sabato 21 novembre 2020

VIOLENTARE CON LE PAROLE

 


LA MAESTRA LICENZIATA

È di questi giorni la notizia delle dimissioni, obbligate, di una maestra di Torino. Che cosa è successo? La docente aveva una normalissima relazione con un uomo. I due erano fidanzati. Come avviene frequentemente la loro relazione si è interrotta bruscamente a causa di litigi e confronti aspri dal punto di vista dialettico. Non è nulla di eccezionale. Ci sono molte storie d’amore che finiscono a causa di reciproche incomprensioni. Ma l’ex fidanzato, come purtroppo fanno ormai troppi maschi, ha trovato il modo di rivalersi sulla sua ex compagna pubblicando alcuni video in cui si registrava la vita intima dei due quando erano una coppia. Questo gesto è un reato, è definito con un termine inglese revenge porn. È punito dal codice penale non solo con l’inibizione e la cancellazione delle pubblicazioni, ma anche con una condanna che può giungere ad alcuni mesi, nei casi più gravi, anni di reclusione per il trasgressore. L’istituzione della norma penale è in forza alla legge del 19 luglio 2019 n. 612 che inserisce nel codice penale il comma ter che “punisce chi diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5000 a 15000 euro”. Per questo motivo l’uomo è già stato condannato da un tribunale della repubblica. Ma la cosa che aggrava la già penosa storia è il fatto che l’asilo in cui lavorava la malcapitata ha costretto alle dimissioni la donna.

Ora è con difficoltà che chi vi scrive prova a raccontare la storia. Non vi è dubbio che di per sé l’azione dell’uomo è scabrosa. Il mettere in pubblico la propria vita privata, le proprie relazioni sentimentali, creano sconquasso nella propria vita sociale e, soprattutto, in quella della partner, che essendo donna, purtroppo, troppo spesso subisce le chiacchiere di una società che, maschilista, tende a condannare la donna a un marchio di infamia anche se in realtà la malcapitata non ha fatto nulla di male, se non essersi innamorata di una persona che si è manifestato non solo l’uomo sbagliato, ma anche maldicente. Ma il male è nel comportamento del fidanzato, nulla ha fatto la maestra per essere marchiata d’infamia. Appare quindi un violento atto sociale imporgli le dimissioni dal ruolo di maestra d’asilo, come è stato fatto.

Il male viene da chi compie una violenza, anche se in questo frangente non è fisica ma “social”, se si può passare il termine. Pubblicare, rendere comuni a una cerchia di persone, piccola o grande non importa, la vita privata vissuta con un altro essere umano è un atto gravissimo. Non solo è un reato penale. Ma è  anche fare violenza alla persona con cui si è passati momenti preziosi di gioia. Poi c’è da aggiungere che il soggetto ha registrato la liason, ovviamente, quando i due erano ancora innamorati. Allora appare disdicevole e inqualificabile un atto che si compie per offendere e umiliare pubblicamente una persona, qualunque persona, ma è infame quando lo si fa con una donna che si ama, perché ovviamente quando vennero registrati i filmati i due si volevano ancora bene. Avere il senso del valore assoluto che è l’altro, comporta avere un comportamento che preclude in maniera assoluta gesti o atti che possano svilirlo mettere in discussione la sua dignità di donna, in questo caso, ma ovviamente in generale di essere umano. Ecco perché l’azione del vile ex fidanzato è bene che sia condannata sia penalmente che dalla comunità civile. Ma è bene che la maestra sia preservata nella sua dignità e integrità di persona. I bimbi devono essere messi in grado di capire che il male è in colui che sfrutta la vita relazionale intima come strumento di ricatto e di soprusi, non certo per la vittima. È difficile, lo so. È la cultura della nostra società che mette sulla gogna la donna e appare indulgente con l’uomo. Penso anche alla “Lettera Scarlatta” il libro di Nathaniel Hawthorne che racconta come l’America puritana condanna la fedifraga e assolve il fedifrago. Ma bisogna imparare a costruire una realtà sociale veramente fondata sul valore della persona. Ognuno deve essere rispettato nella propria interezza di uomo o di donna. Nessuno deve essere giudicato per la propria vita intima, per le proprie scelte di vita, il proprio credo religioso, o la propria ideologia politica. Questi sono principi incisi nella nostra Carta Costituzionale. Imparare a seguirli è un modo per cominciare veramente a edificare un paese, l’Italia, migliore. Ecco perché l’insegnate di Torino deve essere reintegrata nel suo ruolo. Ecco perché il “revenge porn” non deve essere uno strumento per il reo volto a punire con l’oblio sociale la vittima. Non si deve far vincere chi infrange le regole e umilia la dignità della propria partner. Bisogna capire che chi sbaglia non è chi ha una vita sessuale attiva, quelli sono e devono restare fatti personali, ma chi utilizza i mezzi di comunicazione, social o “tradizionali” che siano, per umiliare e soggiogare un altro essere umano.

Non so come conciliare il senso di pudore che si nutre in ambienti così importanti per la formazione dei bimbi, quali le scuole dell’infanzia. È bene che si trovi un mezzo per proteggerli dal racconto di atti che potrebbero turbare il sereno crescere dei giovani. È bene che i bimbi e le bimbe siano protetti da racconti di atti normali per un mondo adulto, ma sconvolgenti i normali ritmi di vita dei bimbi anche se per loro sono racconti. Ma difendere i bimbi non deve voler dire licenziare una maestra che non ha fatto nulla di sbagliato, ma vuol dire cercare linguaggi congrui a comunicare alla gioventù cosa sia il bene e cosa sia il male. Fargli cogliere che la violenza è sbagliata, qualunque violenza, sia quella compiuta con i gesti, cosa gravissima, ma anche quella compiuta con le parole. Allora forse è bene che la maestra sia reintegrata nel proprio ruolo, al fine di cominciare a comprendere che il male è nella violenza, non è mai chi subisce la violenza, la vittima, che deve essere punita.

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