lunedì 30 novembre 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 


ARTICOLO 85 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“Il presidente della Repubblica è eletto per sette anni.

Trenta giorni prima che scada il termine il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.

Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dopo la riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.”

L’articolo 85 della Costituzione Italiana, al primo comma, stabilisce che la durata del mandato presidenziale è di sette anni. Il primo cittadino dello stato è eletto dal Parlamento in seduta comune. La Carta Fondamentale non dice nulla sulla possibilità che il primo cittadino dello stato venga rieletto al termine del suo mandato. A tale silenzio si è dedotto che nulla osta alla sua rielezione. L’unico precedente è la rielezione del Presidente uscente Giorgio Napolitano avvenuta il 20 aprile 2013. Ricordiamo che la riconferma dell’inquilino del Quirinale avvenne in un momento difficile della storia repubblicana. Il Partito Democratico, partito di maggioranza relativa, non aveva i numeri per formare un governo. La rielezione di Napolitano fu un gesto di Silvio Berlusconi, capo della coalizione Lega – Forza Italia,  volto a dare una mano a una sinistra zoppicante. Fu un gesto di apertura e dialogo, che aprì la strada al governo dell’onorevole Enrico Letta, frutto dell’accordo fra Forza Italia (la lega rimase all’opposizione) e i partiti della sinistra. In precedenza la dottrina era propensa a negare la possibilità della rielezione di un presidente. Già sette anni sono un periodo lungo, si diceva. È meglio non prolungare oltre un tale ufficio pubblico. Giorgio Napolitano, pur accettando con spirito di servizio la rielezione, sposò questa tesi e scelse di dimettersi il 14 giugno 2015, quando il nuovo scenario politico e parlamentare aveva posto le basi per la elezione di un nuovo presidente della repubblica, Giorgio Mattarella. Quale errore! Mattarella è sempre stato considerato da coloro che votano Lega e Forza Italia come il nemico. Da Presidente della Corte Costituzionale aveva censurato le leggi che garantivano la Fininvest e Berlusconi. Il mondo di destra si adirò contro tale provocazione, e votò “no” al referendum costituzionale voluto e concordato dal Partito Democratico e da Forza Italia. Berlusconi fu chiaro, la riforma del paese è possibile a patto che siano difesi gli interessi delle aziende di sua proprietà. La scelta di Renzi di eleggere al Quirinale un nemico della Fininvest determinò la fine delle riforme, naufragate il giorno del referendum costituzionale. Oggi lo scenario è diverso. Il Partito Democratico è minoranza nel paese. I nuovi soggetti politici sono più concilianti verso i bisogni di Silvio Berlusconi. Non è un caso che a presiedere la seconda carica dello stato, la presidenza del senato, sia l’avvocato Maria Elisabetta Alberti Casellati, da sempre impegnata a difendere gli interessi di Silvio Berlusconi, fin da quando ricopriva la carica di sottosegretario al ministero di giustizia. È stata una scelta precisa di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, leader rispettivamente di Lega e M5S, per garantire il cavaliere Silvio Berlusconi. Insomma a un Quirinale ostile agli azionisti Fininvest, si contrappone Palazzo Madama difensore dei dividendi delle aziende del Cavaliere.

Trenta giorni prima della scadenza del mandato presidenziale, il presidente della Camera convoca il parlamento in seduta comune. Questa assemblea, composta dai componenti della Camera dei deputati,  del senato e i delegati regionali , è chiamata ad eleggere il nuovo presidente della Repubblica. A presiederla è, a norma costituzionale, il presidente di Montecitorio, il presidente della camera dei deputati. Il suo ruolo è importantissimo, è chiamato ad invitare tutti i grandi elettori, oltre ai parlamentari anche i rappresentati delle regioni, a sedersi in un unico emiciclo e a scegliere il futuro capo dello stato. La convocazione del Parlamento deve avvenire prima che scada il mandato del Presidente della Repubblica, per evitare un vuoto di potere. È d’obbligo sottolineare che il Presidente del Senato svolge la carica di presidente della repubblica vicario, in caso di morte o di assenza o di malattia del Presidente della Repubblica. Alla luce di questo dato si è preferito dare al presidente della camera l’onere di presiedere il parlamento in seduta comune che eleggerà il nuovo capo dello stato. Appare chiaro che durante le votazioni, la seconda carica dello stato potrebbe essere impegnata nell’annoso e delicatissimo compito di sostituire il Presidente della Repubblica, per questo motivo la Costituzione ha preferito dare al Presidente delle Camere il compito di presiedere l’assemblea scrutinante.

Se la legislatura corrente è al termine. Se la scadenza del mandato presidenziale coincide con la scadenza della legislatura. Si preferisce sciogliere le Camere, prorogare di qualche mese il mandato presidenziale e  far eleggere il nuovo presidente dal Parlamento rinnovato dalle elezioni. Questa è una deroga al “semestre bianco”, il periodo di sei mesi coincidenti con la fine del mandato presidenziale, in cui il primo cittadino dello stato non può sciogliere le camere. La dottrina e la prassi dello stato è concorde, il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere e indire nuove elezioni anche in prossimità della scadenza del suo mandato, se tale evento coincide con gli ultimi sei mesi della legislatura. Tale prassi è stata incisa nella Costituzione, dando la potestà al Presidente di sciogliere le camere, con la legge costituzionale del 4 novembre 1991, che la riformato l’articolo 88 della nostra Carta Fondamentale. Il secondo comma di tale articolo recita: (il presidente) non può esercitare tale facoltà (sciogliere le camere) negli ultimi mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura. Insomma è meglio che si rinnovi prima il parlamento, attraverso la consultazione di tutto l’elettorato italiano, e poi il Parlamento, rinfrancato dal consenso popolare, elegga il nuovo Presidente della Repubblica. Il semestre bianco, il periodo di sei mesi in cui il Presidente della Repubblica non può sciogliere le camere e indire nuove elezioni, è importantissimo. È volto ad evitare eventuali ricatti del Quirinale verso il potere legislativo. Non mi rieleggi, ti sciolgo e faccio eleggere un’assemblea a me più amica! Questo potrebbe essere il pensiero dell’inquilino del Colle. Ma se l’elezione delle nuove camere avviene per il naturale concludersi dei cinque anni di legislatura, appare chiaro che un eventuale ritardo nello scioglimento del Parlamento sarebbe ingiustificato. La riforma dell’articolo 88 quindi è stato un mettere ordine a una prassi costituzionale che già riteneva incongruo che non vi potessero essere elezioni parlamentari durante gli ultimi sei mesi di Presidenza. Un appunto. La scelta di far durare la carica del Presidente della Repubblica sette anni è anche volta a slegare la sua elezione dai destini della legislatura che lo ha eletto. Il Presidente non è espressione della maggioranza parlamentare che lo ha eletto. Non rappresenta gli interessi di parte. La sua funzione travalica i destini dei parlamentari che lo hanno votato. Il Presidente della Repubblica è chiamato a rappresentare e garantire l’intera nazione. Deve essere il sommo difensore del diritto e della Costituzione. Si deve far protettore dei cittadini. Ecco perché il suo mandato è di sette anni, proprio per sottolineare che il suo ruolo è altro rispetto agli interessi, pur legittimi, della classe politica che lo ha eletto. Il suo ufficio è volto a servire la Patria, non gli interessi di parte.

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