TALENTI
Mi viene in mente la parabola evangelica dei “Talenti”. La ricordate tutti. Il Signore del luogo deve partire per un lungo viaggio. Deve abbandonare i suoi possedimenti per un dato periodo. Dà ai propri servi dei talenti, dei soldi, che questi saranno chiamati a gestire. Il capo del maniero al suo ritorno costata che alcuni sono riusciti a far fruttare ciò che gli aveva concesso, e li loda, altri no, questi hanno conservato i sodi dati senza investirli. Di conseguenza, pur restituendo al padrone il denaro a loro dato in precedenza, vengono condannati quali traditori del legame di servizio fra loro e il padrone, e banditi per sempre. Ora i talenti sono da intendere le capacità che ognuno ha di essere migliore, il fallimento è non riuscire a diventare uomo o donna dabbene, o meglio bella dentro.
Come leggere quella parabola evangelica oggi? Quale senso darvi per poterla utilizzare quale strumento di crescita intellettuale della vita di ognuno e della intera società? Le risposte a tali domande possono e devono essere plurime. Ognuno di noi è chiamato a dare il suo prezioso contributo per rendere la società più bella, più giusta e, soprattutto, meglio vivibile per tutti. Ognuno di noi deve far fruttare il proprio talento per il bene comune. Come imparare a farlo? Come rendere le proprie potenzialità capacità al servizio del bene comune? Lo stato e la comunità ha uno strumento prezioso per far fruttare i talenti d’ognuno: la scuola. Attraverso l’istituzione scolastica ognuno di noi da bambino è stato messo alla prova e ha provato a scoprire il proprio talento che diverrà facitore di frutti al momento della maturità fisica ed intellettuale.
Oggi, al tempo del Corona Virus, la scuola è chiamata ad
affrontare una ulteriore sfida. Deve riuscire a far suscitare i talenti di
ognuno, secondo i precetti della maieutica socratica, ma in una situazione
assolutamente eccezionale. Lo deve fare garantendo la salute di discenti e
docenti. Nessuno deve ammalarsi, pur continuando l’opera di apprendimento.
Facile a dirsi, ben più difficile a farsi. Da marzo le scuole, intese come
edifici, sono rimaste chiuse. Ma la scuola, intesa come palestra di
apprendimento, è rimasta aperta. Le classi si sono incontrate virtualmente,
come si dice nel linguaggio della rete informatica. Cioè i maestri, le maestre,
gli alunni e le alunne hanno comunicato attraverso un network informatico
approntato dal ministero dell’istruzione. Solo gli alunni dell’ultimo anno
della scuola superiore hanno frequentato le aule scolastiche per affrontare
solamente la fatidica e importantissima prova degli esami di stato, fra l’altro
superata brillantemente dalla stragrande maggioranza di loro. Bravi! Da fine settembre
si cambia, o meglio si torna alla normalità. Coloro che devono recuperare delle
lacune di apprendimento già oggi sono nelle aule, aiutati dai loro insegnanti.
Intorno al 20 settembre tutti i ragazzi saranno nelle scuole per far fruttare
il proprio talento, il dono ricevuto che deve sbocciare proprio come un fiore
grazie al loro lavoro. La sfida è immane. Come Prometeo sfidò la volontà degli
dei dell’Olimpo, per portare il fuoco all’uomo, così i piccoli cercatori di
conoscenza devono sfidare il virus per abbeverarsi alle fonti del sapere.
Bisogna riuscire a rendere fattibile un grande progetto: rendere la scuola di
nuovo aperta a tutti, ma allo stesso tempo in sicurezza, senza che nessuno
corra pericoli di infettarsi. Ci dobbiamo riuscire. Dobbiamo evitare quello che
è successo nei mesi scorsi. Bisogna cominciare a vivere anche la scuola, in
sicurezza. Bisogna far fruttare i talenti dei nostri ragazzi.
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