giovedì 31 dicembre 2020

FINE 2020, TEMPO DI BILANCI

 


L’ANNO CONCLUSO

Oggi è il 31 dicembre 2020. Da sempre questo giorno è dedicato al rimembrare. Non è casuale da parte mia l’utilizzo di questo verbo al posto di ricordare. “Rimembrare” è il termine caro a Giacomo Leopardi. Il poeta di Recanati utilizza questo vocabolo per indicare uno status della mente che è allo stesso tempo di gioia e di tristezza. È la melanconia. Cioè un misto fra compiacimento e rammarico di fronte ad avvenimenti, ad amicizie, ad incontri avvenuti nel passato recente o remoto  di una persona. Forse mai come quest’anno per il nostro paese il dolore è diventato un sentimento collettivo. Di conseguenza anche la rimembranza è diventata un sentimento ed un esperienza collettiva. I nostri nonni che hanno vissuto la seconda guerra mondiale possono ben sentire cosa questo sentimento voglia dire, e come possa devastare il cuore e la mente delle persone o, al contrario, rinfrancarlo a seconda dello stato d’animo e della prontezza psicologica di ciascuno. Rimembrare vuol dire ripercorrere la propria vita. Riguardare i momenti che l’hanno caratterizzata. Abbracciare ed accarezzare una persona cara che purtroppo non c’è più. Rimembrare vuol dire modulare le passioni, sedimentarle, tramutarle da atti istintivi a ragionamenti raffinati. Ad esempio pensare all’amore per il proprio compagno o compagna, vuol dire saper tramutare l’amore e l’affetto in stima profonda verso l’altro. Vuol dire saper apprezzare il lavoro, l’impegno la dedizione dei propri figli, dei propri genitori, dei propri parenti, non dandoli per scontati ma sapendo cogliere come questi atti degli altri abbiano saputo trasformare in meglio la nostra vita.

Questo è un anno difficile. Il 2020 sarà ricordato come l’anno della pandemia. L’anno in cui tanti, troppi, hanno perso la vita. L’anno in cui sono state messe in discussione tutte le certezze sociali che sembrava acquisite.  Andare in giro per strada, andare a far compere, incontrare gente, andare a prendere un caffè dopo l’anno che sta finendo non potranno essere considerati un gesti scontati. Tutti ciò che prima era “normalità”, oggi appare un premio da agognare. Questo è stato un dolore. Questo è stato una ferita che ha lacerato l’anima di ognuno di noi. Il pianto per la morte di un caro è diventato un lutto collettivo, perché colpiva tutte le famiglie. In questo anno appena trascorso si è fatto tangibile, ciò che in realtà è vero da sempre, il dolore è una condanna e una sofferenza di tutti. Si è tornati ai tempi delle pestilenze, in cui la morte era presente nella quotidianità di ognuno e non in quella di pochi, come invece siamo abituati.

Allora che dire di quest’anno concluso? Ce passi e che il nuovo sia completamente diverso, più felice. È questa la risposta più naturale ed ovvia alla domanda che ci poniamo oggi. Ma non dimentichiamo. Rimembriamo, Come direbbe Leopardi. Facciamo nostri i lutti e le sofferenze vissute. Guardiamo le stelle, il domani che ci auguriamo sereno, avendo presente i lutti dell’oggi, come fa “Il pastore errante dell’Asia” della poesia leopardiana. Non per perderci nel pessimismo universale, ma per cogliere il valore di essere ancora vivi, di avere ancora tante cose da condividere con chi ci sta vicino e sperare veramente in un cambiamento migliore. E diamine! Abbiamo tanto da dare in dote al futuro che verrà. Abbiamo le esperienze passate, abbiamo il ricordo dei nostri cari, i consigli di chi ci ha voluto bene, le romanzine di chi ci voleva rizzare la schiena tutte cose da custodire, da rimembrare, per affrontare il futuro che ci aspetta. Buona fine anno, buon anno che verrà.

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