lunedì 19 luglio 2021

SIGMUND FREUD


 

ES

Che cosa è “l’es”. Per la psicologia è la presenza della natura nell’animo umano. Una affermazione importante certo. Per me che sono ignorante è difficile mettere in chiaro questo concetto. Prima di tutto bisogna essere consapevoli della dicotomia fra ognuno di noi e la natura che ci circonda. Noi siamo ciò che siamo, siamo una individualità specifica, proprio perché ci mettiamo in contrapposizione con l’altro, con l’altra donna o uomo che ci sono vicini, ma anche con il mondo naturale che ci circonda. L’uomo è diventato tale perché ha preso consapevolezza di essere, certamente parte, della natura, ma allo stesso tempo componente speciale e particolare del mondo naturale. La sua capacità di distinguersi da esso è il frutto della capacità propria del genere umano di pensare e, soprattutto, di pensarsi. L’uomo acquista consapevolezza di se stesso, perché si contrappone a ciò che è naturale. Ma questo non comporta che sia fuori dalla natura. L’uomo è parte del naturale. Il naturale è fondamentale parte della vita dell’uomo. Ecco perché Sigmund Freud concepisce il concetto di “es”. L’uomo è esso, es in latino è il pronome terza persona singolare, cioè è anche naturalità ed istinto. Anzi proprio questi aspetti contribuiscono a formare in maniera esaustiva la singola personalità di ciascuno di noi. È l’incontro scontro dialettico fra “es”, fra gli istinti, e il super ego, cioè la consapevolezza che è bene obbedire alle regole sociali e alle convenzioni che la vita comune degli uomini ha posto, che contribuisco a formare nel bene e nel male l’Ego, cioè la personalità di ognuno di noi. Ma il mio procedere nel pensiero può apparire azzardato. Freud non è Hegel. Per il secondo è “naturale” e benefico  che attraverso il confronto e scontro fra due concetti in antitesi, pervenga una sintesi che vuol dire superamento e soluzione di una controversia. Per Freud non è così. Le molteplici tensioni emotive e razionali che caratterizzano l’essere umano non hanno una soluzione, una tensione a superare il problema e a guardare avanti. Le conflittualità che albergano nella mente dell’uomo, per Freud, sono costanti e in sostanza insuperabili. Si possono sublimare, esattamente come il ghiaccio può diventare immediatamente sostanza gassosa, cioè possono diventare il motore che spinge ogni essere della nostra specie a creare. Ma non possono essere risolte e non possono essere contenute, pena gravissimi danni per la psiche.  Per Freud, infatti, qualsiasi atto razionale dell’uomo è mosso dall’irrefrenabile sete di soddisfare i nostri istinti. La passione istintuale crea l’estro creativo dell’artista. La stessa, però, genera l’istinto omicida dell’assassino. Ogni atto, vile o ottimo che sia, è il compimento del bisogno di soddisfare i nostri istinti più reconditi. Insomma è “ES”, cioè il nostro essere più naturale, brutali, che ci spinge a creare o a distruggere. È la fame di bisogni primari a farci scultori o brutali capi di governo che ordinano efferati omicidi. È la razionalità che ci fa diventare persone illustri o di potere, per spiegare: bisogna essere bravi nell’arte del comando e del governo per arrivare alla cancelleria tedesca anche se ti chiami Adolf Hitler e anche se ordinerai la morte di milioni di persone. Ma è la tua incapacità di trasformare gli istinti primari in bene per gli altri a spingerti ad ammazzare e perseguitare milioni di ebrei e di esseri umani in generale. Allora si può capire come la differenza fra l’omicida e l’artista, parlo per opposti radicalmente incompatibili, la fa l’Ego, cioè la persona, che sa calibrare al meglio i propri istinti, sublimandoli, se è buono in opera d’arte o in capacità di guidare gli altri con saggezza, o se invece materializza i propri bisogni primari in sete omicida. È bene ricordare, per meglio accentrare la questione, che non vi è nell’opera umana, quasi mai, una perfetta separazione fra azione e uomini del bene e fra quelli del male. Ogni opera umana, non solo può essere studiata, ma anche può essere nella sua concretezza sia fonte di bene che di male. Pensiamo in ambito di politica internazionale alle cosiddette “missioni di pace”, queste possono realmente portare pace e benessere, ma anche morte e peggiori sciagure di quelle che volevano combattere. Allora in questo caso è difficile dire se “Es” sublimato abbia prodotto il bene o il male. Allora spetta a noi trovare una risposta. Non solo per analizzare le scelte dei capi di stato, ma anche per valutare come vivere al meglio la nostra vita. L’Es è fonte di litigi anche per noi gente comune. La nostra brama istintuale alla salvezza nostra e dei nostri più stretti congiunti, i figli ad esempio, ci spingono a compiere atti prima di tutto crudeli e cattivi, ma anche non consoni a risolvere i problemi che siamo chiamati ad affrontare. Per semplificare: se abbiamo un problema da risolvere con un’altra persona, molto meglio sarebbe il confronto aperto e l’ascolto, che lo scontro. Meglio ascoltare l’altro che attaccarlo. Sublimare l’Es vuol dire anche la capacità di porsi sulla stessa corrente d’onda dell’ altro, sapere che anche egli ha i suoi bisogni e che possono non necessariamente essere in contrasto insolubile con i tuoi, ma che potrebbero produrre invece una fruttuosa e pacifica collaborazione, sublimando così lo scontro in fruttuosa compartecipazione. Ci proviamo? Proviamo a trovare una sintesi fra Engel e Freud, dicendo si il secondo ha ragione quando sottolinea che alcuni aspetti del nostro animo sono insuperabili e li dobbiamo portare “appresso” per tutta la vita, ma allo stesso tempo possiamo trovare in essi una sintesi, come diceva Engel, ma non tanto per superarli, Freud avrebbe detto rimuoverli, ma per farli diventare elemento comune denominatore della vita collettiva e presupposto per vivere in pace con coloro che interagiscono con noi.

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