ARTICOLO 17
“I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e
senz’armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è
richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso
alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza
o di incolumità pubblica”
Il diritto di riunirsi è sancito dalla Costituzione
nell’articolo 17. Questo principio è fondamento della partecipazione
democratica di ogni cittadino alla vita sociale. Incontrarsi in uno stesso
luogo per discutere di argomenti di diversa natura è una palestra per
accrescere lo spirito di confronto e il senso di appartenenza civica che deve
caratterizzare ogni comunità di persone. Scegliere di partecipare a delle
riunioni è la manifestazione della capacità di ogni singola persona di voler
vivere un’esperienza di cittadinanza attiva. Il diritto di riunirsi durante il
regime fascista era disincentivato. Le forze di polizia regie avevano
indicazione di considerare il dialogo fra più persone in pubblica piazza quale
atto di per sé sedizioso. Se un numero, anche esiguo, di cittadini discuteva pubblicamente di
argomenti vari poteva essere condotto in caserma e accusato di cospirazione. I
padri costituenti hanno voluto rovesciare questa tesi. Hanno inciso nella Carta
Costituzionale la libertà di riunione quale diritto fondamentale del cittadino.
Niente più barriere al dialogo, niente più ostacoli al confronto in Italia si
può e si deve proferire parola liberamente, esprimere le proprie idee, manifestare
la propria formazione culturale e ideale liberamente. Le riunioni dei cittadini
possono essere definite in più modi. Si dice che le riunioni occasionali
causate da una situazione eccezionale e imprevista siano da denominare
“assembramenti”. Questi avvengono in caso di repentina riunione di moltitudini
di persone a casa di eventi di richiamo improvvisi. Può definirsi assembramento
l’accalcarsi di persone che guardano sgomenti un incidente stradale. In questi
casi le forze dell’ordine possono ritenere necessario allontanare gli accorsi
per evidenti motivi di sicurezza. Ma assembramento può essere anche il
precipitarsi nelle strade di fronte a un atto grave condotto da diversi
soggetti che ha prodotto la repentina indignazione di coloro che assistevano all’episodio
increscioso. In questo caso sta alla sensibilità delle autorità di sicurezza
determinare se è il caso o meno di sgombrare i luoghi. Devono tener conto che è
loro dovere rispettare la manifestazione popolare di indignazione, eventuali
atti di sgombero dovrebbero essere compiuti solo e unicamente se c’è
l’imminente e chiaro pericolo per l’incolumità e la quiete pubblica. Le
dimostrazioni invece sono incontri di persone preventivamente organizzato da un
gruppo di persone denominato “comitato promotore”. Se avvengono in un luogo
pubblico e all’aperto (in spazi non privati), devono essere comunicate alle
autorità di polizia, queste ultime non possono proibirle, devono eventualmente
predisporre tutti gli strumenti pubblici per garantirne il loro pacifico
svolgimento. Una manifestazione può essere proibita solo e unicamente se
potrebbe essere latrice di atti violenti e di sommovimenti sociali. La
costituzione è chiara ci si può riunire ma solo senz’armi. La violenza è
assolutamente bandita dalla vita italiana, almeno così dovrebbe essere. La
libertà di riunirsi cessa se la ragione dello stare insieme è volta a
enfatizzare l’odio razziale, l’odio sociale, etnico e contro determinate
minoranze. Le riunioni in luogo chiuso non necessitano dell’autorizzazione
della questura. Non ci sono in questi casi le necessità volte a garantire
l’ordine pubblico. Il riunirsi, ad esempio, in un teatro non necessita dello
sforzo dell’autorità di mettere a disposizione un apparato di vigilanza
pubblica atto al normale fluire dell’evento, di conseguenza non serve il
preavviso. Insomma le riunioni al chiuso, anche se pubbliche, non necessitano
di autorizzazione. Tanto più vale lo stesso principio per le riunioni private,
non segrete, in cui partecipano, ad esempio, i soli iscritti a circoli
culturali o partiti politici. Insomma si può vietare una manifestazione
pubblica solo se è considerata sediziosa. Volta ad accendere l’odio e la
violenza. Il diritto di riunirsi liberamente è una conquista democratica di
inestimabile valore. La democrazia si arricchisce quando ha una comunità di
cittadini disposta ad impegnarsi con afflato etico e con impegno sociale e
politico scendendo in pizza, esprimendo le sue idee, divulgandole all’intera
comunità. I grandi moti sociali, quali ad esempio le manifestazioni palermitane
dopo la brutale uccisione dei giudici Falcone e Borsellino, sono la
manifestazione dell’impegno solidale della cittadinanza volto a costruire una
società più giusta. Ho fatto solo un esempio di manifestazione volta al bene collettivo.
Ce ne sono state altre, molteplici, nella storia repubblicana. Ricordiamo le
manifestazioni degli anni ’70 del secolo scorso contro il terrorismo politico
di qualsiasi colore. Insomma l’esercizio del diritto di riunione è un modo per
crescere dal punto di vista coscienziale. Chi partecipa a queste
manifestazioni, con lo spirito giusto, accresce la propria anima e la
collettività.
testo di Giovanni falagario
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