ARTICOLO 84 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“Può essere eletto
Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni
d’età e goda dei diritti civili e politici.
L’ufficio del
Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.
L’assegno e la dotazione
del Presidente sono determinati per legge.”
L’articolo 84 della Costituzione Italiana stabilisce i criteri e i presupposti affinché si possa ambire alla carica di Presidente della Repubblica. Può essere eletto primo cittadino dello stato chiunque sia italiano. Una parte della dottrina è ritiene che anche chi è italiano, ma non appartenente alla Repubblica, perché nato all’estero ma figlio di cittadini italiani, può in teoria concorrere a ricoprire la carica di Presidente. Secondo questa tesi, insomma, la cittadinanza italiana non sarebbe un presupposto inderogabile all’elezione alla Presidenza, così derogando l’articolo 51 della Costituzione che dice che i cittadini italiani sono richiamati a ricoprire uffici pubblici. Questa tesi contrasta, evidentemente, con la scelta dei costituenti di utilizzare il termine “cittadino” per definire chi può ambire al titolo di Presidente della Repubblica. Se avessero ragione i giuristi che dicono che può essere presidente anche un “oriundo” perché utilizzare la parola “cittadino” e non semplicemente il termine “italiano”? Chi è chiamato alla Presidenza della Repubblica deve godere dei diritti politici e civili. L’interdetto dai pubblici uffici, il condannato a pene ausiliarie che implicano il divieto di assumere cariche pubbliche, non può ambire alla Presidenza della Repubblica. Il pensiero va a Silvio Berlusconi, l’uomo simbolo della destra non potrebbe essere eletto Presidente della Repubblica, incatenato da una legge che lo interdice dai pubblici uffici. È un dolore per i milioni di italiani che votano Lega e Forza Italia. Pensare che il simbolo dell’Italia che produce non possa essere primo cittadino della Repubblica è uno smacco. Il Movimento Cinque Stelle, Lega e Forza Italia hanno eletto al senato, quale presidente, l’avvocato Elisabetta Alberti Casellati, valente giurista che si è da sempre battuta a favore di Silvio Berlusconi, fin da quando ha ricoperto la carica di viceministro della Giustizia. È un segno chiaro. Un segno di riforma concreta. Basta con le leggi che inibiscono ad alte cariche chi ha commesso reati penali. Sarebbe giunto il tempo anche di cambiare la Costituzione. Dico il vero io non concordo con questa tesi. Il presidente della Repubblica, a mio parere, dovrebbe essere scevro da condanne, al pari di qualsiasi altro uomo delle istituzioni. Costatare che gli italiani la pensano diversamente da me è un dovere di onestà intellettuale.
Il presidente della Repubblica deve aver compiuto, al momento dell’elezione, i cinquant’anni. La maturità è una delle caratteristiche che lo dovrebbe rendere saggio. La saggezza è la caratteristica fondamentale per una carica che si erge a strenua barriera a difesa dei valori costituzionali. Il presidente della Repubblica assume un delicatissimo e importantissimo compito di silente moderatore fra le parti politiche. Deve facilitare il dialogo fra le forze politiche e le parti sociali, ecco perché la maturità e l’esperienza sono doti fondamentali. L’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ad esempio, ha un’esperienza e una maturità acquisita da decenni di lavoro nell’ambito del diritto. I suoi trascorsi come membro della Corte Costituzionale lo fanno uomo affidabile e ligio servitore delle istituzioni. Altri presidenti della repubblica hanno avuto un passato di servitori dello stato. Ricordiamo Carlo Azeglio Ciampi, che prima di salire al Quirinale, era stato Presidente della Banca d’Italia e Presidente del Consiglio in anni difficilissimi per il nostro paese. Ricordiamo Sandro Pertini, che prima di essere eletto alla presidenza era stato valente Presidente della Camera e soprattutto eroico Partigiano. Insomma l’età matura favorisce la salita al soglio presidenziale di persone che già si sono distinte per il loro fervore verso la patria.
Il secondo comma dell’articolo 84 chiarisce che nessuna altra carica pubblica o privata è compatibile con quella della presidenza della repubblica. Chi è eletto Presidente deve immediatamente dimettersi da qualsiasi ruolo istituzionale precedentemente assunto. Che sia Deputato, che sia Senatore, la sua carica decade. Anzi è d’obbligo dire che la decadenza della carica precedente è automatica. Se il presidente giura davanti al Parlamento in seduta comune, automaticamente decade dalle cariche assunte anteriormente. Il titolo di avvocato, medico o di qualsiasi altro lavoro professionale è da considerarsi sospeso. Il Presidente della Repubblica non può e non deve esercitare la sua professione durante il mandato, ma la dottrina è concorde nel dire che riacquista pienamente il titolo a professarle al momento della decadenza della carica presidenziale. Lo stesso vale se è dirigente o impiegato di aziende private, deve essere immediatamente considerato in aspettativa e scevro di poteri decisionali all’interno dell’azienda al momento delle elezioni, posizione che potrebbe riacquistare alla fine dei sette anni del mandato presidenziale. A meno che, ovviamente, non contrasti con la carica di senatore a vita, titolo che spetta ad ogni ex Presidente della Repubblica.
L’ultimo comma dell’articolo 84 afferma che è il Parlamento, con legge, a stabilire l’assegno e le dotazioni del Presidente della Repubblica. Anche il primo cittadino dello stato deve i suoi emolumenti alla libera decisione dei rappresentanti del Popolo. Questo ha implicazioni istituzionali importanti. Il Quirinale, sede della Presidenza della Repubblica, per funzionare e vivere deve sottostare alla insindacabile sovranità del Parlamento che decide quanti e quali soldi versare. Esiste l’autonomia finanziaria del Presidente della Repubblica. In nome della divisione dei poteri il presidente della repubblica può gestire autonomamente i soldi che ha in dotazione, ma chi li stanzia e chi decide il loro ammontare è il parlamento. Questo è un principio cardine di tutti gli stati parlamentari. Secondo un detto inglese vecchio ormai di millenni, non ci può essere tassazione (quindi spesa pubblica) senza la rappresentanza. Questo motto è inciso nella “Magna charta Libertatum”, concessa da re Giovanni d’Inghilterra nel 1215. Sono i membri delle camere, direttamente eletti dai cittadini, ha decidere delle finanze pubbliche e quindi anche dei soldi da tributare al Presidente della Repubblica. La stessa cos vale per il suo stipendio , l’assegno. Attualmente il presidente Sergio Mattarella guadagna la ragguardevole cifra di 239mila euro l’anno. Sergio Mattarella ha scelto di rinunciare alle pensioni di ex deputato, ex professore universitario e di membro della Corte Costituzionale. Il presidente ha introdotto per sé e per i suoi collaboratori il divieto di cumulo delle retribuzioni con trattamenti pensionistici erogati da pubbliche amministrazioni. Insomma, facendo dei conti in tasca al presidente, si può dire che Sergio Mattarella ha rinunziato a 2 milioni e 800mila euro di guadagni annui. Una bella cifra. Insomma l’attuale presidente ha operato un significativo taglio alle sue entrate personali, rinunciando a assegni pensionistici e benefit di vario genere. Sarebbe bene indicarlo come esempio. L’autonomia finanziaria del Quirinale è necessaria per rendere l’istituzione presidenziale autonoma e scevra da influenze esterne. Non deve essere strumento d’arricchimento per lo staff presidenziale. La carica di Presidente della Repubblica è importantissima. Chi la ricopre rappresenta la Repubblica e la nazione. Bisogna che lo faccia con lo spirito di servizio e con la dedizione propria di un umile servitore dello stato. Noi cittadini dobbiamo rivolgere al Presidente il rispetto e l’onore dovuto a colui che incarna la storia e la gloria dello Stato.
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