LO SCONCERTO DELLA FATALITA’
Ieri, 14/05/2020, una signora in bicicletta percorreva Largo
Crispi, una strada di Bari dedicata al grande statista e presidente del
consiglio italiano. Repentinamente un pezzo di tettoia di un capannone,
sospinto da una forte folata di vento, si staccava dalla sua usuale ubicazione
e colpiva sulla testa la passante. La donna rimaneva uccisa all’istante,
colpita violentemente da un oggetto che da essere una semplice tegola è
diventato un improbabile e drammatico strumento di offesa. L’episodio ha
scioccato l’intera comunità cittadina. Bari, già provata come tutto il paese,
dall’incombere del morbo, è rimasta incredula davanti alla crudeltà del fato. Come
si può essere spenta una vita in questa maniera? Come è possibile che il
semplice pedalare possa portare alla morte? E’ un tragico episodio che fa
riflettere tutti noi sulla fragilità della vita. Sulla insicurezza che è
caratteristica del nostro essere umani. Ci fa riflettere sul dato che,
inopinatamente, atti e gesti quotidiani, che consideriamo finanche banali, possano
essere il motore e la causa di eventi fatali che possono sconvolgere l’esistenza
o, addirittura, porvi fine. Un gesto uguale a tanti atti simili, può diventare,
inconcepibilmente, il nostro ultimo gesto. Siamo come d’autunno sugli alberi le
foglie, per citare il sommo poeta, Giuseppe Ungaretti. La morte è un elemento
della vita. Ci accompagna nel nostro cammino esistenziale. Si manifesta come a
lei garba. Può presentarsi come atto finale di una lunga e dolorosa malattia. Può
irrompere come un colpo di fucile. Può presentarsi come un malvivente armato di
coltello. Può prenderci in una spelonca o in un castello. Può bussare mentre
noi siamo impegnati nelle attività quotidiane. Può presentarsi, come
probabilmente è successo a Paolo e Francesca ricordati da Dante nella Commedia,
mentre si stanno scoprendo le bellezze dell’amore. Può avvenire in una camera
buia di un ospedale. Questa caducità della vita umana deve essere da sprone per
cogliere la vera essenza della vita. Il valore assoluto degli affetti va tenuto
in conto. Bisogna riscoprire in ogni attimo l’immensa ricchezza che ci regala
la vicinanza, o magari solo l’esistenza lontana, di un nostro figlio, di una
nostra figlia, del nostro congiunto (scusate ma questo vocabolo me lo ha ispirato
l’attività creativa del nostro presidente del consiglio Giuseppe Conte alle
prese con i vari Decreti della Presidenza del Consiglio). Io non conoscevo la
signora deceduta, mentre andava in bicicletta. Sicuramente la sua vita era
preziosa, come lo è quella di chiunque. Sicuramente ha lasciato persone care,
che oggi vivono un inconsolabile lutto. Agli occhi di tutti appare certamente
incomprensibile un termine della vita causato da un evento così inaspettato. Il
vento, è sentore di tutti, non può uccidere, almeno fin quando non è così
violento da diventare ciclone o tornado. Eppure è successo. Eppure una vita si
è spenta per una folata di vento, quasi a rimarcare quanto può essere tragico
un qualsiasi atto naturale. Allora rimaniamo attaccati alla esistenza,
continuiamo ad emozionarci, a vivere passioni intense o/e profonde anche per
coloro che ci hanno lasciato. La vita è fatalità, è dolore, è scontro con gli
elementi, ma è anche felicità, bellezza e serenità. Facciamo nostri tutti
questi elementi e affrontiamo la vita a testa alta promettendoci un futuro
migliore per ognuno di noi e per l’intera comunità. Una nota a margine, che in
realtà non è così insignificante, se quella donna non è morta per un semplice
gioco del destino, ma la sua dipartita è stata causata dall’incuria di qualche
d’uno, che doveva vegliare affinché i mattoni della tettoia non volassero, o affinché le strade fossero
sicure, è giusto che costui paghi.
Morire incidentalmente è già di per sé un gesto crudele dell’esistenza che si
subisce, morire per mano della disattenzione altrui è un evento che somma
dolore al dolore e che chiede, non certo vendetta, ma giustizia. Chi vi scrive
al momento non sa se sia imputabile a qualcuno la dipartita della signora in
via Crispi. Ma se qualcuno è colpevole è giusto che paghi.
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