lunedì 1 febbraio 2021

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 

NOTE A MARGINE DELL’ARTICOLO 96 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“il presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.”

Questo
articolo della Costituzione Italiana è uno dei più latori di tensione politica. I fatti di cronaca giudiziaria, ormai è noto, si intrecciano spesso con l’attività politica. L’ultimo ministro messo sotto processo è stato Matteo Salvini, che nell’esecutivo “Conte 1” rivestiva il ruolo di Ministro degli Interni.

Ricordiamo succintamente la vicenda. Nell’estate del 2019 c’erano diverse imbarcazioni precarie che partivano dall’Africa, trasportando persone che volevano raggiungere i lidi europei, in buona sostanza la Spagna, la Grecia e, soprattutto, l’Italia. Erano barche destinate a un tragico destino, il naufragio e il conseguente bilancio di tragici lutti. Per evitare il peggio, navi private, di organizzazioni umanitarie e perfino navi militari italiane issavano a bordo i naufraghi. Matteo Salvini, in veste di ministro degli interni, vietò l’attracco nei porti italiani di queste navi, perfino navi che facevano parte del corpo militare italiano.

La procura di Catania e di Palermo quella aprirono un fascicolo per “sequestro di persona”. Il tribunale dei ministri, l’organo giudiziario istituito in ogni mandamento per avviare l’iter in caso di coinvolgimento nell’inchiesta di organi apicali dello strato, dei due capoluoghi siciliani chiese l’autorizzazione a procedere al Senato, camera parlamentare di cui l’onorevole Salvino fa parte. La richiesta della procura di Palermo fu negata. Quella di Catania fu accolta, e il processo è oggi ancora in corso.

Difficile valutare la questione giuridica da parte mia. Spetta agli organi giudiziari giudicare, almeno nel caso di Catania. Mentre la questione giuridica di Palermo è stata chiusa dalla scelta del Senato della Repubblica di non concedere autorizzazione. Quello certo è che la vicenda l’epifania di uno scontro fra politica e magistratura. Non possiamo scordare che Salvini è solo l’ultimo ministro colpito dal provvedimento di autorizzazione a procedere. In anni passati anche Bettino Craxi, esponente del PSI, anche Silvio Berlusconi, anima della coalizione del centro destra, anche esponenti di sinistra, ad esempio Romano Prodi, furono colpiti da tale provvedimento. Come non ricordare Danis Verdini indagato dai magistrati toscani e simbolo della destra di sempre, prima collaboratore di Silvio Berlusconi e oggi parte integrante della famiglia di Matteo Salvini, che è fidanzato della figlia del grande consigliere della destra.

“Non ci faremo processare” è il grido di battaglia rivolto agli elettori dal segretario della lega. Matteo Salvini chiede solidarietà agli elettori non solo per sé ma anche per i tanti martiri della Lega. Difficile leggere compitamente la realtà. Difficile capire dove è il torto e dove è la ragione. Lo scontro fra giustizia e politica ormai si dipana nella storia Repubblicana. Gli episodi in cui la magistratura ha chiesto l’autorizzazione a procedere per ministri e parlamentari sono veramente tanti. Quello del processo “Open arms” è solo uno dei tanti ricordiamo solo che l’articolo 96 è stato modificato con legge costituzionale del 16 gennaio 1989, per rendere più facile l’azione giudiziaria. Prima per avere l’autorizzazione a procedere di un ministro della repubblica era necessari il pronunciamento del parlamento in seduta comune, esattamente come avviene se si dovesse mettere sotto accusa, come dicono in America l’impicment, il Presidente della Repubblica secondo i dettami dell’articolo 90, 2 comma, della Costituzione Italiana.

Capire cosa sia il meglio per il paese è complesso. Si intersecano questioni Istituzionali, giuridiche e politiche. Indagare un esponente, per giunta di spicco, della politica italiana ha senza dubbio ripercussioni anche nel quotidiano contendersi dell’egemonia elettorale. La Costituzione in ultima analisi si presenta come pietra d’inciampo. È l’esplicitazione di come sia necessario affrontare le questione, anche etiche e morali, senza tirarsi indietro dietro futili schermaglie giuridiche degne di un manzoniano Azzeccagarbugli. Bisogna aver ben chiaro che giudicare penalmente e civilmente l’operato di qualsiasi persona, tanto più di un esponente politico, non spetta né ai comuni cittadini, noi, né ai colleghi dell’indagato, ma solo e unicamente alla magistratura che è sottoposta solo e unicamente alla legge. La Camera, in ottemperanza al rispetto delle garanzie costituzionali, è chiamata solo e unicamente ad appurare se ci sia un Fumus pesecutionis, cioè se il procedimento giudiziario non sia posto su basi assolutamente infondate. Ma dirimere la questione spetta solo al tribunale.  

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