venerdì 1 maggio 2020

I MAGGIO SICILIANO



PORTELLA DELLA GINESTRA

Dopo gli anni bui del fascismo e della guerra, i contadini e gli operai di Sicilia decisero il primo maggio del 1947 di festeggiare la festa dei lavoratori. Si riunirono in un altipiano bellissimo alle porte di Palermo, chiamato Portella della Ginestra. In quel frangente migliaia di cittadini erano su quel promontorio per festeggiare una splendida giornata primaverile e per sentire le voci di speranza di parlamentari e sindacalisti. La Sicilia doveva cambiare. Niente doveva rimanere come prima. Si doveva smentire quell’orribile detto “tutto deve cambiare, affinché tutto rimanga uguale”, che Giuseppe Tomasi di Lampedusa avrebbe denunciato esplicitamente qualche anno più tardi nel suo romanzo capolavoro “Il Gattopardo”. Insomma c’era la speranza che la Repubblica appena nata potesse portare libertà e giustizia sociale. Si chiedeva terra per chi non l’aveva, sottraendola ai latifondisti. Una promessa fatta dal governo nazionale che si preparava ad approvare la legge di riforma agraria che avrebbe, o meglio avrebbe dovuto garantire terra e libertà a tutti.  Si chiedeva un lavoro per chi era disoccupato. Si chiedeva la garanzia di istruzione per tutti i piccoli e gli adulti, purtroppo ancora tanti, analfabeti. Insomma la Sicilia e tutta l’Italia doveva rinascere. Si doveva rialzare la testa. Il male della dittatura era vinto, si doveva pensare a garantire una vita dignitosa per tutti. Ma mentre la gente discuteva ed ascoltava i comizi, la banda di Salvatore Giuliano scese dalle alture prossime all’altopiano e imbracciando ogni tipo di armi, anche mitragliatori, sparò sulla folla inerme. Fu una strage. Morirono donne, bimbi, innocenti. Un numero consistente, molte decine di esseri umani, spirarono sotto i colpi mafiosi. Ufficialmente non si chiarì mai chi furono i mandanti. Si pensò alla forza preponderante della malavita siciliana come l’unica fattrice di quell’insano gesto. Ma fu Gaspare Pisciotta, il mafioso che negli anni ’50 uccise il vile “compare” autore della strage Salvatore Giuliano in una vicenda mai chiarita, a rivelare che i veri mandanti erano deputati e senatori siciliani del Partito Monarchico e della Democrazia Cristiana. Non sappiamo se la sua testimonianza è attendibile. Certo che fortifica l’idea che vi fosse un patto fra la mafia e l’intelligenza conservatrice dell’isola. Dopo più di settanta anni da quella triste giornata quello che importa è la condivisione dell’afflato di libertà di quegli uomini e quelle donne che erano a Portella della Ginestra quel Primo Maggio del 1947. I morti sono da commemorare con profondo rispetto, i sopravvissuti sono da ringraziare perché hanno speso la loro vita per ricordare quel triste momento e per trasformarlo in vivido e forte strumento di rivendicazione ed emancipazione sociale. Per costruire un Italia più giusta e più bella bisogna ripartire anche da loro. Sono i martiri di Portella che ci devono essere di sprone per costruire un sistema di rapporti interrelazionali più giusto e più forte fra noi.

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