ARTICOLO 87 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“Il presidente della
Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
Può inviare messaggi
alle Camere.
Indice le elezioni
delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la
presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed
emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il «referendum»
popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi previsti
dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i
rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando
occorra, l’autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle
Forze Armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la
legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il consiglio
superiore della magistratura.
Può concedere grazia
e commutare pene.
Conferisce
onorificenze della Repubblica.”
Le prerogative che la Costituzione dà al presidente della
Repubblica sono tante, come si può evincere dalla lettura dell’articolo 87
della Costituzione. A dire il vero non è solo questo ad enunciarle anche
l’articolo 88 dà un importantissimo potere al primo cittadino dello stato,
quello di sciogliere le camere, lo vedremo in seguito. Ma oggi esaminiamo le
funzioni date all’inquilino del colle enunciate nell’articolo 87.
Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e
rappresenta la nazione. È lui il simbolo dell’unità nazionale. Garantisce
l’equilibrio istituzionale, e il funzionamento dell’apparato statuale. I suoi
atti sono volti a garantire l’adeguato funzionamento di tutti gli organi e gli
uffici dello stoa. Bisogna però distinguere quelli che sono gli atti
formalmente e sostanzialmente presidenziali. Gli atti che sono frutto della
volontà dell’inquilino del Quirinale. E quelli che sono atti formalmente
presidenziali, ma sostanzialmente governativi. Questi sono gli atti che sono
voluti e formati dall’esecutivo o dal Presidente del Consiglio, ma che
necessitano della controfirma del presidente della Repubblica, per avere
validità giuridica ed entrare nel nostro ordinamento .
Proviamo a commentare uno per uno i poteri del Presidente
della repubblica.
Quello attribuitogli dal secondo comma dell’articolo 87
della Costituzione è il potere di inviare messaggi alle camere. La dottrina è
concorde sul fatto che deve avere la forma scritta. Il presidente della
Repubblica può pronunciare solo in un caso un discorso orale davanti
all’assemblea legislativa. Quando, appena nominato dal parlamento, pronuncia il
suo discorso d’insediamento / accettazione della Carica davanti al senato e
alla camera in seduta comune. Il Presidente della Repubblica, per rispetto
verso l’organo legislativo e in forza del principio della separazione dei
poteri, non può e non deve mai varcare la soglia di Palazzo Madama e di
Montecitorio. Unica eccezione è il discorso pronunciato dall’allora presidente
della repubblica, Giorgio Napolitano, davanti a senatori e deputati, assisi
insieme, per celebrare i centocinquanta anni dall’unità d’Italia, evento
accaduto nel 2016. Sono stati molti i messaggi presidenziali rivolti alle
camere in questi settanta anni di storia Repubblicana. Spesso sono stati un duro rimprovero ad una
classe politica imbelle e non in grado di affrontare i problemi del paese.
Il quarto comma dell’articolo 87 dà il potere al presidente
della repubblica di autorizzare il governo a presentare disegni di legge alle
camere. Ricordiamo che i disegni di legge sono le proposte di legge fatte dal
governo che dovranno essere approvate dai due rami del parlamento per diventare
norme dello stato. La controfirma del presidente della repubblica a questi atti
sono uno strumento di controllo di legittimità e di osservanza delle regole
procedurali. Ricordiamo che i disegni di legge devono essere approvati dal
Consiglio dei Ministri, se ciò non avviene è bene che il Presidente della
repubblica non li firmi e conseguentemente non li trasmetta alle camere per
essere dibattuti ed approvati.
Il presidente ha un
compito importantissimo. Promulga le leggi. Le leggi, approvate dalle Camere,
per essere valide e avere vis vincolante per tutti i cittadini devono essere
controfirmate dal presidente della Repubblica, il quale, se ha forti dubbi
sulla legittimità costituzionale del testo, può rispedirli alle camere per un
ulteriore deliberazione. Se le Camere approvano il testo per una seconda volta,
il presidente deve firmarlo e quindi promulgarlo, anche se rimanessero ancora
presenti sue perplessità.
Lo stesso ruolo di
sommo controllore della legittimità degli atti il presidente lo esercita quando
deve controfirmare i decreti del governo aventi forza di legge. Deve vagliare
se ci sono i criteri di necessità ed urgenza che autorizzano il governo ad
emanare decreti legge, in base all’articolo 77 secondo comma della
Costituzione.
Il presidente indice i referendum popolari.
Nomina i funzionari
dello stato. A dire il vero questa funzione è governativa, il presidente con la
sua firma è chiamato a garantire la legittimità della nomina. I manager delle
imprese pubbliche, i grandi boiardi di stato, sono di nomina dell’esecutivo, ma
il ruolo di controllore è come sempre importantissimo ed è bene che lo svolga
il presidente della repubblica.
Il presidente della Repubblica ha un ruolo di cerimoniere
nei rapporti con gli stati stranieri. A lui si accreditano gli ambasciatori
delle altre nazioni. Riceve e ospita le rappresentanze diplomatiche. Il
Presidente firma i trattati internazionali, dopo l’autorizzazione del
Parlamento. Sono tutti atti formali, che assumono una importanza fondamentale.
Si sa, nei rapporti fra le nazioni, la forma è sostanza. Spesse volte atti che
sembrano sterili riti stantii, sono strumenti necessari a risolvere anche
ostacoli politici all’apparenza insuperabili. L’ospitalità del Quirinale è
stata fondamentale. A questo proposito ricordiamo il famoso diverbio fra il
Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano. Si tratta di decidere se appoggiare l’attacco alla Libia di
Gheddafi da parte del Presidente Francese Sarkozy. Il Quirinale ha una serie di
studi sul tema. Palazzo Chigi, no. Questo è frutto della diversa caratura delle
due figure istituzionali italiane. Napolitano sempre sensibile alle vicende
politiche internazionali, Berlusconi sempre e solo concentrato sui suoi
interessi economici. L’Italia decide di appoggiare la Francia. Fu una scelta
sbagliata. Berlusconi ha sempre dato la colpa a Napolitano. Era il Presidente
della Repubblica a dover gestire il tutto e non lui. Ovviamente Berlusconi ha
ragione nel dire che l’allora governo in carica era assolutamente impreparato
ad affrontare delicati questioni internazionali. Napolitano doveva dire a
Berlusconi cosa dire e cosa fare per il bene del paese, ma rimane il fatto che
la politica estera è prerogativa del governo e del parlamento non certo del
Presidente della Repubblica, che può fare da falicitatore, al limite, favorendo
il dialogo, ma non si può sostituire a un Presidente del Consiglio anche se
impreparato.
Il presidente della Repubblica ha il comando delle Forze
Armate, anche questa è una carica simbolica, chi comanda l’esercito è il
ministero della difesa e il governo nella sua collegialità.
Il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio supremo
di difesa. Questo organo è istituito per legge. È composto, oltre che
dall’inquilino del Quirinale, anche da presidente del Consiglio, dal ministro
della difesa e dai rappresentati con alto grado dell’esercito. Il compito di
tale consesso è di garantire la sicurezza della nazione in tempo di pace e
tanto più in tempo di guerra. Ha il compito di coordinare le varie azioni
militari anche quelle dislocate all’estero, in base all’autorizzazione
parlamentare. Il presidente dichiara lo stato di guerra che è stato deliberato
dalle Camere.
Il Presidente della Repubblica presiede il massimo organo
collegiale della Magistratura, il Consiglio superiore. Il suo ruolo è
simbolico. È prassi che il Presidente della Repubblica non presieda il
Consiglio della Magistratura, ma affidi questo onere al vicepresidente che è un
membro laico del consiglio, cioè non designato dagli organi di rappresentanza
dei giudici ma designato fra i membri del consiglio nominati dal Parlamento in
seduta comune. L’unico presidente che ha voluto presiedere il Consiglio
Superiore della Magistratura, rompendo la prassi costituzionale, è stato
Francesco Cossiga. Questo atto suscitò grandi polemiche. A dire il vero anche
altri presidenti hanno provato a far sentire la sua voce all’interno del
Consiglio Superiore, ammonendo il consesso a rispettare il suo ruolo
costituzionale di imparzialità e di ligio servizio della patria e delle leggi,
ma non hanno mai messo in discussione il loro ruolo meramente formale di
Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, a differenza di
Francesco Cossiga intenzionato a essere sostanzialmente il presidente del
consiglio superiore e ad esercitare tale ruolo.
Il Presidente, consigliato dal ministero di grazia e
giustizia oltre che dai suoi collaboratori, può concedere la grazia a
condannati e può commutargli la pena. Lo può fare a seguito di una petizione
del reo, che sconta la condanna. Se ritiene che le istanze del prigioniero
siano valide, se ritiene che è giusto che la sua pena cessi o sia ridotta, può
compiere quest’atto di clemenza. È un atto di liberalità proprio. È un atto
formalmente e sostanzialmente presidenziale. Ma è d’obbligo che ci sia la
controfirma del ministro della giustizia in carica che non solo garantisca la validità
dell’atto, ma che si faccia carico della responsabilità politica, giuridica e
istituzionale del gesto di clemenza. È bene ricordarlo. In forza dell’articolo
89 della Costituzione nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se
non controfirmato dal ministro proponente o competente. In forza dell’articolo
90 il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti
nell’esercizio delle sue funzioni. Di conseguenza il ministro competente con la
sua controfirma si assume anche le conseguenze politiche e istituzionali
dell’atto del presidente.
Il presidente conferisce alcune onorificenze della
Repubblica. Quali ad esempio il titolo di Cavaliere. Dà le medaglie al merito
civili e militari. Dà diverse benemerenze per atti compiuti per il bene
superiore della nazione e per atti di generosità ed altruismo. Bisogna
ricordare il titolo di “cavaliere del lavoro” dato a chi si è distinto nel
mondo professionale, portando lustro all’Italia. A questo Punto bisogna
accompagnare una postilla. Silvio Berlusconi è l’uomo più ricco d’Italia. Il
suo lavoro è stato premiato anni addietro conferendogli il titolo di cavaliere
del Lavoro. In seguito a vertenze legali nei suoi confronti si è scoperto che
evadeva il fisco ed occultava diverse risorse finanziarie portandole
all’estero. Il suo titolo è decaduto a seguito della sua condanna definitiva
per reati di evasione fiscale. Berlusconi non ha mai rinunciato a fregiarsi del
titolo di Cavaliere. La sua tesi è che anche fuori della legalità il suo lavoro
è stato operoso e fruttuoso. Non lo si può negare. Berlusconi si è sempre fatto
il portabandiera dei tanti italiani che producono attraverso il lavoro nero, le
azioni volte ad aggirare la legge e a non pagare le tasse. Non c’è dubbio che
tale tesi ha forte consenso nell’elettorato. Anche alle ultime elezioni la
coalizione Forza Italia e Lega è con un solido 35% la prima forza del paese.
Allora cosa fare? Rimanere legati ai valori dello stato di diritto o chiudere
un occhio davanti alle furbizie come
vorrebbero più di un terzo degli Italiani. La domanda è: Berlusconi è cavaliere
malgrado le sue azioni che aggirano il diritto?
Quante cose fa il primo cittadino del nostro stato! Non è
affatto un mero notaio, come asserivano alcuni padri costituenti che avrebbero
preferito una repubblica di tipo presidenziale. Il suo ruolo è fondamentale per
la saldezza dello stato repubblicano. I tanti presidenti che si sono succeduti
dal 1947 ad oggi sono stati spesso di chiara e fulgida levatura morale. Alti,
pochissimi ad onor del vero, si sono macchiati d’infamia. Alcuni sono stati
criticati per il suo fare, diciamo, esuberante fuori dagli schemi. Ricordiamo a
tale proposito due presidenti diversissimi come mentalità e formazione
culturale, Sandro Pertini e Francesco Cossiga. Entrambi capaci di suscitare
forti sentimenti contrastanti fra i cittadini per la loro caparbia convinzione
che è bene che il presidente non taccia
davanti ai mali del paese. Come non ricordare Oscar Luigi Scalfaro, tenace
difensore dei dettami costituzionali e per tale ragione oggetto di insulti di
una parte politica, la destra formata da Lega e Forza Italia. Quando alcuni
anni fa Scalfaro morì fu ancora oggetto di parolacce e improperi da parte dei
sostenitori di Lega e Forza Italia. Malgrado gli anni della sua presidenza
fossero lontani, relegati ad un passato lontano. Sia chiaro il linguaggio
vernacolare è la caratteristica principale della destra. È inevitabile che
senatori e deputati eletti nelle file della destra esprimano con prolacce il
loro pensiero. Quello che suscita attenzione è che a tanti anni dalla presidenza Scalfaro, ancor
oggi esponenti di Forza Italia e Lega sentano il bisogno di esprimere il loro
giudizio su di lui, insultandolo come se fosse un esponente del Movimento
Cinque Stelle oppure della sinistra, segno che le convinzioni di Scalfaro hanno
lasciato un segno