mercoledì 26 dicembre 2018

SOLIDARIETA' E BUSINESS




DOPPIEZZA
I magnati della rete si distinguono per la loro generosità. Steve Jobs, quando era in vita, ha donato milioni di dollari in beneficenza. Il cofondatore della Apple si è distinto in opere solidali e dopo la sua morte la sua azienda ha continuato la sua opera. La stessa cosa fa tutt'oggi Bill Gates, fondatore di Microsoft, che attraverso la fondazione intestata alla moglie costruisce ospedali e infrastrutture in molte parti del mondo, soprattutto in Africa. Mark Zuckenberg, l'ideatore di Facebook, addirittura vorrebbe farsi latore dei bisogni dei più poveri, scendendo in politica. Alcuni non escludono la sua candidatura alla presidenza negli Stati Uniti d'America. Insomma la New-economy, quella legata alla rivoluzione digitale, vuole essere dalla parte dei più deboli. Basta con il capitalismo che sfrutta, oggi le ricchezze prodotte devono essere messe al servizio della comunità, in una rete che va oltre quella virtuale di internet e che diventa un cerchio di solidarietà fra persone. Insomma la nuova tecnologia si vuole mettere al servizio della società, contribuendo a far vivere meglio tutti. La robotica dovrebbe aiutare i malati e i non autosufficienti a superare le barriere che la vita gli mette davanti ogni giorno. L'informatica, il software, dovrebbe accelerare le ricerche scientifiche, facilitando il lavoro degli scienziati. Le ricchezze accumulate dovrebbero essere ridistribuite fornendo servizi ai più deboli. Dovrebbero nascere scuole, servizi di trasporto, sistemi di distribuzione alimentare che vincano le diseguaglianze. E' inutile negare che questo è già realtà. Molti ospedali offrono servizi impensabili solo fino a qualche anno fa grazie alle nuove tecnologie. L'Africa sta vedendo sorgere ospedali e strutture di aiuto grazie ai proventi della new economy, internet si sta diffondendo in tutto il mondo, rendendo accessibili servizi informazione culture a gente che è rimasta per secoli ai margini. Ma anche alla luce dei benefici non possiamo nascondere che il sistema della Sylicon Valley, così si chiama la new economy prendendo tale nome dalla vallata della California ove ci sono le maggiori imprese di software del mondo, ha nella speculazione in borsa il suo maggiore strumento di guadagno. Wall Streat, la borsa di New York, ha visto la Microsoft, la Apple e tutte le aziende legate ad internet fare guadagni di miliardi di dollari in pochissimi anni. Sono i Zuckenberg e i Gates che hanno guadagnato di più dalla rivoluzione tecnologica. Internet è speculazione, è una macchina per far soldi, più che essere una rete di persone che si aiutano e mettono in comune conoscenze, come era all'inizio il sogno dei pionieri dell'informatica. Ricordiamo che la "rete" è nata durante la seconda guerra mondiale non certo per motivi solidali, ma per interessi bellici, per accelerare l'acquisizioni di informazioni e per poter così sganciare bombe. E' da quel modello che nasce l'aggressività tecnologica di oggi. Sono lontanissimi i modelli di produzione di Olivetti, l'industriale italiano che produceva computer proponendo un modello di fabbrica inclusivo e di condivisione economica e culturale fra operai, dirigenti, proprietà e tessuto sociale. Ora le industrie mondiali legate alla telecomunicazione fanno miliardi in borsa sottraendo dignità ai lavoratori. Le nuove tecnologie rendono inutili e obsoleti alcuni lavori, creando disoccupazione. I nuovi sistemi telematici sostituiscono il lavoro di professionisti e di tecnici con l'elaborazione del computer, degradando il lavoro professionale di moltissime persone, diventate meri operatori che spingono bottoni. La sensazione è che la New Economy, malgrado le parole di solidarietà, porti molta ricchezza a pochi e sottragga reddito a molti, soprattutto in America e in Europa. Nella ricca San Francisco, la città di Gates e di Jobs, sono molti gli homeless, i senza casa, messi fuori da un sistema economico che non offre prospettive a coloro che fino a qualche anno fa erano la classe media. Alla luce di questo appare comprensibile che noi, gente comune, colpiti dalla crisi legata alla cosiddetta globalizzazione, guardiamo con simpatia leader politici come Donald Trump, Matteo Salvini, Marie Le Pen, che offrono una promessa di ritorno al vecchio, ritorno a modelli produttivi passati, modelli che escludano la partecipazione del mondo alla divisione di utili che si considerano nazionali. Ma veramente la chiusura delle frontiere permetterà di impedire che i capitali di borsa regolino la vita delle persone? Veramente la chiusura delle frontiere permetterà il ritorno dei lavori ormai persi? Veramente la chiusura delle frontiere permetterà di mettere ordine nelle periferie popolate da disoccupati, sottopagati e umiliati da un sistema economico che non distribuisce ricchezza ma la sottrae ai più deboli per garantire ricavi ai ricchissimi? E' il capitalismo .. Bellezza! Diceva un motto made in USA per spiegare da una parte lo sfruttamento e dall'altra le immense possibilità che ognuno ha di arricchirsi se è bravo. Oggi lo sfruttamento rimane, ma è la possibilità di scalare la piramide sociale che è venuta meno. Sempre più spesso appare chiaro che avere competenze, studiare, non garantisce un futuro sicuro e dignitoso. Sono i patrimoni, le enormi proprietà, a garantire prosperità a chi le detiene e non le capacità personali. Ed è paradossale che la new-economy, che doveva garantire ricchezza e fortuna a chi è capace di inventare, di mettersi in gioco, di creare nuove imprese, sia anch'essa parte della logica del grande capitale che accumula ricchezze per sé lasciando fuori la stragrande maggioranza della popolazione.

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