ARTICOLO 21 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il
proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o
censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto
motivato dall'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge
sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme
che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia
possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro
della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria.
Se questa non lo convalida nelle prime ventiquattro ore successive, il
sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire con norme di carattere
generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa
periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli
e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume . La legge stabilisce
provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
Per
ricordare i 70 della Costituzione Italiana non poteva mancare il ricordo
dell'articolo 21. L'articolo della libertà di pensiero e di parola. Tutti hanno
diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola con lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Questo è il primo comma
dell'articolo. Niente censure, niente silenzi imposti. Ogni persona ha diritto
di dire la propria idea, anche se in contrasto con il pensiero dei più.
Ovviamente lo stato e la sua forza autoritaria non devono impedire il proferire
del pensiero, a meno che questo non sia latore di un reato penale, quale ad
esempio la calunnia. In questo caso occorre dire il nostro ordinamento
democratico non prevede la censura, ma il perseguimento penale dell'eventuale
calunniatore. Insomma la censura è preclusa nel nostro paese. Tanto è vero che
i giornali possono essere sequestrati, ma mai si può impedirne la loro stampa.
Insomma in Italia, almeno secondo la legge, ognuno può e deve dire la sua, in
qualsiasi luogo. Difficile dire che questo articolo sia realmente applicato.
L'Italia è agli ultimi posti nelle classifiche dei paesi occidentali per quanto
riguarda la libertà di stampa. C'è di fatto un controllo sostanziale delle
notizie. Il potere economico e politico esercita un vero e proprio controllo
della stampa. Non è un caso che per vent'anni un editore abbia egemonizzato la
vita politica. Questo dimostra come la stampa difficilmente sia libera, e che
sia anzi asservita agli interessi economici e alla fame di potere di pochi. Ma
la libertà di parola si esercita anche nel quotidiano. Si esercita grazie alla
disponibilità all'ascolto dell'altro. Per esercitare la libertà di parola
dovremmo imparare ad ascoltare. Quante volte un dialogo diventa un monologo.
Quante volte riempiamo di insulti il nostro interlocutore senza renderci
disponibili all'ascolto? Troppe! L'articolo 21 si esercita anche nel
quotidiano, rispettando il proprio collega, rispettando il commesso del negozio
che prova a spiegarci le motivazioni di un'attesa prolungata, rispettando colui
che ci sembra dica cose poco interessanti e di conseguenza liquidiamo il suo
interloquire con una sonora pernacchia, nella migliore delle ipotesi, o con
improperi degni di tori ben più gravi che una semplice paralipomena poco
gradita. Allora garantire la libertà di parola propria e altri è un esercizio
di vita. Far proferire agli altri parola vuol dire prima di tutto imparare ad ascoltare.
Vuol dire riuscire ad intuire che ogni parola detta da un altro è
importantissima. Impariamo ad ascoltare gli altri. Impariamo a rispettare il
loro pensiero. Impariamo ad esercitare la nostra libertà di parola, rispettando
il verbo degli altri. Questo contribuirà a fare della nostra Italia un posto
migliore. L'articolo 21, la libertà. non è solo il riconoscimento di un
diritto, è anche un'indicazione su come vivere la vita assieme agli altri.
E'
giusto ricordare che l'articolo 21 è anche uno prezioso strumento per il potere
legislativo, l'autorità giudiziaria e di polizia per districarsi nel
delicatissimo compito di bilanciare il diritto di parola con altri diritti
della persona umana. Il costituente indica chiaramente come le autorità dello
stato debbano comportarsi in caso di utilizzo della libertà di proferire parola
per commettere reati penali, soprattutto contro la persona ma non solo. Il
comma 3 del presente articolo dice che non esiste la censura preventiva nel
nostro ordinamento,si può sequestrare un documento redatto con qualsiasi
strumento di comunicazione soltanto forti di un atto dell'autorità giudiziaria
che lo autorizza in base a tassative indicazioni prodotte dalla legge. In casi
d'urgenza, precisa il IV comma, il sequestro può essere effettuato da ufficiali
di polizia giudiziaria, ma il loro gesto deve essere immediatamente comunicato
al magistrato competente che entro ventiquattrore lo deve legittimare con atto
proprio, altrimenti il sequestro è come se non fosse stato fatto ed è dovere
dello stato rimettere alla pubblica lettura il cartaceo illegittimamente tolto
dal commercio.
Il
V comma dell'articolo 21 della Costituzione Italiana indica che i finanziamenti
e i finanziatori dei giornali, o comunque dei mezzi di informazione, devono
essere noti. Questo comma è di estrema e stringente attualità oggi, in cui le
notizie si acquisiscono con strumenti di divulgazione rapidi e senza
possibilità di un pronto controllo, quale è ad esempio la "rete",
cioè internet. Molto spesso si diffondono notizie la cui fonte è sconosciuta.
Sono ignote anche le finalità per cui una rete di informazioni si sia presa la
briga di diffondere una informazione. Come fare a risolvere questo
delicatissimo problema? La legge trova nell'azione della Polizia Postale lo
strumento per vegliare sui prodotti mediatici. E' lei che ha il dovere di
comunicare ai magistrati delle devianze e ove necessario provvedere al
sequestro, lo spengimento del sito incriminato, e comunicarlo al giudice, che
avallerà la decisione o ordinerà la riapertura del canale web. Ho fatto
l'esempio della rete. Sono comunque variegati gli ambiti in cui opera lo stato
per controllare che non sia utilizzato contro i canoni della legge il diritto
di parola. Penso alla commissione bicamerale per la vigilanza della RAI, organo
parlamentare che ha il controllo di vegliare sulla TV di stato. Il controllo
sulle molte TV e radio private da parte delle autorità amministrative, ad
esempio i dipartimenti del ministero delle Telecomunicazioni. Deve essere
chiaro che questa opera delle autorità dello stato non deve mai mettere in
dubbio il principio di libertà e di pluralità del pensiero espresso con
qualsiasi mezzo di comunicazione. Nessuno è censurato o censurabile. Il compito
statale è quello di comunicare alla autorità giudiziaria eventuali atti
illeciti, alla fine dei conti sarà questo, solo questo, organo dello stato a
rilevare eventuali reati, in forza della sua autorità super partes.
L'ultimo
comma vieta la pubblicazione a stampa e spettacoli contrari al buon costume. Il
concetto di "Buon costume" è mutato nel corso degli anni. Decenni fa
per un giudice particolarmente probo poteva essere scandaloso mostrare anche
solo che una donna mostrasse in pubblico le proprie gambe nude o le proprie
braccia. C'è purtroppo poco da ridere. In alcuni paesi Africani o asiatici
ancora oggi se una donna mostra in pubblico parti del proprio corpo, viene
condannata anche alla pena di morte. E' doveroso condannare chi lede in questo
modo il più elementare diritto ad essere libero della donna. Chi applica la
cosiddetta Sharia, la legge islamica, non rispetta norme ma lede i diritti
delle persone, della parte femminile dell'umanità, bisogna ricordarlo. Dopo
questo inciso è giusto ricordare che oggi il concetto di "buon costume"
nel nostro paese è fortunatamente molto diverso da quelli prima esposti. La
donna può sentirsi libera in Italia di vestire come vuole, ovviamente non
superando quei limiti di decenza che vietano di mostrare nelle pubbliche piazze
le putenda. La cosa importante, decisiva per far capire lo spirito democratico
ed egualitario del nostro stato, è che le stesse norme che l'Italia impone alla
donna in materia di pubblico pudore, valgono per l'uomo. Questo concetto è
valido e diffuso in ogni stato che, come il nostro, si definisce occidentale.
Ecco la ragione per cui oggi sono autorizzati alla stampa i cosiddetti giornali
Osé, ma con la possibilità di essere censurati, cioè sottratti alla pubblica
lettura preventivamente, cosa invece non prevista per altre riviste e giornali,
se le immagini e i contenuti che riportano sono talmente "forti"
(passatemi questa parola) da non poter rimanere indifferenti al pubblico
ludibrio. Speriamo che nessun giornale arrivi a questo. Occorre ricordare che
film importantissimi nella filmografia mondiale e italiana furono posti sotto
censura per scabrosità. Negli anni 70 del secolo scorso per mesi non poté
uscire nelle sale "L'ultimo tanto a Parigi" di Bernardo Bertolucci.
Che dire? La censura nella filmografia appare ancor oggi necessaria. E' bene
che alcuni film siano proposti, ad esempio, solo a un pubblico adulto. Detto
questo è bene che si utilizzi, come dicevano i latini, grano salis, cioè si
sappia intuire quando certi contenuti e certe scene che il pubblico pensiero
considera scabrose, siano in realtà strumento di espressione creativa di un
artista. Comunque ottemperare a questo impegno di ponderata saggezza è compito
difficilissimo, si è sbagliato in passato, è facile pensare che si continuerà a
sbagliare in futuro.
testo scritto da Giovanni Falagario
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