PRIMO MAGGIO
Oggi è il primo giorno del mese di Maggio. Oggi è la festa
dei lavoratori. Per tradizione ormai consolidata in molte nazioni del mondo
oggi si riposa per rendere omaggio a chi tutti gli altri giorni dell’anno suda
e si impegna per garantire la prosperità propria e della collettività. Insomma
oggi è il giorno dedicato a tutti coloro, sono la stragrande maggioranza degli
esseri umani, che si adoperano quotidianamente per garantire il cibo a sé e
alla propria famiglia. E’ la festa delle cosiddette massaie, cioè di coloro,
sono in maggioranza donne,  che in casa
cucinano e tengono in ordine le cose e le esistenze dei propri familiari. È la
festa di chi lavora nelle fabbriche e nelle campagne, negli uffici e negli
ospedali. È la festa di chi studia, gli alunni, e di chi fa studiare, i
docenti. Insomma è la festa di tutti. È la festa dei malati, dei disabili e dei
loro familiari, che si cimentano nella difficile impresa di vivere in momenti e
situazioni che appaiono eccezionali e complesse. Un ricordo commosso e vivo d’affetto
per gli operatori sanitari che proprio in queste ore stanno lavorando contro la
tremenda sfida portata alla vita dal Corona Virus. Siamo con Voi! Vi
ringraziamo per il vostro sforzo, per la vostra dedizione umana, e per la
vostra competenza professionale che ci salva la vita. 
Ma perché proprio oggi è la festa dei lavoratori? Perché si
ricorda un avvenimento. Un importante sciopero collettivo che coinvolse gli
interi Stati Uniti fra il primo e il sette maggio del 1886, ormai più di un
secolo fa. I lavoratori chiedevano diritti e salari dignitosi. L’America
prospera, che si avviava ad essere la prima potenza industriale del mondo, non
offriva garanzie a coloro che con il loro sudore generavano la ricchezza della
nazione. In quei giorni vi erano fabbriche chiuse ed assemblee collettive in
tutti gli USA. Chicago la città delle industrie e delle imprese era in
fibrillazione. Tutto era fermo, in quella metropoli che era il cuore palpitante
della produzione industriale del paese. Gli operai invece di lavorare erano
nelle strade e nei giardini a discutere fra loro dei propri destini e delle
prospettive di benessere nazionale. Le regole del gioco economico dovevano
cambiare. Questa era la loro richiesta. Non si doveva più produrre solo per
garantire profitti ai grandi capitali, ma si doveva lavorare per produrre
benessere agli operai e ai contadini e garantire alle loro famiglie una vita
degna. Bisognava permettere ai bimbi di andare a scuola a studiare. Bisognava
garantire la possibilità che vi fosse la cosiddetta “ascensore sociale”. Cioè
dare la possibilità, a chi era nato in una famiglia povera, di studiare e di
mettere a frutto le proprie capacità intellettuali e manuali per poter svolgere
attività intellettuali. Insomma il sogno di un operaio era quello di vedere il
proprio figlio la propria figlia diventare medico, avvocato o professore. Si
chiedeva anche che ognuno lavorasse secondo le proprie possibilità, anche
spendendo fino all’ultimo le proprie energie, ma allo stesso tempo che ognuno
potesse avere beni secondo i propri bisogni. Una rivoluzione copernicana che
imponeva che vi fosse il principio secondo cui anche chi non poteva lavorare
avesse diritto non solo a mangiare, ma anche ad una abitazione e alle cure
mediche. Questo moto di liberazione si concluse tragicamente il 5 maggio. La
polizia di Chicago si mosse quale tremenda testuggine guerresca contro la
comunità di persone manifestanti. Vi fu uno scontro violento. Molti operai
morirono e furono gravemente feriti, anche nelle forze di polizia si
registrarono lutti. Il paradosso fu che poche settimane dopo furono processati
e condannati a pene durissime quegli stessi lavoratori feriti e morti per mano
del potere statale. Si registrarono anche condanne a morte per “i più
facinorosi”. Sentiti questi drammatici avvenimenti da testimoni oculari, l’Internazionale
dei Lavoratori riunita a Parigi dichiarò il Primo Maggio di ogni anno come
giorno di Lotta e rivendicazione sociale in ogni parte del modo. Da quel giorno
il Primo Maggio è il momento per discutere e pensare collettivamente al valore
che il lavoro ha nella vita sociale, collettiva e di ognuno di noi. Non si deve
morire di lavoro. Si deve lavorare per vivere. Questa è la convinzione che deve
scaturire ripensando ai tragici eventi del passato. Cambiare in meglio la
società è possibile. Lo dimostra proprio quel I maggio del 1886. Il sangue
sparso nelle strade ha suscitato una coscienza collettiva che spinge per
garantire dignità e benessere a tutti. Il lavoro non è sfruttamento. Il lavoro
non è svilibile nelle logiche di denaro. Il lavoro è principalmente l’impegno
dei medici e delle infermieri e infermieri che lottano contro ogni male. Il
lavoro è l’insegnate che prende per mano i propri alunni per farli diventare
cittadini responsabili. Il lavoro è l’impegno dell’operaio, dell’impiegato, del
dirigente per garantire il bene di tutti, non solo portare a casa lo stipendio.
Il lavoro è il banchiere che garantisce i soldi di tutti i correntisti,
soprattutto i più deboli e poveri, che magari utilizzano il proprio conto solo
per accreditare il magro stipendio. A questi uomini, e anche ai volontari e
alle volontarie che si adoperano gratuitamente per la tutela della salute e del
benessere di tutti, che chi scrive vuol dare il suo augurio di buon Primo
Maggio. Senza di voi ci sarebbe solo stordimento e insicurezza. 
testo di Giovanni Falagario

 
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