lunedì 28 dicembre 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 


ARTICOLO 87 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.

Può inviare messaggi alle Camere.

Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.

Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

Indice il «referendum» popolare nei casi previsti dalla Costituzione.

Nomina, nei casi previsti dalla legge, i funzionari dello Stato.

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.

Ha il comando delle Forze Armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.

Presiede il consiglio superiore della magistratura.

Può concedere grazia e commutare pene.

Conferisce onorificenze della Repubblica.”

Le prerogative che la Costituzione dà al presidente della Repubblica sono tante, come si può evincere dalla lettura dell’articolo 87 della Costituzione. A dire il vero non è solo questo ad enunciarle anche l’articolo 88 dà un importantissimo potere al primo cittadino dello stato, quello di sciogliere le camere, lo vedremo in seguito. Ma oggi esaminiamo le funzioni date all’inquilino del colle enunciate nell’articolo 87.

Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta la nazione. È lui il simbolo dell’unità nazionale. Garantisce l’equilibrio istituzionale, e il funzionamento dell’apparato statuale. I suoi atti sono volti a garantire l’adeguato funzionamento di tutti gli organi e gli uffici dello stoa. Bisogna però distinguere quelli che sono gli atti formalmente e sostanzialmente presidenziali. Gli atti che sono frutto della volontà dell’inquilino del Quirinale. E quelli che sono atti formalmente presidenziali, ma sostanzialmente governativi. Questi sono gli atti che sono voluti e formati dall’esecutivo o dal Presidente del Consiglio, ma che necessitano della controfirma del presidente della Repubblica, per avere validità giuridica ed entrare nel nostro ordinamento .

Proviamo a commentare uno per uno i poteri del Presidente della repubblica.

Quello attribuitogli dal secondo comma dell’articolo 87 della Costituzione è il potere di inviare messaggi alle camere. La dottrina è concorde sul fatto che deve avere la forma scritta. Il presidente della Repubblica può pronunciare solo in un caso un discorso orale davanti all’assemblea legislativa. Quando, appena nominato dal parlamento, pronuncia il suo discorso d’insediamento / accettazione della Carica davanti al senato e alla camera in seduta comune. Il Presidente della Repubblica, per rispetto verso l’organo legislativo e in forza del principio della separazione dei poteri, non può e non deve mai varcare la soglia di Palazzo Madama e di Montecitorio. Unica eccezione è il discorso pronunciato dall’allora presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, davanti a senatori e deputati, assisi insieme, per celebrare i centocinquanta anni dall’unità d’Italia, evento accaduto nel 2016. Sono stati molti i messaggi presidenziali rivolti alle camere in questi settanta anni di storia Repubblicana.  Spesso sono stati un duro rimprovero ad una classe politica imbelle e non in grado di affrontare i problemi del paese.

Il quarto comma dell’articolo 87 dà il potere al presidente della repubblica di autorizzare il governo a presentare disegni di legge alle camere. Ricordiamo che i disegni di legge sono le proposte di legge fatte dal governo che dovranno essere approvate dai due rami del parlamento per diventare norme dello stato. La controfirma del presidente della repubblica a questi atti sono uno strumento di controllo di legittimità e di osservanza delle regole procedurali. Ricordiamo che i disegni di legge devono essere approvati dal Consiglio dei Ministri, se ciò non avviene è bene che il Presidente della repubblica non li firmi e conseguentemente non li trasmetta alle camere per essere dibattuti ed approvati.

 Il presidente ha un compito importantissimo. Promulga le leggi. Le leggi, approvate dalle Camere, per essere valide e avere vis vincolante per tutti i cittadini devono essere controfirmate dal presidente della Repubblica, il quale, se ha forti dubbi sulla legittimità costituzionale del testo, può rispedirli alle camere per un ulteriore deliberazione. Se le Camere approvano il testo per una seconda volta, il presidente deve firmarlo e quindi promulgarlo, anche se rimanessero ancora presenti sue perplessità.

 Lo stesso ruolo di sommo controllore della legittimità degli atti il presidente lo esercita quando deve controfirmare i decreti del governo aventi forza di legge. Deve vagliare se ci sono i criteri di necessità ed urgenza che autorizzano il governo ad emanare decreti legge, in base all’articolo 77 secondo comma della Costituzione.

Il presidente indice i referendum popolari.

 Nomina i funzionari dello stato. A dire il vero questa funzione è governativa, il presidente con la sua firma è chiamato a garantire la legittimità della nomina. I manager delle imprese pubbliche, i grandi boiardi di stato, sono di nomina dell’esecutivo, ma il ruolo di controllore è come sempre importantissimo ed è bene che lo svolga il presidente della repubblica.

Il presidente della Repubblica ha un ruolo di cerimoniere nei rapporti con gli stati stranieri. A lui si accreditano gli ambasciatori delle altre nazioni. Riceve e ospita le rappresentanze diplomatiche. Il Presidente firma i trattati internazionali, dopo l’autorizzazione del Parlamento. Sono tutti atti formali, che assumono una importanza fondamentale. Si sa, nei rapporti fra le nazioni, la forma è sostanza. Spesse volte atti che sembrano sterili riti stantii, sono strumenti necessari a risolvere anche ostacoli politici all’apparenza insuperabili. L’ospitalità del Quirinale è stata fondamentale. A questo proposito ricordiamo il famoso diverbio fra il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Si tratta di decidere se appoggiare l’attacco alla Libia di Gheddafi da parte del Presidente Francese Sarkozy. Il Quirinale ha una serie di studi sul tema. Palazzo Chigi, no. Questo è frutto della diversa caratura delle due figure istituzionali italiane. Napolitano sempre sensibile alle vicende politiche internazionali, Berlusconi sempre e solo concentrato sui suoi interessi economici. L’Italia decide di appoggiare la Francia. Fu una scelta sbagliata. Berlusconi ha sempre dato la colpa a Napolitano. Era il Presidente della Repubblica a dover gestire il tutto e non lui. Ovviamente Berlusconi ha ragione nel dire che l’allora governo in carica era assolutamente impreparato ad affrontare delicati questioni internazionali. Napolitano doveva dire a Berlusconi cosa dire e cosa fare per il bene del paese, ma rimane il fatto che la politica estera è prerogativa del governo e del parlamento non certo del Presidente della Repubblica, che può fare da falicitatore, al limite, favorendo il dialogo, ma non si può sostituire a un Presidente del Consiglio anche se impreparato.

Il presidente della Repubblica ha il comando delle Forze Armate, anche questa è una carica simbolica, chi comanda l’esercito è il ministero della difesa e il governo nella sua collegialità.

Il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio supremo di difesa. Questo organo è istituito per legge. È composto, oltre che dall’inquilino del Quirinale, anche da presidente del Consiglio, dal ministro della difesa e dai rappresentati con alto grado dell’esercito. Il compito di tale consesso è di garantire la sicurezza della nazione in tempo di pace e tanto più in tempo di guerra. Ha il compito di coordinare le varie azioni militari anche quelle dislocate all’estero, in base all’autorizzazione parlamentare. Il presidente dichiara lo stato di guerra che è stato deliberato dalle Camere.

Il Presidente della Repubblica presiede il massimo organo collegiale della Magistratura, il Consiglio superiore. Il suo ruolo è simbolico. È prassi che il Presidente della Repubblica non presieda il Consiglio della Magistratura, ma affidi questo onere al vicepresidente che è un membro laico del consiglio, cioè non designato dagli organi di rappresentanza dei giudici ma designato fra i membri del consiglio nominati dal Parlamento in seduta comune. L’unico presidente che ha voluto presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura, rompendo la prassi costituzionale, è stato Francesco Cossiga. Questo atto suscitò grandi polemiche. A dire il vero anche altri presidenti hanno provato a far sentire la sua voce all’interno del Consiglio Superiore, ammonendo il consesso a rispettare il suo ruolo costituzionale di imparzialità e di ligio servizio della patria e delle leggi, ma non hanno mai messo in discussione il loro ruolo meramente formale di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, a differenza di Francesco Cossiga intenzionato a essere sostanzialmente il presidente del consiglio superiore e ad esercitare tale ruolo.

Il Presidente, consigliato dal ministero di grazia e giustizia oltre che dai suoi collaboratori, può concedere la grazia a condannati e può commutargli la pena. Lo può fare a seguito di una petizione del reo, che sconta la condanna. Se ritiene che le istanze del prigioniero siano valide, se ritiene che è giusto che la sua pena cessi o sia ridotta, può compiere quest’atto di clemenza. È un atto di liberalità proprio. È un atto formalmente e sostanzialmente presidenziale. Ma è d’obbligo che ci sia la controfirma del ministro della giustizia in carica che non solo garantisca la validità dell’atto, ma che si faccia carico della responsabilità politica, giuridica e istituzionale del gesto di clemenza. È bene ricordarlo. In forza dell’articolo 89 della Costituzione nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non controfirmato dal ministro proponente o competente. In forza dell’articolo 90 il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni. Di conseguenza il ministro competente con la sua controfirma si assume anche le conseguenze politiche e istituzionali dell’atto del presidente.

Il presidente conferisce alcune onorificenze della Repubblica. Quali ad esempio il titolo di Cavaliere. Dà le medaglie al merito civili e militari. Dà diverse benemerenze per atti compiuti per il bene superiore della nazione e per atti di generosità ed altruismo. Bisogna ricordare il titolo di “cavaliere del lavoro” dato a chi si è distinto nel mondo professionale, portando lustro all’Italia. A questo Punto bisogna accompagnare una postilla. Silvio Berlusconi è l’uomo più ricco d’Italia. Il suo lavoro è stato premiato anni addietro conferendogli il titolo di cavaliere del Lavoro. In seguito a vertenze legali nei suoi confronti si è scoperto che evadeva il fisco ed occultava diverse risorse finanziarie portandole all’estero. Il suo titolo è decaduto a seguito della sua condanna definitiva per reati di evasione fiscale. Berlusconi non ha mai rinunciato a fregiarsi del titolo di Cavaliere. La sua tesi è che anche fuori della legalità il suo lavoro è stato operoso e fruttuoso. Non lo si può negare. Berlusconi si è sempre fatto il portabandiera dei tanti italiani che producono attraverso il lavoro nero, le azioni volte ad aggirare la legge e a non pagare le tasse. Non c’è dubbio che tale tesi ha forte consenso nell’elettorato. Anche alle ultime elezioni la coalizione Forza Italia e Lega è con un solido 35% la prima forza del paese. Allora cosa fare? Rimanere legati ai valori dello stato di diritto o chiudere un  occhio davanti alle furbizie come vorrebbero più di un terzo degli Italiani. La domanda è: Berlusconi è cavaliere malgrado le sue azioni che aggirano il diritto?

Quante cose fa il primo cittadino del nostro stato! Non è affatto un mero notaio, come asserivano alcuni padri costituenti che avrebbero preferito una repubblica di tipo presidenziale. Il suo ruolo è fondamentale per la saldezza dello stato repubblicano. I tanti presidenti che si sono succeduti dal 1947 ad oggi sono stati spesso di chiara e fulgida levatura morale. Alti, pochissimi ad onor del vero, si sono macchiati d’infamia. Alcuni sono stati criticati per il suo fare, diciamo, esuberante fuori dagli schemi. Ricordiamo a tale proposito due presidenti diversissimi come mentalità e formazione culturale, Sandro Pertini e Francesco Cossiga. Entrambi capaci di suscitare forti sentimenti contrastanti fra i cittadini per la loro caparbia convinzione che è bene che il presidente non taccia  davanti ai mali del paese. Come non ricordare Oscar Luigi Scalfaro, tenace difensore dei dettami costituzionali e per tale ragione oggetto di insulti di una parte politica, la destra formata da Lega e Forza Italia. Quando alcuni anni fa Scalfaro morì fu ancora oggetto di parolacce e improperi da parte dei sostenitori di Lega e Forza Italia. Malgrado gli anni della sua presidenza fossero lontani, relegati ad un passato lontano. Sia chiaro il linguaggio vernacolare è la caratteristica principale della destra. È inevitabile che senatori e deputati eletti nelle file della destra esprimano con prolacce il loro pensiero. Quello che suscita attenzione è che  a tanti anni dalla presidenza Scalfaro, ancor oggi esponenti di Forza Italia e Lega sentano il bisogno di esprimere il loro giudizio su di lui, insultandolo come se fosse un esponente del Movimento Cinque Stelle oppure della sinistra, segno che le convinzioni di Scalfaro hanno lasciato un segno

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