domenica 3 maggio 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE



ARTICOLO 21 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dall'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. 

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle prime ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.

La legge può stabilire con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. 

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume . La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
Per ricordare i 70 della Costituzione Italiana non poteva mancare il ricordo dell'articolo 21. L'articolo della libertà di pensiero e di parola. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola con lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Questo è il primo comma dell'articolo. Niente censure, niente silenzi imposti. Ogni persona ha diritto di dire la propria idea, anche se in contrasto con il pensiero dei più. Ovviamente lo stato e la sua forza autoritaria non devono impedire il proferire del pensiero, a meno che questo non sia latore di un reato penale, quale ad esempio la calunnia. In questo caso occorre dire il nostro ordinamento democratico non prevede la censura, ma il perseguimento penale dell'eventuale calunniatore. Insomma la censura è preclusa nel nostro paese. Tanto è vero che i giornali possono essere sequestrati, ma mai si può impedirne la loro stampa. Insomma in Italia, almeno secondo la legge, ognuno può e deve dire la sua, in qualsiasi luogo. Difficile dire che questo articolo sia realmente applicato. L'Italia è agli ultimi posti nelle classifiche dei paesi occidentali per quanto riguarda la libertà di stampa. C'è di fatto un controllo sostanziale delle notizie. Il potere economico e politico esercita un vero e proprio controllo della stampa. Non è un caso che per vent'anni un editore abbia egemonizzato la vita politica. Questo dimostra come la stampa difficilmente sia libera, e che sia anzi asservita agli interessi economici e alla fame di potere di pochi. Ma la libertà di parola si esercita anche nel quotidiano. Si esercita grazie alla disponibilità all'ascolto dell'altro. Per esercitare la libertà di parola dovremmo imparare ad ascoltare. Quante volte un dialogo diventa un monologo. Quante volte riempiamo di insulti il nostro interlocutore senza renderci disponibili all'ascolto? Troppe! L'articolo 21 si esercita anche nel quotidiano, rispettando il proprio collega, rispettando il commesso del negozio che prova a spiegarci le motivazioni di un'attesa prolungata, rispettando colui che ci sembra dica cose poco interessanti e di conseguenza liquidiamo il suo interloquire con una sonora pernacchia, nella migliore delle ipotesi, o con improperi degni di tori ben più gravi che una semplice paralipomena poco gradita. Allora garantire la libertà di parola propria e altri è un esercizio di vita. Far proferire agli altri parola vuol dire prima di tutto imparare ad ascoltare. Vuol dire riuscire ad intuire che ogni parola detta da un altro è importantissima. Impariamo ad ascoltare gli altri. Impariamo a rispettare il loro pensiero. Impariamo ad esercitare la nostra libertà di parola, rispettando il verbo degli altri. Questo contribuirà a fare della nostra Italia un posto migliore. L'articolo 21, la libertà. non è solo il riconoscimento di un diritto, è anche un'indicazione su come vivere la vita assieme agli altri.

E' giusto ricordare che l'articolo 21 è anche uno prezioso strumento per il potere legislativo, l'autorità giudiziaria e di polizia per districarsi nel delicatissimo compito di bilanciare il diritto di parola con altri diritti della persona umana. Il costituente indica chiaramente come le autorità dello stato debbano comportarsi in caso di utilizzo della libertà di proferire parola per commettere reati penali, soprattutto contro la persona ma non solo. Il comma 3 del presente articolo dice che non esiste la censura preventiva nel nostro ordinamento,si può sequestrare un documento redatto con qualsiasi strumento di comunicazione soltanto forti di un atto dell'autorità giudiziaria che lo autorizza in base a tassative indicazioni prodotte dalla legge. In casi d'urgenza, precisa il IV comma, il sequestro può essere effettuato da ufficiali di polizia giudiziaria, ma il loro gesto deve essere immediatamente comunicato al magistrato competente che entro ventiquattrore lo deve legittimare con atto proprio, altrimenti il sequestro è come se non fosse stato fatto ed è dovere dello stato rimettere alla pubblica lettura il cartaceo illegittimamente tolto dal commercio. 
Il V comma dell'articolo 21 della Costituzione Italiana indica che i finanziamenti e i finanziatori dei giornali, o comunque dei mezzi di informazione, devono essere noti. Questo comma è di estrema e stringente attualità oggi, in cui le notizie si acquisiscono con strumenti di divulgazione rapidi e senza possibilità di un pronto controllo, quale è ad esempio la "rete", cioè internet. Molto spesso si diffondono notizie la cui fonte è sconosciuta. Sono ignote anche le finalità per cui una rete di informazioni si sia presa la briga di diffondere una informazione. Come fare a risolvere questo delicatissimo problema? La legge trova nell'azione della Polizia Postale lo strumento per vegliare sui prodotti mediatici. E' lei che ha il dovere di comunicare ai magistrati delle devianze e ove necessario provvedere al sequestro, lo spengimento del sito incriminato, e comunicarlo al giudice, che avallerà la decisione o ordinerà la riapertura del canale web. Ho fatto l'esempio della rete. Sono comunque variegati gli ambiti in cui opera lo stato per controllare che non sia utilizzato contro i canoni della legge il diritto di parola. Penso alla commissione bicamerale per la vigilanza della RAI, organo parlamentare che ha il controllo di vegliare sulla TV di stato. Il controllo sulle molte TV e radio private da parte delle autorità amministrative, ad esempio i dipartimenti del ministero delle Telecomunicazioni. Deve essere chiaro che questa opera delle autorità dello stato non deve mai mettere in dubbio il principio di libertà e di pluralità del pensiero espresso con qualsiasi mezzo di comunicazione. Nessuno è censurato o censurabile. Il compito statale è quello di comunicare alla autorità giudiziaria eventuali atti illeciti, alla fine dei conti sarà questo, solo questo, organo dello stato a rilevare eventuali reati, in forza della sua autorità super partes.

L'ultimo comma vieta la pubblicazione a stampa e spettacoli contrari al buon costume. Il concetto di "Buon costume" è mutato nel corso degli anni. Decenni fa per un giudice particolarmente probo poteva essere scandaloso mostrare anche solo che una donna mostrasse in pubblico le proprie gambe nude o le proprie braccia. C'è purtroppo poco da ridere. In alcuni paesi Africani o asiatici ancora oggi se una donna mostra in pubblico parti del proprio corpo, viene condannata anche alla pena di morte. E' doveroso condannare chi lede in questo modo il più elementare diritto ad essere libero della donna. Chi applica la cosiddetta Sharia, la legge islamica, non rispetta norme ma lede i diritti delle persone, della parte femminile dell'umanità, bisogna ricordarlo. Dopo questo inciso è giusto ricordare che oggi il concetto di "buon costume" nel nostro paese è fortunatamente molto diverso da quelli prima esposti. La donna può sentirsi libera in Italia di vestire come vuole, ovviamente non superando quei limiti di decenza che vietano di mostrare nelle pubbliche piazze le putenda. La cosa importante, decisiva per far capire lo spirito democratico ed egualitario del nostro stato, è che le stesse norme che l'Italia impone alla donna in materia di pubblico pudore, valgono per l'uomo. Questo concetto è valido e diffuso in ogni stato che, come il nostro, si definisce occidentale. Ecco la ragione per cui oggi sono autorizzati alla stampa i cosiddetti giornali Osé, ma con la possibilità di essere censurati, cioè sottratti alla pubblica lettura preventivamente, cosa invece non prevista per altre riviste e giornali, se le immagini e i contenuti che riportano sono talmente "forti" (passatemi questa parola) da non poter rimanere indifferenti al pubblico ludibrio. Speriamo che nessun giornale arrivi a questo. Occorre ricordare che film importantissimi nella filmografia mondiale e italiana furono posti sotto censura per scabrosità. Negli anni 70 del secolo scorso per mesi non poté uscire nelle sale "L'ultimo tanto a Parigi" di Bernardo Bertolucci. Che dire? La censura nella filmografia appare ancor oggi necessaria. E' bene che alcuni film siano proposti, ad esempio, solo a un pubblico adulto. Detto questo è bene che si utilizzi, come dicevano i latini, grano salis, cioè si sappia intuire quando certi contenuti e certe scene che il pubblico pensiero considera scabrose, siano in realtà strumento di espressione creativa di un artista. Comunque ottemperare a questo impegno di ponderata saggezza è compito difficilissimo, si è sbagliato in passato, è facile pensare che si continuerà a sbagliare in futuro.
testo scritto da Giovanni Falagario


Nessun commento:

Posta un commento