martedì 6 ottobre 2020

UNA SALUTO ALLA PRESIDENTE DELL'ANPI

 


CIAO CARLA

Carla Nespolo era nata nel 1943. Era una bimba durante la seconda guerra mondiale. Era stata eletta nel 2007 presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani (ANPI). Non era stata una staffetta, non era stata una combattente durante la seconda guerra mondiale, non poteva esserlo. La sua ragione di vita era quella di contribuire a rendere conosciti e vissuti di tutti quei valori di libertà e giustizia che erano propri del movimento di liberazione partigiana. Se ne è andata ieri, 05/10/2020, dopo aver speso l’intera sua esistenza a difendere con la parola e con l’azione pacifica, quei principi che i nostri padri hanno difeso con le armi.

Difficile trovare le ragioni profonde che rendono ancora importante l’azione dell’AMPI. O meglio. È difficile non trovarle nel proprio cuore e cervello, ma esplicitarle. Troppo spesso i pregiudizi verso l’altro, l’avversione per il diverso, sono diventati il fondamento stesso dell’azione politica. Per questo motivo appare “difficile” spiegare le ragioni di un’associazione partigiani che in realtà vuole dimostrare l’opposto, cioè che è giusto lottare, e finanche uccidere, per difende il principio di eguaglianza fra tutti gli uomini. Per questi Carla spendeva il proprio tempo raccontando la storia. Il suo scopo era fare da monito, affinché gli incubi del passato non si presentassero. Bisogna essere capaci di discernere. Bisogna imparare a capire. Bisogna fare luce sui tempi trascorsi, affinché i mostri del passano non si manifestino ancora. È questo il senso dell’azione di Carla Nespolo, è questa la staffetta che ci passa ora che saluta il mondo.

Dobbiamo essere capaci di costruire una società plurale ed accogliente. Gli steccati, le barriere devono essere superate. Il dialogo, e non lo scontro, devono essere il fondamento del nostro vivere sociale. Non ci devono essere più divisioni per “razze”, orrendo termine che ha radici millenarie ma che è stato reso arma di oppressione tremenda dal fascismo e nazismo. Le paurose leggi razziali del 1936 non devono più esserci. I Lager, le deportazioni, i dolori inferti ai “diversi”, che in realtà erano solo i meno difesi, devono essere per noi motivo di orrore. Ecco cosa vuol dire oggi essere antifascisti. Vuol dire non credere nella nostra superiorità contrapposta alla loro inferiorità. Anzi vuol dire superare e cancellare il concetto dicotomico e dialettico di “Noi e Voi”, per costruire un “essere insieme” che ponga le basi per una società inclusiva e, vivaddio, felice.

Noi dobbiamo cambiare, noi dobbiamo essere meglio di ciò che siamo. L’esempio di Carla Nespolo, l’esempio di coloro, che pur nella dialettica del pensiero, riescono a costruire una base condivisa di costruzione sociale, ci deve essere da sprone. Ciao partigiana, non sui monti, ma sulle morbide colline delle idee di giustizia.

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