martedì 29 settembre 2020

EMERGENZA ED EUROPA

 


IL FUTURO DEL VECCHIO CONTINENTE

L’Europa ormai da tempo si trova davanti a un bivio. Le nazioni del Vecchio Continente devono scegliere se continuare una politica di integrazione, cominciata all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, o arrestare questo complesso processo. Parafrasando un termine dell’école de la nouvelle histoire française ci troviamo di fronte a un fenomeno di “Lunga durata” che per compiersi nei decenni  deve affrontare eventi immediati e repentini che si manifestano quasi come uragani a modificare il “paesaggio” che si compie in una lenta e costante costruzione. Eventi certo circoscritti nel tempo e di vibrante potenza storica, ma non certo da considerarsi imprevedibili e casuali.

Appare non azzardato considerare il fenomeno migratorio e la pandemia legata al  Corona Virus due fenomeni di rottura storica che mettono in discussione le fondamenta stesse dell’Unione Europea. Due fenomeni accidentali e circoscritti nel tempo che pongono le promesse per un cambio del processo costruttivo dello stato federale che dovrebbe unire i popoli che in passato si sono visti contrapposti in guerre e competizioni finanziarie ed economiche. La risposta a due emergenze, come oggettivamente sono da considerarsi una malattia pandemica e l’arrivo di un numero consistente di genti da altri continenti, non può attendere i tempi lunghi della storia. Occorrono scelte politiche decise e poderose. Non a caso la governance europea sta approntando politiche di sussidio e di supporto economico ai paesi più colpiti dal Corona Virus e sta provando a dare risposte comuni al fenomeno migratorio che richiede al contempo politiche di accoglienza e di rimpatrio delle persone che non possono poggiare la propria richiesta di vivere nel nostro continente su basi concrete di emergenza e messa in discussione della propria esistenza.

Allora non rimane che provare a chiederci come sarà possibile trovare una voce unitaria dell’Europa davanti alle emergenze del presente. Tutto il nostro tempo appare come uno specchio infranto. Quello che doveva rispecchiare un’immagine chiara, una visione comune del domani, appare come una serie di cocci che riverberano solo una parte della realtà, dando ad essa non un immagine chiara e vivida, ma deformata fino a farla diventare mostruosa. Riusciranno i nostri governanti a costruire un progetto comune, una visione del mondo condivisa, che permetterà di costruire una politica comune europea? È a questa domanda che è necessario dare una risposta. È questo il tassello necessario per proseguire il progetto “di lunga durata” che dovrebbe portarci a una piena integrazione delle istituzioni e delle culture che compongono il nostro continente. Solo affrontando insieme e emergenze, potremmo costruire un futuro realmente fondato sulla convivenza di centinaia di milioni di persone. Bisogna essere coscienti che quello che succede a Lesbo non riguarda solo i migranti che stanno nella piccola isola dell’egeo, non riguarda gli abitanti di quell’atollo fra Asia e Europa, non riguarda solo lo stato Greco, ma riguarda ognuno di noi. Noi in Italia, in questi giorni, stiamo assistendo alla celebrazione del processo legato allo sbarco dei migranti dell’Open arms, la nave carica di migranti che fu fermata davanti al porto di Catania. Imputato è l’allora ministro dell’interno, Matteo Salvini. L’accusa è di avere costretto per troppo tempo all’agghiaccio donne, bambini e uomini. Tutto avveniva nelle noti del 2019. Ma non è difficile, pur piangendo per la sorte di innocenti, non comprendere la difesa del senatore Salvini. Anche lui, come oggi il governo greco, si trovava di fronte a un fenomeno irruente e imprevedibile. Salvini dal giorno all’altro si trovò a fronteggiare una crisi umanitaria, lui che era solito ritrovarsi fra amici e sostenitori al “Papete”, mitica spiaggia della costiera Adriatica ove si incrociano uomini e donne della Lega. Stessa sorte, funesta, accade oggi al leader di sinistra della Spagna, Pedro Sanchez, alle prese con il Corona Virus che sta mietendo troppe vittime nella sua nazione. Grecia, Spagna ed Italia dimostrano che i singoli stati non possono rispondere da soli all’emergenza. I fenomeni irruenti e imprevisti devono essere sprone all’unità.

Bisogna costruire un progetto comune Europeo. Bisogna che tutti ed ognuno si sentano parte di una comunità di persone che vogliono, oltre che devono, vivere insieme. Nessuno stato deve più essere solo. Bisogna aprire un simposio che permetta di porre le basi a un concreto progetto comune che permetta di affrontare ogni singola emergenza. Il modo per arrivare al progetto di “lunga durata” dello Stato Federale Europeo è affrontare insieme le emergenze, gli eventi di accidentale rottura della continuità istituzionale europea. Affinché questi non diventino motivo di messa in discussione del progetto finale, ma al contrario siano risolti al meglio proprio grazie alla solidarietà europea.

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