martedì 8 dicembre 2020

IMMACOLATA CONCEZIONE

 


MARIA

L’otto Dicembre è di fatto l’inizio delle feste natalizie. In questo giorno la chiesa Cattolica ricorda al mondo che Maria, la madre del Salvatore Gesù, è monda dal peccato originale. Oggi infatti si festeggia “l’immacolata concezione”. Una denominazione teologica che può apparire ambivalente e criptica. Questo lo dico alla luce del mio personale bagaglio culturale e di fede, che è poca cosa. Non dubito che altri, più devoti, più pii e più colti di me non hanno e non avranno problemi a cogliere il senso escatologico e salvifico della “Immacolata concezione”. Ma io ho bisogno di tempo e di calma meditativa per comprendere.

Inizio dalla fine. Inizio dalla proclamazione della immacolata concezione di Maria fatta dal papa Pio IX con la Bolla “Ineffabilis deus”resa nota al mondo l’Otto Dicembre 1854. Attraverso quel documento si dichiarava che era una verità di fede il fatto che Maria, la madre del Redentore e di Dio, fosse l’unico essere umano, assieme al suo divin figliolo, a non essere toccata dal Peccato Originale, la colpa commessa dai primi esseri viventi, Adamo ed Eva, che si trasmette ad ogni concepito della nostra specie, a condanna perenne della nostra disubbidienza a Dio, vana gloria e alterigia.

Ma questo atto papale è solo il concludersi di un processo di fede popolare e di elaborazione teologica durata millenni, nata fin dalla formazione delle prime comunità cristiane. Il culto per la personalità di Maria è nato ancor prima della stessa assunzione al cielo della vergine, avvenuta secondo la tradizione mentre abitava e veniva accudita da Giovanni, l’apostolo che Gesù amava come un fratello e un figlio e a cui ha affidato la madre mentre spirava in croce. Gesù disse, mentre spirava in Croce,  a Maria e Giovanni: Donna ecco tuo figlio, Uomo ecco tua Madre.

Ecco tre dogmi fondamentali della chiesa legati al culto mariano. L’assunzione al cielo, che si festeggia il 15 agosto. Il duplice status di Maria, quale vergine e madre. In fine, il dogma che si festeggia oggi, la sua nascita senza alcun fio da espiare. Quest’ultimo dogma la rende unica fra gli esseri viventi, la pone in contrapposizione a Eva, che ha causato la perdizione dell’umanità facendosi tentare dal serpente assieme al suo compagno Adamo. Mentre Eva, per sete di conoscenza, ha assaporato il frutto proibito e vietato da Dio. Maria ha saputo scegliere la conoscenza salvifica, quella che non è frutto della ribellione al divino, ma al contrario è sottomissione al Santo dei Santi. Milletrecento anni dopo Dante Alighieri riconoscerà nella Teologia, allegoricamente rappresentata nella “Divina Commedia “ da Beatrice, la scienza della ragione che porta alla salvezza. Insomma Maria avrebbe scelto la lettura teologica della realtà, avrebbe usato la sua ragione per giungere alla felice conclusione che la mente e l’intelligenza non può condurti al bene, l’unico modo per giungervi è affidarsi a Dio. L’umanità intera deve essere quale sposa che si lascia cadere nelle braccia dello sposo. Ma è tutta la religiosità medievale che pone al centro la figura di Maria. Sant’Agostino nei suoi trattati sulla Città Celeste, molto prima di Dante, scrive parole preziose per riconoscere la importanza fondamentale di Maria quale madre di Dio e, soprattutto, dell’umanità. San Tommaso D’Aquino pone al centro della sua elaborazione intellettuale e teologica la figura di Maria. La Chiesa, la comunità dei credenti, diventa la rappresentazione secolare dell’affetto materno di Maria. Ma non solo, se andiamo a leggere il Libro del Nuovo Testamento che ha una visione escatologica marcata della predicazione di Gesù, mi riferisco all’Apocalisse, che secondo la tradizione è scritta proprio da Giovanni, l’apostolo che ha vissuto per anni a fianco di Maria, abbiamo una Maria che geme per le doglie del parto, ed è allo stesso tempo capace di vincere il demonio, scacciare la serpe. Insomma è la lampante indicazione di come tutta la visione cristiana sia fondata sul vincente connubio fra Madre, Maria, e Figlio, il figlio di Dio ma anche figlio di una donna, Gesù. La salvezza non potrebbe essere senza l’apporto prezioso di Maria. Non solo perché Maria fu tanto Bella da non far disdegnare il sommo Fattore a farsi sua fattura, per parafrasare Dante, cioè Dio non disdegnò di nascere dal suo grembo, ma anche perché Maria fu ed è parte integrante del progetto di salvezza che il Signore ha donato a noi esseri viventi. È lei che intercede per la dare misericordia al genere umano. È lei che soffre per le violenze che segnano la terra. È lei che scende sulla terra a indicare la strada di redenzione ad una umanità caduta nel peccato.

Festeggiamo con gioia questo 8 maggio 2020, questo tempo segnato dalla paura e dalla malattia. Maria è al nostro fianco. Maria ci indica la strada della salvezza. Maria ci prende per mano e ci consola. La sua immacolata concezione, il suo essere senza peccato originale, appare un dato marginale davanti alla sua persona che è amore, è affettuoso accudimento  di noi tutti che viviamo nelle ambasce. È consolazione per il mondo “che vive le doglie del parto” per parafrasare San Paolo. Allora dobbiamo avere la certezza, come l’aveva l’Apostolo delle genti, che il nostro dolore non è inspiegabile, non è fine a se stesso, c’è un momento in cui le nostre ambasce porteranno cieli nuovi e terre nuove, che partoriranno la salvezza, ed uno strumento per raggiungerla è abbandonarsi a Maria, esattamente come lei più di Duemila Anni fa si abbandono alla volontà di Dio, senza farsi troppe domande, perché le risposte le aveva già trovate nel suo cuore. Buona festa a tutti.

domenica 6 dicembre 2020

AUGURI A CHI SI CHIAMA NICOLA

 


SAN NICOLA

Oggi, 06/12/2020,si festeggia la nascita al cielo di San Nicola, vescovo di Mira. Secondo la tradizione il prelato sarebbe morto nel 343 dopo Cristo proprio in questo giorno. La vita di Nicola non è molto certa. Le fonti storiche sulla sua esistenza si intrecciano con una vasta letteratura leggendaria. La sua bibliografia è talmente incerta che alcuni storici affermano che in realtà non sia mai esistito. Tali tesi, però, sono invalidate da certe comparazioni storiche che accertano la presenza di Nicola in alcuni eventi fondamentali per il suo tempo, come lo storico Concilio di Nicea, il consesso di prelati e teologi cristiani che definì la natura consustanziale di Gesù. Cioè in quel concilio di riconobbe la natura Divina e Umana del Cristo, negando sia la tesi di Ario, che affermava che Gesù era un uomo e basta, sia quella Gnostica, che affermava che Gesù era Dio sceso in terra quale semplice effige della sua regalità senza aver assunto le fattezze umane se non solo nella forma. Insomma se noi festeggeremo il Natale quale nascita di Dio in terra il 25 dicembre prossimo, lo dobbiamo anche a San Nicola. Ma il vescovo di Mira non era solo un fine teologo. Era un sacerdote a servizio della sua comunità. Seppe proteggere brillantemente la sua comunità di fedeli dalla terribile e, ultima, persecuzione Romana voluta dall’imperatore Diocleziano nel 305, atto che lo costrinse all’esilio.  Nicola era protettore dei bimbi e delle vedove. Non sappiamo se è vero o è solo un apologo il racconto che abbia resuscitato dei bambini, uccisi e tagliati a pezzi da un perfido oste (i possessori di vinerie sono da allora considerati persone perfide per la letteratura mondiale, ricordiamo l’oste dei “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni oppure il maldicente proprietario di un albergo dei “Fratelli Karamazof”) e poi nascosti in una botte di vino. Un atto terribile che esplicita la cultura violenta dei tempi in cui visse Nicola, una violenza che il santo combatte con decisione, facendosi testimone di una cultura di amore e solidarietà in contrasto con la spada e la forza allora, come purtroppo anche oggi, prominente. Questo miracolo valse al santo il giusto titolo di protettore dell’infanzia, fino al punto che le popolazioni del Nord Europa gli riconobbero il compito di essere latore di doni ai più piccoli il giorno di Natale. Infatti da secoli San Nicola è Babbo Natale. È lui il vecchietto sulla slitta tirata da renne che porta doni ai bambini e alle bambine buone/i.

La centralità di San Nicola nel Cristianesimo è dovuta al fatto che la sua predicazione è avvenuta in Asia Minore, oggi la sua Mira è in Turchia, terra che ai suoi tempi si chiamava Anatolia ed era parte più importante dell’Impero Romano d’Oriente, non a caso a pochi chilometri sorgeva la maestosa capitale romana, Costantinopoli, oggi Istanbul. Questo lo rende caro sia ai Cattolici che agli ortodossi, i due rami del Cristianesimo che lo scisma del 1054, frutto della discordia fra il papa di Roma Leone IX e il patriarca di Costantinopoli Michele, divise. Nicola è venerato in tutta la Russia, la grande nazione Ortodossa, convertita al cristianesimo dalla cultura greca e per questo da sempre legata alla chiesa nata sulle sponde dell’Egeo. Insomma Nicola è il santo che unisce, che allevia gli scontri, che purtroppo sono stati durissimi nei secoli. Quando nel XI secolo alcuni marinai baresi presero le spoglie mortali di San Nicola da Mira e le posarono nella loro città che eresse la monumentale basilica a lui dedicata, la storia mediterranea cambiò radicalmente. Da allora una piccolissima città di mare pugliese, Bari appunto, che fino a quel momento  relegata alla marginalità dalle più prospere città di Taranto e Brindisi, divenne il centro di una devozione internazionale che ancor oggi porta milioni di pellegrini nel capoluogo pugliese, probabilmente diventato tale, superando Lecce Brindisi Taranto e Foggia, proprio perché si conservano in tale luogo le spoglie mortali di San Nicola. Urge ricordare che addirittura Bari, in quei tempi, non era neanche sede di tribunale imperiale(dell’impero bizantino, prima, e dell’impero Sacro e Romano, poi) , Trani una cittadina a pochi chilometri aveva questo titolo. Allora appare chiaro che le sorti della città di mare pugliese sono una cosa sola con il culto nicolaiano. Bari è San Nicola. La sua storia, le sue tradizioni, i suoi riti, le sue feste sono segnate dall’impronta che il santo ha lasciato nella città. Bari è la sua tradizione e la tradizione della città si basa sul racconto della vita del santo. Allora è facile capire il perché 8 dicembre, data della salita al cielo di Nicola, e l’otto maggio, data in cui si festeggia l’arrivo delle spoglie mortali del santo in città, diventata fin dagli anni 1000 festa patronale, sono i momenti più importanti della vita comunitaria cittadina. Bari è la città che ospita le spoglie mortali del santo che unisce le due anime del cristianesimo, quella orientale e quella occidentale, per questo motivo Bari è il luogo in cui ostinatamente e con decisione si cerca l’unità in nome della fede. A inizio di quest’anno, il 2020, poco prima che la terribile pandemia cambiasse le nostre abitudini sociali e i modi di vivere le esperienza collettive, papa Francesco è venuto proprio a Bari, proprio nella Basilica di San Nicola, per dialogare con le altre chiese cristiane, continuando un processo di riappacificazione e riunione iniziato dal suo sommo predecessore San Giovanni Paolo II che seguì le tracce di unità lasciate proprio da San Nicola, il santo di tutti i cristiani.

Insomma Nicola è la sintesi di allegorie cristiane importanti. Ricordiamo che l’allegoria è una forma di espressione fondamentale per il mondo cristiano. Un uomo, una donna, o anche un oggetto oltre ad essere se stesso riesce a incarnare qualcosa di altro, da cui il termine allegoria, qualcosa di ben più grande. Per provare a comprendere il senso dell’allegoria è bene ricordare che la Beatrice di Dante, oltre ad essere l’amata del poeta è anche nella Divina Commedia la Teologia. Lo stesso è San Nicola, oggi non è solo il vescovo vissuto quasi duemila anni fa, è anche la stessa unità dei cristiani, in suo nome il credente di Mosca e il credente di Bari, Roma e Parigi si sentono parte di una comunità. Ecco perché il Santo di Mira è fondamentale per la vita umana.

Vorrei aggiungere una cosa. Ci sono alcuni storici Turchi che affermano che non è vero che i marinai baresi abbiano trafugato le spoglie del santo nel 1089, dicono che il santo si trova tutt’oggi nella chiesa patriarcale di Mira e che i marinai abbia traslato, per sbaglio, i resti di un comune fedele, non del Santo. Io sono barese, io non credo che il santo si trovi ancora in Turchia, non solo per spirito di campanilismo, ma per la certezza che i dati storiografici che attestano l’arrivo delle spoglie mortali del santo a Bari sono di fatto inconfutabili, perché si basano su un indagine documentale ed archeologica. Ma appare confortante sapere che uno stato mussulmano, che apparentemente non ha alcun interesse culturale e religioso a rivendicare i legami con San Nicola, in realtà si senta pronto ad assecondare le tesi di studiosi che affermano che il santo è nella loro terra e a farsi orgogliosi di questo, questo è segno infatti che la pace fra culture e religioni diverse è possibile, grazie anche a figure che uniscono i popoli come appunto quella di San Nicola. Allora auguri a tutti quelli che si chiamano Nicola, auguri ai bimbi che aspettano i doni portati dal santo, e auguri a tutta l’umanità che ha bisogno di figure, di allegorie, che uniscono e non dividono. Insomma auguri a tutti noi, perché San Nicola è il santo di tutti e di ognuno.

giovedì 3 dicembre 2020

IL GARANTE PUGLIESE DELLE PERSONE DIVERSAMENTE ABILI



 UN RICORDO

Nella giornata internazionale della disabilità, il giorno in cui le Nazioni Unite ricordano il valore assoluto dell’inclusione sociale, il mio pensiero non può che correre verso il ricordo di una persona unica e preziosa che purtroppo ci ha lasciati in primavere di quest’anno. Mi riferisco al dottor Giuseppe Tulipani, garante pugliese dei diritti delle persone diversamente abili, salito al cielo qualche mese fa a causa di un infarto. Io non ho gli strumenti linguistici per esprimere le infinite qualità morali e intellettuali di Giuseppe, per tutti coloro che gli volevano bene, Pino. Questo mio scritto sicuramente non renderà le molteplici capacità professionali, le infinite doti umane, la capacità di essere vicino all’altro che caratterizzavano la personalità di Tulipani. Le parole non potranno mai esplicitare il lavoro di una vita donato per aiutare chi più ha bisogno. Pino era sempre dalla parte dei più deboli. Sempre pronto ad ascoltare le esigenze altri e di mettersi “capa sotto” (come si dice in Puglia, per indicare che si è instancabili) e lavorare per risolvere i problemi dei più deboli, con lo spirito di solidarietà e gratuità propria di colui che lo faceva per spirito di volontariato e senso di fratellanza verso il genere umano. Un attacco di cuore ci ha fatto perdere una persona preziosa per tutti e per le istituzioni. Una persona che ha contribuito a rendere la Puglia, l’Italia intera, un posto migliore. Oggi, nella giornata mondiale della disabilità, noi che abbiamo avuto la fortuna di averlo conosciuto abbiamo il dovere etico e morale di meditare sui suoi insegnamenti e sulle sue opere, per poter imparare dal suo esempio e continuare la strada che aveva tracciato con dovizia di sforzi. Pensare al prossimo, pensare al bene dell’altro, avere a cuore il suo destino, avere cura dell’altro è quello che Giuseppe, Pino, Tulipani faceva ogni giorno della propria esistenza. Imitarlo è il modo per rendere la propria esistenza, la comunità in cui si vive e l’intera società migliore.

Scusate se le mie parole non sono state abbastanza buone per esplicitare le migliaia di pregi di Pino. Scusate se il mio ricordo è stato non abbastanza esplicativo di una vita data per gli altri. Quello che volevo solo esprimere è gratitudine e affetto per Giuseppe Tulipani. La sua assenza corporea fa sentire un po’ soli. Ma la certezza che lui e con noi con lo spirito forte che lo caratterizzava e lo caratterizza ancora adesso fra le nuvole, ci rende più decisi nel continuare la sua opera, ognuno in base alle proprie capacità e competenze

GIORNATA INTERNAZIONALE DISABILITA'


 3 DICEMBRE GIORNATA DELL'INCLUSIONE

Il 3 dicembre ormai da diversi anni è la giornata internazionale della disabilità. Cosa vuol dire? Le Nazioni Unite hanno scelto questo giorno per fermarsi e meditare tutti insieme su come superare ogni tipo di barriera che rende difficile, e in alcuni casi purtroppo impossibile, per le persone diversamente abili avere una vita sociale attiva ed esercitare interamente tutti i loro diritti sociali, politici ed, in generale, propri di ogni persona. Si parla di diritto alla salute, ogni persona deve avere la possibilità di vivere senza gli affanni prodotti dalle patologie. Si parla di diritto alle relazioni sociali, ogni persona deve interagire e ha diritto di farlo con il proprio prossimo con i propri concittadini. Diritto alla dignità, che vuol dire che ognuno, a prescindere dal proprio status sociale alla propria appartenenza ad un genere e, è bene sottolinearlo, a prescindere dalla proprie capacità psicofisica, ha diritto ad avere una vita in cui esprima tutte le sue potenzialità ed abbia la possibilità di esprimere la ricchezza che è nel proprio animo.

In forza di questo assunto, che deve essere proprio di ogni istituzione pubblica o privata, di ogni organizzazione sociale pronta a promuovere la persona umana, è bene che oggi si pensi a come fronteggiare le gravi inadempienze sociali che rendono inattuato l’articolo 3 della Costituzione Italiana che mette come pilastro della vita politica ed istituzionale della Repubblica la rimozione di ogni tipo di ostacolo che rende difficile il compimento dell’uguaglianza di ogni essere umano. Lo sforzo deve essere attuato a più li
velli. In ambito internazionale le istituzioni interstatali, penso all’ONU ma anche alla Comunità Europea devono operare attivamente rendere fattibile la lotta ad ogni tipo di diseguaglianza. Le comunità statali e regionali devono mettere in primo luogo al centro la persona umana, con le sue fragilità e potenzialità, affinché i diversamente abili, le donne, gli uomini, gli operai gli intellettuali riescano, tutti, a mettere al servizio le proprie energie per il bene comune e per avere un sostentamento dignitoso per la propria vita e per quella dei propri familiari. Cambiare in meglio il nostro stato sociale è possibile, anche in questo tempo di pandemia. Anzi aggiungo proprio in questo tempo segnato dal coronavirus, dobbiamo e possiamo pensare ad una società inclusiva, in cui le capacità di tutti possano essere strumento per superare ogni tipo di difficoltà e crisi economico sociale. Ecco perché, oggi, 3 dicembre 2020, non è solo la giornata della disabilità, non deve essere soltanto un tributo, pur doveroso, a tutti coloro che soffrono di problemi psico motori gravi, purtroppo spesso gravissimi. Ma deve essere un giorno per pensare e operare in modo da costruire non solo un domani, ma anche un oggi migliore, in cui l’inclusività, il rendere tutti cittadini e cittadine attive, è una risorsa fondamentale per l’intero paese e per il mondo intero. Allora buona giornata della diversabilità, ognuno di noi è diverso dall’altro, ognuno di noi ha difficoltà e capacità uniche rispetto al proprio prossimo, saperle utilizzare e metterle in risalto, è un modo per creare ricchezza soprattutto umana, ma anche economica, che renderà migliore la vita e gli darà un senso nuovo, più compiuto.

lunedì 30 novembre 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 


ARTICOLO 85 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“Il presidente della Repubblica è eletto per sette anni.

Trenta giorni prima che scada il termine il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.

Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dopo la riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.”

L’articolo 85 della Costituzione Italiana, al primo comma, stabilisce che la durata del mandato presidenziale è di sette anni. Il primo cittadino dello stato è eletto dal Parlamento in seduta comune. La Carta Fondamentale non dice nulla sulla possibilità che il primo cittadino dello stato venga rieletto al termine del suo mandato. A tale silenzio si è dedotto che nulla osta alla sua rielezione. L’unico precedente è la rielezione del Presidente uscente Giorgio Napolitano avvenuta il 20 aprile 2013. Ricordiamo che la riconferma dell’inquilino del Quirinale avvenne in un momento difficile della storia repubblicana. Il Partito Democratico, partito di maggioranza relativa, non aveva i numeri per formare un governo. La rielezione di Napolitano fu un gesto di Silvio Berlusconi, capo della coalizione Lega – Forza Italia,  volto a dare una mano a una sinistra zoppicante. Fu un gesto di apertura e dialogo, che aprì la strada al governo dell’onorevole Enrico Letta, frutto dell’accordo fra Forza Italia (la lega rimase all’opposizione) e i partiti della sinistra. In precedenza la dottrina era propensa a negare la possibilità della rielezione di un presidente. Già sette anni sono un periodo lungo, si diceva. È meglio non prolungare oltre un tale ufficio pubblico. Giorgio Napolitano, pur accettando con spirito di servizio la rielezione, sposò questa tesi e scelse di dimettersi il 14 giugno 2015, quando il nuovo scenario politico e parlamentare aveva posto le basi per la elezione di un nuovo presidente della repubblica, Giorgio Mattarella. Quale errore! Mattarella è sempre stato considerato da coloro che votano Lega e Forza Italia come il nemico. Da Presidente della Corte Costituzionale aveva censurato le leggi che garantivano la Fininvest e Berlusconi. Il mondo di destra si adirò contro tale provocazione, e votò “no” al referendum costituzionale voluto e concordato dal Partito Democratico e da Forza Italia. Berlusconi fu chiaro, la riforma del paese è possibile a patto che siano difesi gli interessi delle aziende di sua proprietà. La scelta di Renzi di eleggere al Quirinale un nemico della Fininvest determinò la fine delle riforme, naufragate il giorno del referendum costituzionale. Oggi lo scenario è diverso. Il Partito Democratico è minoranza nel paese. I nuovi soggetti politici sono più concilianti verso i bisogni di Silvio Berlusconi. Non è un caso che a presiedere la seconda carica dello stato, la presidenza del senato, sia l’avvocato Maria Elisabetta Alberti Casellati, da sempre impegnata a difendere gli interessi di Silvio Berlusconi, fin da quando ricopriva la carica di sottosegretario al ministero di giustizia. È stata una scelta precisa di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, leader rispettivamente di Lega e M5S, per garantire il cavaliere Silvio Berlusconi. Insomma a un Quirinale ostile agli azionisti Fininvest, si contrappone Palazzo Madama difensore dei dividendi delle aziende del Cavaliere.

Trenta giorni prima della scadenza del mandato presidenziale, il presidente della Camera convoca il parlamento in seduta comune. Questa assemblea, composta dai componenti della Camera dei deputati,  del senato e i delegati regionali , è chiamata ad eleggere il nuovo presidente della Repubblica. A presiederla è, a norma costituzionale, il presidente di Montecitorio, il presidente della camera dei deputati. Il suo ruolo è importantissimo, è chiamato ad invitare tutti i grandi elettori, oltre ai parlamentari anche i rappresentati delle regioni, a sedersi in un unico emiciclo e a scegliere il futuro capo dello stato. La convocazione del Parlamento deve avvenire prima che scada il mandato del Presidente della Repubblica, per evitare un vuoto di potere. È d’obbligo sottolineare che il Presidente del Senato svolge la carica di presidente della repubblica vicario, in caso di morte o di assenza o di malattia del Presidente della Repubblica. Alla luce di questo dato si è preferito dare al presidente della camera l’onere di presiedere il parlamento in seduta comune che eleggerà il nuovo capo dello stato. Appare chiaro che durante le votazioni, la seconda carica dello stato potrebbe essere impegnata nell’annoso e delicatissimo compito di sostituire il Presidente della Repubblica, per questo motivo la Costituzione ha preferito dare al Presidente delle Camere il compito di presiedere l’assemblea scrutinante.

Se la legislatura corrente è al termine. Se la scadenza del mandato presidenziale coincide con la scadenza della legislatura. Si preferisce sciogliere le Camere, prorogare di qualche mese il mandato presidenziale e  far eleggere il nuovo presidente dal Parlamento rinnovato dalle elezioni. Questa è una deroga al “semestre bianco”, il periodo di sei mesi coincidenti con la fine del mandato presidenziale, in cui il primo cittadino dello stato non può sciogliere le camere. La dottrina e la prassi dello stato è concorde, il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere e indire nuove elezioni anche in prossimità della scadenza del suo mandato, se tale evento coincide con gli ultimi sei mesi della legislatura. Tale prassi è stata incisa nella Costituzione, dando la potestà al Presidente di sciogliere le camere, con la legge costituzionale del 4 novembre 1991, che la riformato l’articolo 88 della nostra Carta Fondamentale. Il secondo comma di tale articolo recita: (il presidente) non può esercitare tale facoltà (sciogliere le camere) negli ultimi mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura. Insomma è meglio che si rinnovi prima il parlamento, attraverso la consultazione di tutto l’elettorato italiano, e poi il Parlamento, rinfrancato dal consenso popolare, elegga il nuovo Presidente della Repubblica. Il semestre bianco, il periodo di sei mesi in cui il Presidente della Repubblica non può sciogliere le camere e indire nuove elezioni, è importantissimo. È volto ad evitare eventuali ricatti del Quirinale verso il potere legislativo. Non mi rieleggi, ti sciolgo e faccio eleggere un’assemblea a me più amica! Questo potrebbe essere il pensiero dell’inquilino del Colle. Ma se l’elezione delle nuove camere avviene per il naturale concludersi dei cinque anni di legislatura, appare chiaro che un eventuale ritardo nello scioglimento del Parlamento sarebbe ingiustificato. La riforma dell’articolo 88 quindi è stato un mettere ordine a una prassi costituzionale che già riteneva incongruo che non vi potessero essere elezioni parlamentari durante gli ultimi sei mesi di Presidenza. Un appunto. La scelta di far durare la carica del Presidente della Repubblica sette anni è anche volta a slegare la sua elezione dai destini della legislatura che lo ha eletto. Il Presidente non è espressione della maggioranza parlamentare che lo ha eletto. Non rappresenta gli interessi di parte. La sua funzione travalica i destini dei parlamentari che lo hanno votato. Il Presidente della Repubblica è chiamato a rappresentare e garantire l’intera nazione. Deve essere il sommo difensore del diritto e della Costituzione. Si deve far protettore dei cittadini. Ecco perché il suo mandato è di sette anni, proprio per sottolineare che il suo ruolo è altro rispetto agli interessi, pur legittimi, della classe politica che lo ha eletto. Il suo ufficio è volto a servire la Patria, non gli interessi di parte.

giovedì 26 novembre 2020

EL PIBE DE ORO (IL PIEDE D'ORO)

 


MA UNA FINTA E MARADONA

Ieri, 25/11/2020, è morto Diego Armando Maradona. Si disputerà per sempre se è stato lui il più grande e bravo giocatore di pallone del mondo, oppure il più anziano, e ancora vivente, Pelé. Quello che è certo che il goleador argentino rimarrà nei cuori dei tifosi del Napoli e dei  suoi connazionali. Infatti Maradona, grazie alle sue infinite doti di funambulo, ha portato la nazionale di calcio argentina a vincere ben due mondiali e ha portato il Napoli Calcio a vincere ben due scudetti e una coppa UEFA. Insomma da solo ha portato all’apice del calcio realtà che facevano del pallone uno strumento di riscatto. Forse per questo Maradona è considerato, purtroppo, il dio dei furbetti. In realtà le sue vicissitudini con la legge. La sua storia di tossicodipendenza da cocaina, la sua connivenza con l’illegalità l’hanno danneggiato come calciatore, ricordiamo la squalifica del 1994, e come uomo, probabilmente la sua prematura morte è da attribuire all’uso di sostanze allucinogene, ma questo suo contraddittorio comportamento l’ho ha fatto amare da popolazioni che con la legalità hanno poco a che fare, l’hanno fatto amare da noi che ci barcameniamo con furbizie e sotterfugi.

Maradona è stato un grande. Ha saputo superare con il suo talento la povertà e la degradazione sociale in cui ha visto la luce per la prima volta nelle favelas di Lanus, una cittadina argentina la quale ha visto i suoi natali il 30 ottobre 1960. Ha saputo, con i suoi palleggi, scalare le gerarchie del mondo del calcio della sua nazione e dell’intero mondo. Ha saputo, soprattutto, incantare miliardi di spettatori con le sue funamboliche giocate. A lui tutto è concesso, perfino fare goal con la mano, come gli successe in Argentina Inghilterra nei mondiali di calcio del Messico del 1986, competizione da lui vinta. È d’obbligo ricordare che in quella partita, vinta dalla sua Argentina per 2 a 0, i due goal di Maradona furono uno con la mano, la manos de dios (l’arbitro non si accorse che Diego Armando Maradona non aveva messo in rete la palla con un colpo di testa,ma utilizzando la sua mano destra, e convalidò un goal che non doveva valere nel punteggio), ma l’altro fu frutto dell’azione personale senza dubbio più bella che un giocatore abbia mai fatto. Maradona rubò il pallone a centro campo ad un avversari. L’Inghilterra era perfettamente schierata in difesa, non erta affatto sbilanciata. Ma Maradona era Maradona. Il pallone era attaccato ai suoi piedi. Nessuno poteva rubarglielo. Dribloò uno, due, tre, quattro inglesi, arrivò come un fulmine davanti alla porta avversaria, come se non avesse fatto centinaia di metri ma due passetti e tirò fulminando il portiere. La porta si gonfiò. Il pallone era lì fermo alle spalle dell’estremo difensore della perfida Albione. Maradona era il calcio. Era la magia che un pallone può compiere per fascinare gli spettatori. Era allo stesso tempo passione e ragione.

Maradona ha compiuto la storia del Calcio. Lo sport più amato nel mondo sarebbe stato altro se non ci fosse stato lui.  Ogni sua partita è rimasta memorabile, e solo perché giocava lui. Non importa se era nel Boca Junior, nel Barcellona, nel Napoli nell’argentina, se giocava Maradona era una partita assolutamente da vedere, perché qualche magia usciva. Ricordiamo i mondiali svolti in Italia nel 1990. L’Argentina arrivò in finale solo grazie alle sue strepitose giocate, riuscendo perfino a battere la nazionale italiana guidata da Azeglio Vicini, che era considerata, con senno di poi a torto, super favorita. Insomma Maradona era tutto. Maradona era il Calcio, la personificazione di uno sport che è allo stesso tempo popolare, praticato e amato da miliardi di persone nel pianeta, e di elite, nel senso che solo pochissimi, gli dei come Maradona, possono coglierne il senso della infinita destrezza necessaria per praticarlo ai massimi livelli. Insomma la sua morte lascia un vuoto, spegne i sogni di bellezza dei quali lo  sport può  farsi latore. Addio Diego, mancherà la tua gioia di fare calcio.

“Una finta di Maradona” è l’incipit di una poesia scritta negli anni ’80 del secolo scorso da un poeta napoletano, incantato dalle prodezze calcistiche di Diego Armando Maradona appena “comprato” dall’allora presidente del Napoli Ferlaino. È giusto ricordare che “Na finta di Maradona” è stata scritta da un grande del pensiero napoletano, Luciano De Crescenzo.

sabato 21 novembre 2020

VIOLENTARE CON LE PAROLE

 


LA MAESTRA LICENZIATA

È di questi giorni la notizia delle dimissioni, obbligate, di una maestra di Torino. Che cosa è successo? La docente aveva una normalissima relazione con un uomo. I due erano fidanzati. Come avviene frequentemente la loro relazione si è interrotta bruscamente a causa di litigi e confronti aspri dal punto di vista dialettico. Non è nulla di eccezionale. Ci sono molte storie d’amore che finiscono a causa di reciproche incomprensioni. Ma l’ex fidanzato, come purtroppo fanno ormai troppi maschi, ha trovato il modo di rivalersi sulla sua ex compagna pubblicando alcuni video in cui si registrava la vita intima dei due quando erano una coppia. Questo gesto è un reato, è definito con un termine inglese revenge porn. È punito dal codice penale non solo con l’inibizione e la cancellazione delle pubblicazioni, ma anche con una condanna che può giungere ad alcuni mesi, nei casi più gravi, anni di reclusione per il trasgressore. L’istituzione della norma penale è in forza alla legge del 19 luglio 2019 n. 612 che inserisce nel codice penale il comma ter che “punisce chi diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5000 a 15000 euro”. Per questo motivo l’uomo è già stato condannato da un tribunale della repubblica. Ma la cosa che aggrava la già penosa storia è il fatto che l’asilo in cui lavorava la malcapitata ha costretto alle dimissioni la donna.

Ora è con difficoltà che chi vi scrive prova a raccontare la storia. Non vi è dubbio che di per sé l’azione dell’uomo è scabrosa. Il mettere in pubblico la propria vita privata, le proprie relazioni sentimentali, creano sconquasso nella propria vita sociale e, soprattutto, in quella della partner, che essendo donna, purtroppo, troppo spesso subisce le chiacchiere di una società che, maschilista, tende a condannare la donna a un marchio di infamia anche se in realtà la malcapitata non ha fatto nulla di male, se non essersi innamorata di una persona che si è manifestato non solo l’uomo sbagliato, ma anche maldicente. Ma il male è nel comportamento del fidanzato, nulla ha fatto la maestra per essere marchiata d’infamia. Appare quindi un violento atto sociale imporgli le dimissioni dal ruolo di maestra d’asilo, come è stato fatto.

Il male viene da chi compie una violenza, anche se in questo frangente non è fisica ma “social”, se si può passare il termine. Pubblicare, rendere comuni a una cerchia di persone, piccola o grande non importa, la vita privata vissuta con un altro essere umano è un atto gravissimo. Non solo è un reato penale. Ma è  anche fare violenza alla persona con cui si è passati momenti preziosi di gioia. Poi c’è da aggiungere che il soggetto ha registrato la liason, ovviamente, quando i due erano ancora innamorati. Allora appare disdicevole e inqualificabile un atto che si compie per offendere e umiliare pubblicamente una persona, qualunque persona, ma è infame quando lo si fa con una donna che si ama, perché ovviamente quando vennero registrati i filmati i due si volevano ancora bene. Avere il senso del valore assoluto che è l’altro, comporta avere un comportamento che preclude in maniera assoluta gesti o atti che possano svilirlo mettere in discussione la sua dignità di donna, in questo caso, ma ovviamente in generale di essere umano. Ecco perché l’azione del vile ex fidanzato è bene che sia condannata sia penalmente che dalla comunità civile. Ma è bene che la maestra sia preservata nella sua dignità e integrità di persona. I bimbi devono essere messi in grado di capire che il male è in colui che sfrutta la vita relazionale intima come strumento di ricatto e di soprusi, non certo per la vittima. È difficile, lo so. È la cultura della nostra società che mette sulla gogna la donna e appare indulgente con l’uomo. Penso anche alla “Lettera Scarlatta” il libro di Nathaniel Hawthorne che racconta come l’America puritana condanna la fedifraga e assolve il fedifrago. Ma bisogna imparare a costruire una realtà sociale veramente fondata sul valore della persona. Ognuno deve essere rispettato nella propria interezza di uomo o di donna. Nessuno deve essere giudicato per la propria vita intima, per le proprie scelte di vita, il proprio credo religioso, o la propria ideologia politica. Questi sono principi incisi nella nostra Carta Costituzionale. Imparare a seguirli è un modo per cominciare veramente a edificare un paese, l’Italia, migliore. Ecco perché l’insegnate di Torino deve essere reintegrata nel suo ruolo. Ecco perché il “revenge porn” non deve essere uno strumento per il reo volto a punire con l’oblio sociale la vittima. Non si deve far vincere chi infrange le regole e umilia la dignità della propria partner. Bisogna capire che chi sbaglia non è chi ha una vita sessuale attiva, quelli sono e devono restare fatti personali, ma chi utilizza i mezzi di comunicazione, social o “tradizionali” che siano, per umiliare e soggiogare un altro essere umano.

Non so come conciliare il senso di pudore che si nutre in ambienti così importanti per la formazione dei bimbi, quali le scuole dell’infanzia. È bene che si trovi un mezzo per proteggerli dal racconto di atti che potrebbero turbare il sereno crescere dei giovani. È bene che i bimbi e le bimbe siano protetti da racconti di atti normali per un mondo adulto, ma sconvolgenti i normali ritmi di vita dei bimbi anche se per loro sono racconti. Ma difendere i bimbi non deve voler dire licenziare una maestra che non ha fatto nulla di sbagliato, ma vuol dire cercare linguaggi congrui a comunicare alla gioventù cosa sia il bene e cosa sia il male. Fargli cogliere che la violenza è sbagliata, qualunque violenza, sia quella compiuta con i gesti, cosa gravissima, ma anche quella compiuta con le parole. Allora forse è bene che la maestra sia reintegrata nel proprio ruolo, al fine di cominciare a comprendere che il male è nella violenza, non è mai chi subisce la violenza, la vittima, che deve essere punita.