venerdì 30 luglio 2021

UNA STORIA SBAGLIATA XXIV

 


IL TEMPO CORRE

Giulia si veste, in fretta. Guarda da diversi minuti il suo telefonino con impazienza. Non so cosa le sia successo, quale sia la comunicazione che gli ha scosso l’animo e turbato il risveglio. Dove devi andare? Gli dico nella maniera più dolce possibile, anche se traspare il mio rammarico per quello che sembra un abbandono. Devo fare una cosa importante. Quale? Beh, la verità? Riguarda il mio passato, che spero rimanga presto alle mie spalle! Questa ultima frase l’ha detta per tranquillizzarmi, lo so. Era un messaggio a volermi dire: io voglio rimanere con te, la mia vita sei tu, il passato è solo un triste conto sull’esistenza da chiudere! Ma sarà vero? Circola questo pensiero nella mia testa. Giulia vuole veramente chiudere i conti con la vecchia vita, aprendone un altro con la nuova accanto a me? Poi.. Poi.. A me conviene che ciò accade? Mi faccio questa domanda cattiva. Conviene che un trans, un uomo, rinunci alla sua vita, termine inteso secondo il vocabolario di Pasolini, per avere una nuova esistenza con me. Cosa sarà la mia di esistenza accanto a lei? Questa è la domanda. Ma intanto Giulia esce. Corre per andare chissà dove. È incurante dei divieti di circolazione imposti dalla normativa della Presidenza del Consiglio per arginare la pandemia legata al cosiddetto virus cinese. Insomma per fare i suoi conti con il passato, Giulia se ne infischia delle normative di Conte, inteso come Giuseppe Conte Presidente del Consiglio. Devo correre, mi dice, anzi, aggiunge, bisogna correre. I nodi devono essere sciolti. Tutto ciò che mi lega al passato deve essere cassato come problema definitivamente superato. Devo andare ad incontrare Tantalo. Devo sapere cosa pensa di fare del corpo di Igor. Devo sapere se non abbia intenzione di incastrarci con qualche trabocchetto, facendo riapparire il corpo del romeno e rilevando, con una qualche soffiata, che siamo stati noi ad accopparlo. Il pensiero di Giulia è chiaro, non lascia spazio ad interpretazioni ambigue. Bisogna trovare una soluzione per sciogliere i nodi della vicenda, lei ha deciso che la soluzione spetta a lei trovarla, lo farà a qualunque costo. Io gli dico. Vengo anche io! Lei è secca e decisa: No! Perché? Gli chiedo. Abbiamo avuto già un incontro a tre con Antonio Castelli detto Tantalo, è stato disastroso! Tu hai preso botte, io mi sono presa il cazzo nel culo, con tale violenza che ancora cammino a gambe aperte. Capito allora il motivo per cui non ti voglio con me?! Io ho una stretta al cuore. Mi vergogno della mia impotenza, mi vergogno di me stesso. Certo la violenza sessuale che Giulia ha subito, qui, nella mia casa, da parte del Boss della camorra la ricordo, è stata una cosa orrenda. Io sono di Bari, la criminalità mafiosa è di casa anche nella mia città, ma forse perché non conoscevo le persone “giuste”, cioè i più criminali dei criminali, la violenza mafiosa barese ai miei occhi è stata qualche pistolettata, qualche omicidio, qualche “lezioncina”, cioè botte, a chi alzava la testa. Non ho mai sentito della violenza sessuale come strumento di esplicitazione del potere. Certo è probabile, anzi sicuro, che ciò avvenga anche a Bari, ma io non ne sono stato né testimone oculare né ho sentito di episodi del genere. Forse tali violenze rimangono nelle mura dei fortini dei clan, senza che escano fuori. La violenza la subiscono, almeno a leggere i giornali di cronaca, le immigrate, purtroppo anche questo è fatto orrendo, ma si tace sulla violenza sessuale inferta a uomini o donne italiane. Bari è Savinuccio, il vecchio boss di uno dei quartieri periferici e popolosi cittadini, che va a cavallo per le strade, mostrando il suo dominio. Savinuccio, Savino Parisi, ha smesso di andare a cavallo, ora è in galera, ma il suo potere, purtroppo, rimane intatto, come dimostra il figlio che abbina il suo ruolo di facente capo clan in assenza del padre recluso e di cantante che si fa tutte le sagre di paese. La mala barese compie nefandezze esattamente come la Camorra e la Mafia e l’andrangheta, ma le nasconde perché purtroppo ha ancora consenso, vuole apparire “buona” agli occhi della gente. Ma è la gente non buona. Cioè non deve essere supina ancora alle angherie della mala. Certo Giulia è alle prese con un camorrista, io faccio i conti con la mafia del mio paese e ancora non sono riuscito a trovare la pace. La mafia è un cancro mortale che attanaglia tutta l’Italia e uccide soprattutto i luoghi dove è presente maggiormente il suo potere, luoghi che ormai non sono solo il Mezzogiorno, ma anche la Capitale, il Veneto, La Lombardia e perfino la dotta Emilia Romagna in cui diversi comuni sono sciolti per infiltrazione mafiosa.

Mentre penso a tutte queste cose Giulia è lontana. È andata ad incontrare Tantalo, forse si è andata a far uccidere. Chi lo sa. La mafia è implacabile. Chiunque prova ad alzare la testa viene freddato. Chiunque chiede libertà, trova solo morte. Spero che questo non succeda. Certo, il pensiero malvagio entra nella mia testa e nel mio cuore, se Giulia non ci fosse più per me molti problemi non sarebbero. Se fosse trovata incaprettata, cioè uccisa e legata come una capra, punizione eclatante della mafia per chi è infame, cioè per chi parla alla polizia e non rispetta e regole malavitose, io uscirei repentinamente dall’inchiesta, al limite il mio ruolo sarebbe derubricato come quello un testimone di reato, non sarei considerato più accusato e complice. Ma la mia vita forse sarebbe un infermo. Sarei torturato da un senso di vuoto, causato dalla mancanza di Giulia. Sarei sommerso dai sensi di colpa. Le mie paure mi tormenterebbero ogni notte e, forse, anche il giorno. Questi pensieri mi portano alla follia. Una vita senza Giulia è una prospettiva. Una vita con Giulia felici, senza colpa, scagionati di tutto, un’altra. Una vita insieme, ma fatta di condanne e denunce e infine di galera, che prospettiva.. Tutto mi terrorizza, qualsiasi prospettiva possibile ha un risvolto da incubo, vivere con Giulia vuol dire combattere i pregiudizi non solo degli altri, ma anche i miei. Vivere senza Giulia, vuol dire sentire la mancanza dei suoi pensieri, della sua anima e soprattutto del suo corpo. Ho paura. Qualsiasi domani io possa pensare, implica comunque qualcosa di orrendo da affrontare. Sembra che la felicità ormai mi è preclusa.

Suonano alla porta, non al campanello sotto il portone, ma direttamente al pulsante che sta dietro alla soglia del mio appartamento. Guardo dallo spioncino, non c’è nessuno. Provo ad aprire la porta. Trovo Giulia stesa a terra. Ha il vestito tutto rotto. Il suo vestitino che aveva comprato in concomitanza con l’inizio del suo abitare nel mio appartamento è diventato un cencio, tutto rotto e lercio. Ha diversi lividi. Il volto è tumefatto. Io l’ho riconosciuta.. perché.. perché? La amo. Ma altrimenti sarebbe irriconoscibile. La prendo in braccio e la poggio sul mio, nostro, letto. Gli tolgo le scarpe. Gli tolgo il vestito e lo vado a buttare. Non ha più nulla. È nuda. La biancheria intima è certamente persa nella tremenda colluttazione che ha avuto. Erano passate quasi cinque ore da quando era uscita da qui. Ora vi è rientrata ferita fisicamente in maniera grave. Credo che la ferita che rimarrà nella sua psiche sarà anche più profonda, dolorosa e duratura di quelle che gli sono state inferte sul corpo.

Vado a prendere un asciugamano e l’accappatoio, prendo cerotti e acqua ossigenata, prendo garze e ogni materia utile a un primo soccorso sanitario. Gli mondo le ferite. Sembra un Cristo flagellato. Ha lividi ovunque. Non l’hanno graziata in nulla. Ovunque l’hanno torturata e, penso, con qualsiasi mezzo. Ci sono lividi che possono procurare le mani, ma ci sono altri, credo non sono esperto, che solo mazze e oggetti contundenti possono fare. Sanguina. Io cerco di curare le sue ferite. Mi fa orrore e tenerezza allo stesso tempo il suo corpo.

Che è successo, alla fine gli chiedo. Lei continua a piangere. Sono andata da Tantalo per chiarire. Ahia questo è già un termine da criminale che parla a criminali, Giulia mi fa paura. Ho trovato i tre che hanno ucciso Callispera. Qui la interrompo. Come da tantalo c’erano loro? Esatto! Senza dire una parola mi hanno alzato la veste. Aspetta, scusa, la interrompo imbarazzato, dove eravate? In una discarica sulla Tiburtina, fa lei, è lì che Antonio Castelli, Tantalo il bastardo, mi aveva detto di andare. Ma come ci sei andata? Come, fa lei, ma con la mia macchina. Hai una macchina? Faccio io. Certo, una vecchia Tigra, che ha fatto più chilometri di quanto sia lunga la circonferenza terreste, cacchio penso io, da stolto visto il momento, quanto avrà speso di benzina per fare tanti chilometri con una Tigra, che notoriamente beve molto. Ma lasciamo stare le follie e balzi pindarici della mia psiche. Giulia continua. Mi hanno violentato in gruppo. Tutti e tre, non solo uno come l’altra volta. Non mi hanno dato la possibilità di respirare, letteralmente. A turno mettevano il loro cazzo nella mia bocca e mi turavano il naso con le loro dita di merda. Volevano letteralmente soffocarmi con il loro sborro di merda. Il riferimento a due secrezioni del corpo umano così diverse fra loro, mi fece sorridere e rabbrividire allo stesso tempo. La violenza è orrore, senza alcuna via alternativa. Chi compie violenza scende lui negli abissi della coscienza e vi trascina e proprie vittime. I tre erano animali senza cuori, anzi paragonarli al mondo ferino è un’offesa per le bestie. Giulia continua. Nel frattempo mi picchiavano con ogni mezzo che gli capitava per le mani. Bastoni, chiavi inglesi, bulloni. Ogni cosa era utile per infliggere sofferenza a me e portare ferite gravi e permanenti al mio corpo. Mentre uno di loro, lo stesso che mi inculato mentre gli altri uccidevano Callispera, penetrava nel mio ano, l’altro mi dava violenti calci sul mio pisello e l’altro mi stringeva con le sue braccia per evitare la mia fuga. Non ho mai provato tanto dolore. Non so cosa succederà al mio fisico, dopo tutto ciò. Sentivo un pisello penetrare nel mio culo, mentre la mia mente impazziva letteralmente per il dolore troppo forte che subiva il mio cazzo. Ogni colpo alla vita, mi toglieva il respiro, mi sottraeva alla vita. Sembrava giunta la mia fine. Guarda i miei denti, mi mostra il suo arco dentario con diversi buchi, canini e incisivi non c’erano più. Il terzo, quando ha visto che ogni mia resistenza era vinta, ha lasciato la sua morsa, e appena chi mi ha inculato è venuto, ha messo il suo sperma nel mio ano. Ha cominciato ha darmi calci in bocca. Io sputavo sangue, denti, saliva e sperma che quei bastardi avevano appena lasciato nel mio apparato orale, imponendomi bocchini furiosi. Sembrava la fine. Loro erano stanchi di violentarmi. Allora ero certo che mi avrebbero ucciso. Ma in quel momento arriva Tantalo. Non pensavo che venisse. Pensavo a un tranello. Grida: basta. I tre si fanno da parte. Ora capisco, sono uomini suoi. Non toccatela più. Ve lo ordino. Dice con tono autoritario il camorrista. I tre vanno via. Stiamo qualche decina di minuti in silenzio. Tantalo vuole che mi riprenda. È chiaro. Poi mi dice: ce la fai a guidare? Io gli dico: cosa volevi da me. Niente, fa lui. Così so il motivo per cui mi ha fatto arrivare in quella sperduta discarica romana, per farmi picchiare e per farmi rovinare la carriera di trans di grido, scempiata come sono. Penso. Dovevo servire per uccidere il senatore che era venuto a tedio ai clan, dovevo essere il pretesto per uccidere Eugenio Callispera, ora non servo più e mi butta via. Certo il fatto che non mi uccidesse è già tanto, ma io sono rovinata per sempre. Giulia termina con un pianto a dirotto.

La lascio piangere. Non so che dire, non so che fare. Tutto è dolore, ma allo stesso tempo è surreale racconto di una storia incredibile. Come è possibile concentrare tanto male in così poche persone? Come è possibile un tale odio verso la vita, da poter assistere a torture o torturare senza batter ciglio? Giulia ha subito tante, troppe, violenze nella sua vita. Questa, però, è la definitiva. È difficile pensare al futuro se si è percossi con tale veemenza. Ho paura per lei. Temo che la sua mente possa vacillare, il suo cuore non possa reggere. Tento di abbracciarla. Lei mi respinge terrorizzata. Io che l’avevo appena lavata e medicata, io che ho sentito tacito il suo racconto di strazio, mentre nuda si rattrappiva sul divano, ora sono un nemico esattamente come i tre violentatori. Ciò mi addolora. Ma non posso che provare a capire il suo tremendo sommovimento psichico che è il prodotto di una violenza inaudita che ha subito. Povera Giulia.

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