NOTE A MARGINE DELL’ARTICOLO
94 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“Il governo deve
avere la fiducia delle due Camere.
Ciascuna Camera
accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello
nominale.
Entro dieci giorni
dalla sua formazione il governo si presenta alle Camere per ottenere la fiducia.
Il voto contrario di
una o di entrambe le Camere su una proposta del governo non importa obbligo di
dimissioni.
La mozione di
sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e
non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione”.
Chi vi scrive queste note a margine dell’articolo 94 della Costituzione Italiana guarda sconcertato le vicende politiche che hanno determinato le dimissioni del governo guidato dall’avvocato Giuseppe Conte. Una crisi di governo che va definita “extra parlamentare”, cioè non causata da un voto di sfiducia di uno dei due rami del parlamento. Quindi in sostanza non in linea con i dettami della Costituzione Italiana, che vorrebbe un voto del parlamento che sancisca i destini di tutti i governi in carica nel nostro paese.
Bisogna dire il vero. L’attuale esecutivo dimissionario non ha i numeri sufficienti di consenso fra i deputati e senatori per governare. A Palazzo Madama, oggettivamente, gli oppositori al governo, se si comprende anche i senatori di Italia Viva, sono in numero superiore ai suoi sostenitori. Ma un voto di sfiducia non c’è stato. Anzi quando il governo ha chiesto l’assenso al cosiddetto decreto “ristorni”, cioè il provvedimento volto ad aiutare coloro che sono in difficoltà a ragione della pandemia, Italia Viva non ha votato “No”, come hanno fatto Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, rendendo esplicita l’ambiguità del nuovo partito fondato da Matteo Renzi.
Certo che Giuseppe Conte non è la prima volta che si trova a gestire le bizze di un componente importantissimo della sua maggioranza. Il cosiddetto “Conte 1”, che nacque con l’alleanza fra Lega e Cinque Stelle, cadde per i diktat di Matteo Salvini, che dalla spiaggia del Papete sulle rive dell’Adriatico, diede ordine ai suoi di non votare più l’esecutivo di cui era Ministro degli Interni. Sembra dunque che due Matteo segnino i destini dell’avvocato Conte e dell’Italia.
Ma è giusto che un governo debba cadere senza un voto delle Camere? Se si legge la storia istituzionale del paese apparirà chiaro che i destini del “Conte 1” e del “Conte 2” non sono affatto un’eccezione nella vita repubblicana. Pochissimi governi sono caduti a causa di un voto contrario delle Camere, forse solo il Prodi 2 e il Berlusconi 3. Negli altri casi, anche De Gasperi per dire lo fece, si scelse di non affrontare il voto in parlamento, e di presentarsi direttamente dimissionario al Presidente della Repubblica, affidando a lui i destini del paese, in forza dell’articolo 92 secondo comma della Costituzione Italiana.
Ora l’Italia è senza un esecutivo nel pieno delle sue funzioni. In piena Pandemia non c’è un governo che abbia la fiducia delle Camere. È un pericolo vero per la salute e il benessere di tutti. Che fare? Scusate se cito un dittatore quale Lenin. Difficile trovare una risposta. La pandemia ha palesato le contraddizioni del nostro paese. La Lombardia e il Veneto, che sono le due regioni più all’avanguardia del paese, sono quelle che sono rimaste più colpite dall’incedere della pestilenza. Le colpe di chi sono? Io francamente non lo so. Ma ci sono! È inutile negarlo. Perfino i dati statistici non sono affidabili. Fino a qualche giorno fa la Lombardia, ad esempio appariva fra le regioni che ancora oggi hanno un numero preoccupante di malati, oggi altri dati smetiscono questa tesi. Fa un po’ tristezza vedere la pur bravissima Letizia Moratti, imposta come assessore alla salute lombarda da Salvini e Berlusconi, dover spiegare il perché di dati strampalati e affannarsi a controbattere le accuse. Insomma mentre il paese è nel caos, la crisi del governo Conte bis appare fondata su una logica di piccoli interessi di “bottega” che non dovrebbero esserci.
Le responsabilità di Matteo Renzi sono molte. È faticoso comprendere l’ex sindaco di Firenze, che in nome di una richiesta giusta di “agire in fretta” di fatto ha bloccato ogni azione di governo, attraverso le costrette dimissioni di Conte. Ma non nascondiamoci che i ritardi, le indecisioni, le ambiguità nelle scelte sono anche nell’esecutivo. Bisogna fare in fretta. Bisogna intervenire. Bisogna cambiare la situazione sociale del paese, oggi frustrata dall’incipiente attacco del virus. Allora appare chiaro che una situazione di uscita potrebbe essere il rispetto dell’articolo 94 della Costituzione Italiana. Proviamo a “parlamentarizzare”la crisi. Cioè proviamo discutere apertamente nelle aule dei rappresentanti del popolo su cosa fare. Decidano insieme i politici dei destini della nostra Italia. Non è ammissibile che una crisi politica sia voluta da alcuni notabili. È l’ora della responsabilità. È l’ora che la politica risponda al paese. Cambiare esecutivo, ovviamente, si può. Ma deve essere chiaro il percorso da prendere, deve essere esplicita la linea politica che si vuole per risolvere i problemi di oggi, di adesso. Basta trucchetti, basta strategie per continuare a “campare”. Il paese ha bisogno di politica, di una visione teleologica dell’agire quotidiano, per emergere dall’emergenza. La Costituzione, il rispetto dei suoi dettami, è ancora una volta la via per risolvere i problemi di interesse generale, allora rispettiamola e agiamo secondo i suoi insegnamenti. Tutti, ma soprattutto coloro che svolgono compiti di alto profilo statuale.
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