mercoledì 25 settembre 2019

LA COSTITUZIONE ITALIANA: ARTICOLO 17



ARTICOLO 17

“I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.

Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.

Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”

Il diritto di riunirsi è sancito dalla Costituzione nell’articolo 17. Questo principio è fondamento della partecipazione democratica di ogni cittadino alla vita sociale. Incontrarsi in uno stesso luogo per discutere di argomenti di diversa natura è una palestra per accrescere lo spirito di confronto e il senso di appartenenza civica che deve caratterizzare ogni comunità di persone. Scegliere di partecipare a delle riunioni è la manifestazione della capacità di ogni singola persona di voler vivere un’esperienza di cittadinanza attiva. Il diritto di riunirsi durante il regime fascista era disincentivato. Le forze di polizia regie avevano indicazione di considerare il dialogo fra più persone in pubblica piazza quale atto di per sé sedizioso. Se un numero, anche esiguo,  di cittadini discuteva pubblicamente di argomenti vari poteva essere condotto in caserma e accusato di cospirazione. I padri costituenti hanno voluto rovesciare questa tesi. Hanno inciso nella Carta Costituzionale la libertà di riunione quale diritto fondamentale del cittadino. Niente più barriere al dialogo, niente più ostacoli al confronto in Italia si può e si deve proferire parola liberamente, esprimere le proprie idee, manifestare la propria formazione culturale e ideale liberamente. Le riunioni dei cittadini possono essere definite in più modi. Si dice che le riunioni occasionali causate da una situazione eccezionale e imprevista siano da denominare “assembramenti”. Questi avvengono in caso di repentina riunione di moltitudini di persone a casa di eventi di richiamo improvvisi. Può definirsi assembramento l’accalcarsi di persone che guardano sgomenti un incidente stradale. In questi casi le forze dell’ordine possono ritenere necessario allontanare gli accorsi per evidenti motivi di sicurezza. Ma assembramento può essere anche il precipitarsi nelle strade di fronte a un atto grave condotto da diversi soggetti che ha prodotto la repentina indignazione di coloro che assistevano all’episodio increscioso. In questo caso sta alla sensibilità delle autorità di sicurezza determinare se è il caso o meno di sgombrare i luoghi. Devono tener conto che è loro dovere rispettare la manifestazione popolare di indignazione, eventuali atti di sgombero dovrebbero essere compiuti solo e unicamente se c’è l’imminente e chiaro pericolo per l’incolumità e la quiete pubblica. Le dimostrazioni invece sono incontri di persone preventivamente organizzato da un gruppo di persone denominato “comitato promotore”. Se avvengono in un luogo pubblico e all’aperto (in spazi non privati), devono essere comunicate alle autorità di polizia, queste ultime non possono proibirle, devono eventualmente predisporre tutti gli strumenti pubblici per garantirne il loro pacifico svolgimento. Una manifestazione può essere proibita solo e unicamente se potrebbe essere latrice di atti violenti e di sommovimenti sociali. La costituzione è chiara ci si può riunire ma solo senz’armi. La violenza è assolutamente bandita dalla vita italiana, almeno così dovrebbe essere. La libertà di riunirsi cessa se la ragione dello stare insieme è volta a enfatizzare l’odio razziale, l’odio sociale, etnico e contro determinate minoranze. Le riunioni in luogo chiuso non necessitano dell’autorizzazione della questura. Non ci sono in questi casi le necessità volte a garantire l’ordine pubblico. Il riunirsi, ad esempio, in un teatro non necessita dello sforzo dell’autorità di mettere a disposizione un apparato di vigilanza pubblica atto al normale fluire dell’evento, di conseguenza non serve il preavviso. Insomma le riunioni al chiuso, anche se pubbliche, non necessitano di autorizzazione. Tanto più vale lo stesso principio per le riunioni private, non segrete, in cui partecipano, ad esempio, i soli iscritti a circoli culturali o partiti politici. Insomma si può vietare una manifestazione pubblica solo se è considerata sediziosa. Volta ad accendere l’odio e la violenza. Il diritto di riunirsi liberamente è una conquista democratica di inestimabile valore. La democrazia si arricchisce quando ha una comunità di cittadini disposta ad impegnarsi con afflato etico e con impegno sociale e politico scendendo in pizza, esprimendo le sue idee, divulgandole all’intera comunità. I grandi moti sociali, quali ad esempio le manifestazioni palermitane dopo la brutale uccisione dei giudici Falcone e Borsellino, sono la manifestazione dell’impegno solidale della cittadinanza volto a costruire una società più giusta. Ho fatto solo un esempio di manifestazione volta al bene collettivo. Ce ne sono state altre, molteplici, nella storia repubblicana. Ricordiamo le manifestazioni degli anni ’70 del secolo scorso contro il terrorismo politico di qualsiasi colore. Insomma l’esercizio del diritto di riunione è un modo per crescere dal punto di vista coscienziale. Chi partecipa a queste manifestazioni, con lo spirito giusto, accresce la propria anima e la collettività.


testo di Giovanni falagario

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