NOTE A MARGINE DELL’ARTICOLO 79 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“L’amnistia e l’indulto
sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti
di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale.
La Legge che concede
l’amnistia e l’indulto stabilisce il termine per la loro applicazione-
In ogni caso l’amnistia
e l’indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla
presentazione del disegno di legge”.
Sia l’amnistia che l’indulto sono atti di clemenza. Lo Stato, la Repubblica, concede il perdono a persone colpevoli di reati che conducono alla prigione. È quindi una scelta di bontà verso persone che hanno avuto un comportamento tale da violare le leggi dello stato, soprattutto quelle di natura penale. L’amnistia estingue il reato, quasi che non fosse mai stato compiuto. L’indulto estingue solo la pena, cioè la punizione che l’ordinamento statuale infligge al reo.
Alla luce di queste considerazioni appare chiaro che concedere l’amnistia e l’indulto è un atto di estrema rilevanza politica e sociale. Vuol dire che la repubblica offre la possibilità di ritornare alla vita libera e pubblica a soggetti che non abbiano ancora scontato il fio della colpa che hanno commesso. È un atto che impone una scelta ponderata e, fondamentalmente, condivisa dall’intera comunità. Per questo motivo la Costituzione impone una maggioranza qualificata, i due terzi dei componenti di ciascuna camera, per approvare la Legge che concede queste due forme di grazia.
Ricordiamo che perfino la Costituzione può essere modificata con un numero inferiore di consensi dei parlamentari. Le Leggi Costituzionali, lo ricordiamo, a norma dell’articolo 138 della Costituzione possono essere approvata con la maggioranza assoluta dei componenti delle Camere, nella seconda lettura del disegno di legge. Insomma un numero inferiore rispetto a quello necessario per approvare le leggi di amnistia ed indulto. Perché? La prima risposta è che in caso di approvazione di una riforma Costituzionale con la semplice maggioranza assoluta dei componenti delle camere, e non con i due terzi, si concede a un numero qualificato di deputati, cittadini o istituzioni regionali di chiedere un referendum confermativo della riforma, invece per l’indulto e l’amnistia ciò non è previsto, in più, è d’uopo sottolinearlo, l’articolo 75 della Costituzione Italiana non ammette che il referendum abrogativo di leggi ordinarie sia strumento per abrogare l’indulto e l’amnistia. Come dire se la legge in questione è stata approvata dalle camere e firmata dal presidente della Repubblica, l’unico modo per fermare la sua vis giuridica sarebbe la sua, eventuale, dichiarazione di illegittimità costituzionale davanti alla Consulta. Cioè sarebbe l’alta camera dei giudici delle leggi l’unica sede atta a bloccare un provvedimento, fra l’altro con il problema, non certo trascurabile, che la sua eventuale sentenza danneggerebbe il diritto alla libertà dei cittadini, che i rei hanno conquistato, o meglio, ottenuto con un atto del potere legislativo dello stato. Insomma si aprirebbe un dibattito e, di fatto, uno scontro fra poteri dello stato con esiti destabilizzanti per l’ordine costituzionale. Ecco perche sarebbe bene che il parlamento ponderi affondo su una eventuale scelta di concessione di amnistia o / ed indulto. Nei precedenti storici ciò è avvenuto, ci sono state lunghe discussioni prima dell’approvazione della legge in questione. Ma occorre dirlo e ricordarlo, il dibattito prima dell’approvazione non ha impedito una successiva striscia di polemiche, all’indomani della promulgazione della legge da parte del Capo dello Stato.
Detto questo appare lampante che l’amnistia e l’indulto sono atti di liberalità che impongono una seria e ponderata valutazione. Molto spesso si sono giustificate come atto per “svuotare le carceri” notoriamente sovraffollate. Si è pensato un tale atto per concedere ai rei una conduzione di vita dignitosa, cosa che nel chiuso di una prigione gli era negata. La prima motivazione è discutibile, appare più razionale costruire strutture penitenziarie più capienti e in numero maggiore, se ci sono troppi rei, che liberarli. La seconda è condivisibile. Ricordiamo che l’articolo 27, terzo comma, della Costituzione Italiana ricorda che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e non possono consistere in trattamenti contrari all’umanità. Appare chiaro quindi che l’amnistia e l’indulto possono, anzi devono, essere concesse nell’ottica di offrire ai condannati una strada di reinserimento sociale che non preveda sbarre e chiavistelli, ma un processo di rieducazione ad essere cittadino non solo ligio alle leggi, ma anche consapevole del proprio esser parte di un grande progetto collettivo. Per chiarire, non si commettono reati e non si è recidivi, se si è consapevoli che le leggi sono le pietre di inciampo, per dirla evangelicamente, che indicano la strada da seguire e fanno da monito a chi sceglie la strada sbagliata, ecco perché l’inserimento sociale, l’essere parte attiva nella società attraverso un ruolo lavorativo e di volontariato, aiuta i condannati a diventare uomini e donne nuove, capaci di rinnegare la strada sbagliata che hanno scelto in passato.
Bisogna essere chiari, lo è il terzo comma dell’articolo 79 della Costituzione Italiana, l’amnistia e l’indulto non cancellano il fatto che l’atto compiuto trasgredendo le leggi è un’azione antisociale. Il reato non è cancellato. Ne sono solo state evulse le sua applicazioni, e non a tutti, ma a solo coloro che hanno commesso tale colpa prima dell’approvazione della legge di amnistia ed indulto. Coloro che hanno commesso un reato amnistiato o posto in indulto dopo l’approvazione della legge non hanno alcun diritto di avere le agevolazioni e il perdono concesso alle persone che hanno commesso il reato prima dell’approvazione della legge medesima. Perché? La prima risposta è che se l’amnistia avesse anche potestà su atti posteriori alla sua approvazione, il cittadino, chiunque, sarebbe indotto a commettere reato, sapendo che c’è già una legge che “lo perdona”, insomma sarebbe di fatto una immunità generalizzata che il nostro ordinamento, e anche la logica umana, esclude categoricamente. Poi sarebbe un depotenziamento troppo forte del potere di censura e di punizione dello stato nei confronti di cittadini che hanno commesso reati gravissimi contro la collettività e contro diritti soggettivi di altre persone. Ricordiamo che l’amnistia e l’indulto è concessa a persone che hanno rubato, hanno frodato, hanno concesso omicidi colposi. Insomma sono persone che hanno danneggiato fortemente il proprio prossimo. È bene che la legge riesca a trovare un giusto equilibrio fra due principi entrambi lodevoli, il primo garantire il repentino reinserimento sociale del reo, il secondo, fondamentale, garantire che chi ha subito danno trovi giustizia dallo stato e veda colui che, soprattutto dolosamente l’ha danneggiato, punito e costretto a risarcirlo. Allora è bene che ci sia una ponderazione. È bene che si ragioni sul valore e il significato sociale, sul messaggio che si vuole dare al popolo (inteso come l’intera collettività della nazione), quando si delibera da parte delle camere e si promulga da Parte del Presidente della Repubblica un atto normativo che concede amnistia o indulto. Come in ogni cosa, un tale atto ha forti conseguenze sociali, fino al punto che potrebbe teoricamente destabilizzare il tessuto connettivo del paese. Per questo motivo deve essere lampante che l’amnistia e l’indulto sono parte dell’ordinamento giuridico che impone il rispetto delle regole, non sono strumento per inficiarlo. Allora è bene che ci sia grande consapevolezza del proprio ruolo di equilibrio da parte del Parlamento al momento dell’approvazione di tali leggi. La libertà è un dono bellissimo. È la cosa più bella che possiede l’umanità. Ma proprio per la sua importanza, va pensata e concessa con senso di giudizio.
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