domenica 20 settembre 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE

 


ARTICOLO 73 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione.

Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da esso stabilito.

Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro promulgazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso”.

Dopo che una proposta o un disegno di legge è stato votato e approvato dalle due Camere, per diventare norma vincolante per tutti i cittadini, deve essere promulgata dal presidente della Repubblica. Il primo cittadino dello stato pone un visto, mette la sua firma, sull’atto normativo. È un modo per controllare che la legge nascente sia rispettosa nella forma e nella sostanza ai dettami costituzionali. L’articolo 73 della Costituzione dà all’inquilino del Quirinale l’arduo compito di vigilare che la norma nascente non incrini gli equilibri istituzionali e non sia contrario alla Legge Fondamentale dello Stato. Il Presidente della Repubblica è vincolato temporalmente. La promulgazione non può attendere oltre un mese dall’approvazione delle Camere del testo normativo. Ciascuna Camera a maggioranza assoluta dei propri membri può dichiarare l’urgenza della legge, di conseguenza la nuova norma è promulgata, quindi entra in vigore, nel termine perentorio stabilito dalle assemblee deliberanti. L’a formula della promulgazione è prevista dal’articolo 1 del Decreto del Presidente della Repubblica 1092 del 1985 (testo unico delle disposizioni sulla pubblicazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica Italiana). La promulgazione delle leggi, secondo il d.p.r. su citato, deve avvenire per decreto del presidente della repubblica. Con la promulgazione il Capo dello Stato costata e garantisce che la legge è stata approvata dalle due assemblee parlamentari. Ordina la sua pubblicazione, dopo che il Guardasigilli(ministro della giustizia) ha posto il suo visto e iscrive nel decreto di promulgazione la formula perentoria: è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello stato. Il presidente della repubblica può rifiutarsi di promulgare una legge. Può compiere questo gesto di ripulsa se ritiene che l’atto normativo sia contrario alla Costituzione e sia un gravissimo nocumento alla stessa esistenza della Repubblica. Può rimandare la norma alle Camere, con messaggio motivato. Deve spiegare le ragioni del suo gran rifiuto. Spesse volte il Presidente si è rifiutato di firmare una legge e di promulgarla, perché ha ritenuto che violasse l’articolo 81 della Costituzione, cioè ha ritenuto che il parlamento non avesse rispettato l’obbligo di copertura finanziaria. Ma ci sono stati rinvii alle Camere che hanno riguardato altre violazioni costituzionali. Il presidente della Repubblica Francesco Cossiga rinviò, negli anni ’90 del secolo scorso, una legge sull’obiezione di coscienza. La Legge regolamentava le modalità di servizio allo stato alternative alla leva militare. Il presidente censurò la norma ritenendola incongruente ai principi sanciti dall’articolo 52 della Costituzione, che sancisce l’obbligo di ogni cittadino di compiere il servizio militare. Il rinvio avvenne in concomitanza delle ultimi fasi della legislatura. Il Parlamento si dovette riunire in maniera eccezionale per riapprovare la legge respinta dall’inquilino del colle. Questo fu necessario per evitare che la mancata firma del presidente fosse di fatto equivalente a un veto. Il nostro capo dello stato non può e non deve impedire che una legge sia approvata, non può imporre un veto come è d’uopo fare il presidente degli Stati Uniti. Il rinvio alle camere è una richiesta di un più approfondito dibattito da parte delle Camere, non è una censura. In caso di riapprovazione delle Camere della proposta di legge in seconda lettura il Presidente della Repubblica deve tassativamente promulgare la legge, a meno che questa non leda in maniera lampante le basi fondamentali del nostro stato, insomma non basta che sia incostituzionale ma deve essere eversiva, producente di effetti distruttivi per la Repubblica,in tal caso si può rifiutare anche la seconda volta di promulgarla ma questo è un caso da ritenersi solo di scuola. Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione. È il terzo comma dell’articolo 73 ad imporlo. La pubblicazione della legge è curata dal ministro della giustizia, come afferma il Decreto del Presidente della Repubblica 1092 dell’anno 1985. La Pubblicazione avviene per mezzo della Gazzetta Ufficiale. La Norma viene inserita anche nella Raccolta Ufficiale degli Atti Normativi della Repubblica, un enorme archivio cartaceo che conserva tutti gli atti normativi dello stato. La legge viene numerata e indicata in base all’anno in cui è stata promulgata dal presidente della repubblica. Questo è un modo per chiarificare il tempo in cui è entrata a far parte dell’ordinamento giuridico italiano. Le leggi inserite con numero superiore saranno dichiarate posteriori alla legge stessa, quelle inserite con numero inferiore invece sono considerate antecedenti. Questa scelta è importante. Infatti una legge può modificare una norma di pari grado anteriore. Se due norme sono in contrasto, ha prevalenza quella entrata a far parte dell’ordinamento giuridico più tardi. Appare lampante quindi che stabilire il giorno della pubblicazione di una norma è importantissimo. Altra cosa è l’entrata in vigore. È norma generale che una legge sia vincolante erga omnes, per tutti, il quindicesimo giorno dopo la sua pubblicazione. È l’articolo 73 ultimo comma della Costituzione a stabilirlo. È una norma generale che disciplina l’entrata in vigore della legge. Però il Parlamento può stabilire deroghe a questo principio. Può anticipare l’entrata in vigore di una norma, fino ad azzerare i tempi di effettività normativa. Questo avviene ad esempio per gli aumenti delle accise. La legge per evitare pericolose speculazioni, fa entrare immediatamente in vigore gli aumenti di benzina, sigarette o di altri prodotti sottoposti a tassazione immediatamente, al momento della promulgazione del decreto. Vi sono casi in cui la legge allunga i tempi di entrata in vigore di un testo di legge, ben al di là dei quindici giorni. Questo avviene soprattutto se la legge necessita di una serie di adeguamenti amministrativi per essere applicata. Ad esempio le norme che hanno bisogno di un regolamento attuativo, che hanno bisogno di testi di attuazione spesso hanno necessità di tempi lunghi per essere pienamente operanti ed entrare in vigore. Esempio è la norma sul cosiddetto “testamento biologico”, approvata nella scorsa legislatura. La legge dà la possibilità di scegliere quali cure seguire, in caso di malattia cronica e irreversibile. Dà la possibilità al singolo cittadino di scegliere, quando si sta bene, se in caso di malattia che conduce irrimediabilmente alla morte, i medici devono continuare a mantenere il soggetto in stato vegetativo, “attaccato a un respiratore”, od accompagnarlo al sonno senza ulteriori sofferenze. Bene questa legge necessita di regolamenti attuativi che istituiscano banche dati, che riescano anche a tutelare la privacy, e un sistema di sportelli pubblici che facilitino le scelte dei cittadini. Una legge con un iter applicativo così complesso necessita di tempi più lunghi. Insomma una legge per entrare in vigore necessita di strumenti tecnico amministrativi che necessitano un ulteriore tempo di “vacanza”, come si dice in gergo il lasso di tempo fra la promulgazione della legge e la sua effettiva entrata in vigore. Insomma è compito del Parlamento stabilire i tempi e i modi di applicazione delle leggi che lui stesso ha votato. È bene che il testo normativo, come afferma la costituzione, contenga le modalità e le linee generali volte alla sua attuazione

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