabella o lavoro coscritto deve avere una motivazione chiara e supportata quale compimento dei valori propri della Costituzione. Questo è uno dei principi più importanti, volto a garantire un rapporto trasparente tra cittadino e stato. Tutto ciò che è attività lavorativa, tutto ciò che è lavoro, tutto ciò che è un doveroso contributo alla cresciuta della nazione deve essere inciso fra le norme del nostro stato, votate da un'assemblea di "pari", cioè di cittadini, eletti da cittadini e chiamati a rappresentare tutti i cittadini, quale è il nostro parlamento.
testo di Giovanni Falagario

SAN NICOLA




62 AUDACI
L'otto maggio di ogni anno Bari festeggia l'arrivo nella città delle spoglie mortali di San Nicola. A compiere l'impresa sono stati 62 marinai baresi. Questi nel 1087 hanno trasportato da Mira, nell'Anatolia, all'attuale capoluogo pugliesi il corpo del santo. Un evento che ha cambiato profondamente la storia della città, diventata anello di congiunzione fra Oriente e Occidente.Il Santo era arcivescovo di Mira. Era vissuto dal 260 D.C. al 335. Era nato a Patara, importante città della Licia. Fu eletto vescovo di Mira, una città fondamentale per la vita culturale ed economica del Mediterraneo in quei tempi. Di fede Cristiana affrontò le persecuzioni dell'imperatore romano Dicleziano, con coraggio non ripudiò mai la fede. Diventato vescovo della città di Mira, partecipò al Concilio di Nicea, in cui si definì la duplice natura, umana e divina, di Gesù. Insomma San Nicola è stato uno delle grandi figure dalla giovane Chiesa. San Nicola si distinse nel dialogo costante con tutti i credenti. Pur convinto sostenitore delle tesi ortodosse, che di lì a poco si incardinarono come Verità Teologiche profonde e reali della comunità ecclesiale, non rifuggì mai di dialogare con chi aveva pensieri differenti, eretici quindi considerati sbagliati. Famose e portate ad esempio come modelli di catechesi le sue discussioni con Teognide, sostenitore delle tesi dell'apostata Ario. Qui gli storici e i teologi si dividono. Secondo alcuni l'opera di San Nicola avrebbe portato frutti. Teognide sarebbe diventato uno zelante sostenitore dell'ortodossia dell'Ecclessia universale e addirittura un santo. Per altri l'opera di san Nicola non avrebbe portato i frutti sperati e Teognide sarebbe rimasto fino alla morte prigioniero della sua visione errata della fede. I Dubbi sono facilmente spiegabili se si ha coscienza della mancanza di una documentazione certa e di fonti storiche plurime di quel periodo, Sono tanti gli atti di clemenza e i miracoli di San Nicola che lo rendono protettore dei bimbi e delle vedove. Nella sua veste di vescovo ha salvato molte vite umane. Difficile dire se ad opera di miracoli, come vuole la tradizione, o grazie alla sua grande influenza dovuta alla sua posizione di vescovo e patrizio. Una cosa è certa la sua fama di santità ha percorso tutta la comunità cristiana ed è durata nei millenni, fino ai giorni nostri. Ecco perché in quel fatidico 1087 i 62 marinai di Bari decisero di trafugare le ossa di San Nicola. Il loro fine era di portare nella città italiana i resti mortale di quell'uomo che tanti miracoli aveva fatto. Che aveva prodotto tanti benefici grazie alla sua profonda fede verso Dio, unico e trino. San Nicola è venerato sia dai Cattolici che dagli ortodossi. Per la sua profonda umanità è rispettato e considerato santo anche dalle chiese protestanti. Il suo amore e soccorso per i bambini lo ha reso "Babbo Natale". E' lui che secondo tradizione ogni 25 Dicembre porta doni a piccoli e grandi. E' amato in Russia, ove è considerato un santo nazionale, cioè uno dei custodi spirituali della comunità. Ecco perché Bari deve considerarsi orgogliosa, e lo è, di poter conservare le spoglie mortali del Santo di Mira. San Nicola è colui in grado di unire popoli da sempre ostili. Di far pregare nell'unità culture apparentemente lontane ma in realtà fuse nella fede nell'unico Dio. Bari ricorda il suo san Nicola, lo fa ogni 8 maggio. Ma è consapevole che ha il compito di continuare l'opera del vescovo vissuto quasi duemila anni fa, che è quella di unire nella pace e nella fratellanza. E' quella di amare i più deboli. Quella di soccorrere le vedove e gli orfani. Questo 8 maggio la processione e la festa non si è tenuta a Bari. Il Corona Virus, la perfida malattia che mette in pericolo tutta l'umanità, ha impedito i festeggiamenti. Ma quello che non può essere fermato è l'esempio mirabile di San Nicola, che ha fondato la sua vita sulla difesa della verità di fede e sulla carità. Ecco facciamo come lui in questo difficile momento, aiutiamoci l'un l'altro in nome del santo così buono da diventare Babbo Natale.

mercoledì 6 maggio 2020

OGGI, 5 MAGGIO, MORIVA NEL 1821 NAPOLEONE


IL PRINCIPE DEI LUMI

Il 5 maggio 1821 moriva Napoleone Bonaparte. Il Corso per antonomasia spirò in esilio in un isola al largo delle coste Africane che si affacciano sull’oceano Atlantico. L’ho chiamato principe invece di imperatore, titolo che si scelse mentre il 2 dicembre 1804 veniva incoronato nella cattedrale di Notre dame di Parigi, perché è la figura che meglio incarna nella storia la figura del Principe delineata dall’intelligenza e dall’analisi di Nicolò Machiavelli. Napoleone seppe incarnare lo spirito dei suoi tempi. Si fece guida della Repubblica Francese, sorta dai fermenti rivoluzionari del 1789, e la trasformò in un impero che dominò non solo l’Europa ma gran parte del mondo conosciuto. Insomma come il duca Valentino, Cesare Borgia, nel Principe doveva portare unità nella penisola Italiana; Napoleone si fece promotore di espandere oltre i confini francesi i valori liberali e democratici sorti nella Francia. Insomma il generale nato ad Aiaccio voleva portare in ogni parte del mondo i valori di libertà uguaglianza e fraternità. Il suo compito storico è stato quello di portare al mondo quel pensiero moderno sorto nella terra di Francia. Fu la sua dirompente personalità a portare certo guerra, ma anche valori nuovi e voglia di risorgere in un continente Europeo sottomesso a sistemi di governo ancora feudali. Ecco perché lo reputo principe, cioè condottiero, dei Lumi, cioè di quella cultura fondata convinzione che la soverchiate capacità dell’intelletto è capace  non solo di leggere ma anche di formare e determinare la realtà. Una visione nata da Voltaire, da Diderot, e da tanti altri pensatori, non solo francesi, che erano assolutamente convinti che il cervello dell’uomo potesse cambiare in meglio la natura e la società. Napoleone riuscì a conquistare mezza Europa. Si mise contro i grandi stati tradizionali come l’impero germanico e la Russia. Si confrontò con la potenza navale inglese. All’inizio le sue vittorie erano nette. Manzoni le celebra nel suo “Cinque Maggio”, la poesia che racconta l’apogeo e l’epilogo della vita mortale dell’imperatore dei Francesi, dal trono fino alla morte al confino. Poi arrivarono le disfatte, Prima perse la campagna di Russia, una missione definitiva che si era imposto: quella di sottomettere le terre degli zar. Epico scontro fra due civiltà simili ma non uguali, raccontata mirabilmente fra gli altri da Lev Tolstoj in “Guerra e Pace”. Fu sconfitto ed esiliato a seguito della decisiva battaglia di Lipsia in cui tutte le nazioni antifrancesi si coalizzarono contro di lui. Fu imprigionato nell’isola d’Elba, splendido scoglio di fronte alla Toscana, nel 1814. Ma subito riprese le redini della Francia, tornò nella nazione dei Lumi utilizzando i suoi innumerevoli fedeli che vollero la sua fuga da quella prigione e rientrò a Parigi ove volle riprendere quella strada si di potere ma anche di riforme che aveva tracciato. E’ per sua volontà, infatti,che fu redatto il “Codice Civile Francese” , un corpo di leggi pubbliche che riformò radicalmente il diritto europeo. Chi si cimentava nella Legge non doveva più fare ricorso alle sue conoscenze di diritto romano o di usi locali, ma doveva “solo” avere pratica delle norme volute dall’imperatore. Un modello di codice talmente mirabile che tutti gli stati, anche quelli a lui nemici, imitarono in tutto l’arco del 1800 e oggi dopo più di due secoli ogni sistema di diritto civile ancora si fonda sul modello tracciato dal quel primo strabiliante esempio legislativo voluto da Napoleone. Ma ogni storia di potere ha una sua fine. Anche quella strabiliante di Napoleone Bonaparte, il orso che ha prima conquistato la Francia intera e poi il mondo. Due battaglie furono  essenziali per determinare la sconfitta di Napoleone. Una avvenne anni prima la sua definitiva sconfitta. Fu la battaglia di Trafalgar, una epica battaglia navale, in cui l’ammiraglio inglese, Horatio Nelson, sconfisse il 21 ottobre 1805 a capo Trafalgar, non lontano dalla spagnola Cadice, la flotta francese, determinando così l’assoluta egemonia della Gran Bretagna sui mari. Ma ciò che mise fine definitivamente ai sogni di potere e di gloria dell’eroe di Francia fu la tremenda e cruentissima battaglia terrestre di Waterloo, una località che oggi si trova in Belgio, ma ai tempi faceva parte del “Regno Unito dei Paesi Bassi”, insomma una comunità assorta a monarchia che comprendeva le antiche repubbliche marinare olandesi. Fu la sconfitta di Waterloo a portare un’altra volta in esilio l’uomo che con la sua volontà aveva forgiato i destini di paesi e popoli. Questa volta la monarchia inglese volle che Napoleone fosse sotto sua stretta sorveglianza. Lo mandarono nell’isola africana che si trova sull’Oceano Pacifico, Sant’Elena. Formalmente era lui l’amministratore di quel posto, concessione simile a quella fatta quando era sull’isola d’Elba. Ma questa volta c’erano ingenti forze militari britanniche a sorvegliarlo, seppur in maniera discreta. Napoleone non poteva più fare l stessa sortita che aveva fatto pochi anni prima nel Tirreno tornando in Francia. A Sant’Elena si spense proprio il 5 maggio, oggi è la ricorrenza, del  1821. Secondo alcuni fu avvelenato, gli alleati che lo combatterono quando era al potere (Germania, Austria, Russia  e,soprattutto, Inghilterra) preferirono avvelenare quell’ingombrante antagonista. Questa è la tesi di non pochi storici, ma non è suffragata da prove. Quel che è certo che Napoleone Bonaparte si spense lasciando al mondo intero una pesante eredità. Tutto ciò che avvenne nel XIX e XX secolo fino ad oggi può essere letto in base alla sua influenza sugli eventi. Ad esempio il crollo dei tre imperi dell’Europa Centrale, anche se avvenuti moltissimi decenni dopo, possono essere stati causati dall’esempio liberante di Napoleone. Lo stesso valga per i moti rivoluzionari e risorgimentali italiani che portarono nel 1861 alla nascita del Regno d’Italia, sottrattosi dal giogo austriaco. Insomma Napoleone Bonaparte fu il motore che portò la modernità in ogni angolo sicuramente d’Europa, ma anche in molte parti del mondo. Per concludere vorrei citare un passo del ”Cinque Maggio” di Alessandro Manzoni. Testo che dà l’idea dell’immensità della figura di Napoleone Bonaparte: l’imperatore.
La terra al nunzio sta,
Muta pensando all’ultima

Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale10
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.

Testo di Giovanni Falagario