ARTICOLO 81 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“Lo Stato assicura
l’equilibrio fra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto
delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso
all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del
ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza
assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
Ogni legge che
importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.
Le Camere ogni anno
approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentato dal
Governo.
L’esercizio
provvisori del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi
non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della
legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare
l’equilibrio fra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del
debito complesso delle Pubbliche Amministrazioni sono stabiliti con legge
approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel
rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”.
L’articolo 81 della Costituzione è stato modificato in maniera rilevante dalla legge costituzionale del 8 maggio 2012. Questa ha introdotto il cosiddetto “pareggio di bilancio”. L’articolo 81 tratta delle modalità in cui il parlamento autorizza entrate e spese pubbliche attraverso la legge di bilancio. A seguito della riforma la Costituzione impone che non vi possa essere un divario fra entrate e uscite annuali. In base all’articolo 81 della Costituzione novellato è vietato l’indebitamento per partite finanziarie. Insomma se vi sono spese, al netto degli interessi sul debito, debbono avere adeguata copertura. L’indebitamento è permesso alle regioni e agli enti locali solo per investimenti pluriennali soggetti ad ammortamento, cioè con garanzia che il debito venga estinto in un preciso arco di tempo. Insomma l’Italia intende avere un virtuoso rapporto con il proprio bilancio. Vuole che le spese siano adeguatamente coperte da entrate. È una scelta fatta dal ministro delle finanze del IV Governo Berlusconi, Giulio Tremonti. L’esponente politico volle riformare le leggi italiane adattandole alle normative europee di bilancio. Una scelta coraggiosa che non fu premiata dalle forze politiche che di lì a poco fecero cadere l’esecutivo. Giulio Tremonti ebbe l’appoggio morale e politico solo di Matteo Salvini, allora neosegretario della Lega, che lo volle candidare nelle fila del suo partito in segno di profonda stima verso una persona che aveva dimostrato la volontà di conformarsi ai dettami dell’Unione Europea. È importante notare che l’articolo 81 della Costituzione non impone una rigidità assoluta. Consente un incremento delle spese, ci pare, in caso di avverse fasi del ciclo economico. Almeno alla luce del primo comma, non appare azzardata tale interpretazione. La definizione generica di “avversità economiche” potrebbe indurre il parlamento e il governo a utilizzare la spesa pubblica come volano per la crescita, attuando le teorie keneisiane. Certo l’enorme debito pubblico che grava sulle nostre finanze inviterebbe alla prudenza. In questi anni, invece di diminuire, il nostro disavanzo pubblico si è accresciuto. Ciò è avvenuto malgrado le promesse dei governi a guida Partito Democratico di ridurre fortemente il debito. Insomma alla luce degli avvenimenti succedutisi dall’inizio del XXI secolo, i governi di destra e di sinistra hanno deluso sia le attese di crescita economica sia le prospettive di riduzione del debito. Un fallimento a cui hanno contribuito anche gli ingenti sprechi e gli scandali finanziari. Ricordiamo il crac di Bancaetruria, che ha coinvolto direttamente esponenti del PD, e il crac degli istituti di credito veneti e lombardi che hanno coinvolto direttamente la Lega. È ora di cambiare. È ora di pensare al bene dei cittadini, andando al di là degli interessi contingenti dei singoli partiti. È bene che non si sprechi denaro pubblico. È bene che il Parlamento ponderi con accuratezza i disegni di legge di Bilancio proposti dal governo, prima di approvarli. È il caso che non si utilizzino più le manovre finanziarie, le leggi dello stato che introducono nuove spese, per accontentare interessi di parte più o meno legittimi. È il tempo che l’Italia abbia una politica che pensi solo all’interesse generale. È difficile dire se la riforma che impone il pareggio di bilancio abbia effetti realmente benefici. Da una parte è necessario ridurre il debito pubblico che costringe il nostro paese a sottrarre risorse ingenti ad investimenti e a infrastrutture pubbliche per pagare interessi accumulati in decenni. Allo stesso tempo è opportuno pensare di dare la possibilità a Comuni, province e Regioni di compiere opere di ristrutturazione e mantenimento del territorio necessarie, ma che vengono bloccate dai vincoli imposti ai bilanci locali. La Legge di Bilancio è una fonte normativa fondamentale. Come fosse un’impresa lo stato deve dar conto del proprio stato finanziario. Deve guardarsi allo specchio, vedere quali sono le sue entrate e le sue uscite. Ogni settore della Pubblica Amministrazione deve rendicontare il suo operato finanziario. Fra i capitoli del bilancio ci sono le spese per la sanità, per le forze armate, per il funzionamento dei servizi pubblici. Sono settori dello stato che sono importantissimi per l’intera cittadinanza. È bene che il governo, come dice l’articolo 81, debba rendere conto alle Camere e al paese del proprio operato. La crisi economica che attanaglia l’Italia sembra un cappio al collo che soffoca il futuro di milioni di persone, è compito dello stato provare a dare risposte adeguate alle domande di coloro che non vedono nel domani prospettive migliori. La finanza Pubblica deve occuparsi di queste persone. Deve occuparsi di tutti i cittadini, garantendogli servizi adeguati, proteggendo il loro diritto alla salute, alla famiglia, alla sicurezza, in sostanza a vivere una vita dignitosa. I bilanci economici sono meri numeri, sterili diagrammi e partite doppie, che servono a celare inganni e ruberie, se non hanno in sé quella tensione politica al bene comune e al bene generale. I soldi dello stato devono servire a dare un posto a chi non l’ha, favorendo investimenti che incrementino il pil (Prodotto Interno Lordo). I soldi dello stato devono garantire la salute e il benessere generale, adempiendo ai dettami dell’articolo 32. I soldi dello stato devono garantire l’istruzione e la formazione dei piccoli come dice l’articolo 32. I soldi dello stato devono garantire la formazione professionale dei lavoratori, come dice l’articolo 35. Spulciando la Costituzione si può evincere che sono tantissimi gli ambiti in cui la spesa pubblica va fatta e porta beneficio. È invece sotto gli occhi di tutto quanto la Pubblica Amministrazione spreca in soldi ed energie. È tempo di cambiare. È tempo di far rinascere il paese con una finanza pubblica trasparente ed onesta.
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