IL PRESIDENTE
Ieri, 08/11/2020, è apparso chiaro l’esito delle elezioni presidenziali americane tenutesi il 03/11/2020. Il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America è joe Biden. Succede a Donald Trump, che rimarrà in carica fino alla fine dell’anno 2019. Da oggi fino al momento del’insediamento di Biden alla presidenza si apre un periodo di transizione, il presidente uscente, pur rimanendo nel pieno delle proprie funzioni costituzionali, ha anche il compito dare le consegne, permettetemi di dire di dare le chiavi di casa della nazione, al futuro capo di stato della più potente nazione del mondo.
Il problema è che Donald Trump, che era in corsa contro Joe Biden per riconfermarsi alla presidenza, non è disposto a dichiararsi sconfitto. Per lui la vittoria di Biden è frutto di un imbroglio. In queste ore non è chiaro se intenda contestare il voto davanti alla Corte Suprema, prima, e poi al Senato degli States, la massima istituzione a cui appellarsi in caso di contenzioso elettorale sul tema delle elezioni presidenziali. Se lo facesse si rischierebbe il blocco del sistema costituzionale americano. Con di fatto un tempo indefinito di incertezza su chi debba risiedere alla Casa Bianca, la sede del presidente americano sita nella capitale Washington.
Al momento, è bene ribadirlo, i dati elettorali designano Joe Biden quale Presidente degli Stati Uniti per i prossimi quattro anni, questa è la durata della carica in questione. Il democratico sta già preparando il suo staff di governo. Affiancato Kamala Harris, che dovrebbe essere il primo vicepresidente donna nella storia americana, il condizionale è bene ancora porlo visto le contestazioni di Trump. Il duo Biden Harris ha già un programma di governo, l’hanno presentato ai cittadini durante le elezioni. Il problema è ora chiarire se sarà quello che verrà messo in atto, oppure si continuerà con la strada percorsa dal gabinetto Trump, questo vorrebbe dire che l’attuale presidente ha dimostrato che vi sono stati realmente brogli e realmente è lui il vincente della consultazione. Gli esperi, ma anche i giudici americani, anche se quest’ultimi non avrebbero dovuto pronunciarsi esplicitamente per ovvi motivi di delicatezza costituzionale, appaiono molto scettici sulle reali possibilità di Trump di rovesciare attraverso i tribunali elettorali l’esito delle elezioni. Anche alcuni, anche se non tutti, stretti collaboratori del presidente uscente lo invitano a desistere in una battaglia giudiziale che a loro appare già persa in partenza e che, cosa più grave, potrebbe portare al caos politico, in un momento così difficile per gli States, come per tutto il mondo, alle prese con la terribile pandemia legata al Coronavirus.
Quello che appare chiaro è che Joe Biden, proviamo ad azzardare che sia lui a presiedere gli USA nei prossimi quattro anni, dovrà affrontare una situazione difficile. Il problema non è solo quello sanitario. L’America dal punto di vista economico durante la presidenza Trump è andata molto bene. Fino all’incedere della pandemia il pil USA cresceva considerevolmente, Trump ha attribuito questo dato alle sue scelte politiche. L’irrigidimento commerciale verso l’Unione Europea e la Cina, che ha istituito dazi e balzelli verso i prodotti non made in USA, anche se non entrati ancora in vigore, ricordiamo che dovrebbero partire l’anno prossimo, secondo Trump avrebbero permesso alla America “di tornare grande”, parafrasando il suo spot elettorale della sua prima campagna presidenziale. Ma è veramente così? Veramente l’isolazionismo USA è la soluzione alle grandi angosce dei suoi cittadini? Veramente le fabbriche USA trovano beneficio all’isolazionismo economico? In parte i dati economici confermano le tesi di Donald Trump. Le sue azioni hanno permesso la chiusura di factoring statunitense site, ad esempio, in Messico e riaperto industrie sul suolo statunitense. Ma i dati sono contraddittori. Di fronte ad un aumento dei posti di lavoro nel settore dell’energia e delle materie prime, di cui, è bene ricordarlo, gli USA sono produttori fra i più grandi del mondo, c’è di fatto un impoverimento della qualità del lavoro, la retribuzione media del singolo lavoratore è di fatto diminuita durante la presidenza Trump, indicando questo dato non solo la diminuzione del reddito medio della popolazione, ma anche una diminuzione in termini assoluti di posti di lavoro. Paradossalmente, Trump, che doveva essere il capo del popolo contro i ricchi e potenti che combattano con le potenze internazionali, ha favorito coloro che investivano alla borsa di New York, Wall Streat, che hanno raccolto in questi anni notevoli dividendi. Questo non vuole essere un dato che condanna Trump. La Borsa è un indice di ricchezza della nazione in cui opera. Se Wall Streat guadagna non è necessariamente una male per il cittadino americano. Il problema è che la strory Telling di Trump è diversa. Donald si è presentato come il paladino dei poveri contro i ricchi. Francamente a chi scrive appare ridicolo solo pensarlo, uno speculatore (Trump è il proprietario di grandi Casinò ed edifici ) è un po’ strano che sia un “uomo di popolo”, ma così è andata, la sua presidenza si fondava su questo racconto. Ora Trump continua a raccontare di essere uomo di popolo tradito dal deep states, dalla burocrazia statuale che tifa per il burocrate Biden contro il popolare Trump. È così? I dati, elettorali e anche economici, smentiscono questo racconto. Ma la battaglia non è finita. Biden quasi certamente sarà presidente degli Stati Uniti. Ma il partito repubblicano, il partito di Trump, proverà a continuare a sostenere la tesi del complotto contro colui che per i conservatori è da considerare il presidente legittimo, Donald Trump. Make America Great era lo slogan di Donald Trump, sembra che invece Trump voglia soltanto far piombare lo stato più potente del mondo in preda al caos. Ma staremo a vedere.
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