ARTICOLO 22 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“Nessuno può essere
privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del
nome”
L’articolo 22 della Costituzione Italiana sancisce che
nessuna motivazione politica può privare l’uomo e la donna del proprio nome,
della propria capacità di essere soggetti che possono compiere atti giuridici,
della cittadinanza. Si sancisce il diritto ad avere e a mantenere la propria
identità. Il nome è ciò che ci rende unici ed eccezionali. La dignità della
persona si preserva soprattutto riconoscendo il suo diritto ad avere una
personalità. Ogni persona, anche coloro che hanno problemi psichici, è un soggetto
che ha una propria individualità. Ognuno la esprime diversamente. Lo stato deve
fare in modo che nessuno possa essere ridotto allo stato subumano. I precedenti
tragici della prima metà del XX secolo ci debbono servire da monito. I regimi
nazisti, fascisti e comunisti si sono adoperati per negare la dignità di uomini
ad oppositori, facenti parte di comunità religiose o culturali minoritarie, e a
disabili. I campi di concentramento nazisti e i gulag staliniani sono stati la
negazione del diritto alla dignità che ogni uomo ha. Stalin internava nei gulag
oppositori politici, ma anche appartenenti a etnie considerate, follemente,
pericolose per il regime comunista, tali erano considerati, ad esempio, gli
ebrei che risiedevano in Ucraina. Hitler ha negato il diritto alla vita a
milioni di Ebrei, zingari, oppositori del regime e disabili. Ha mandato tutte
queste persone nei campi di sterminio, gli ha dato la morte manifestando il suo
cinismo e la sua mancanza di umanità. Insomma ha reso possibile l’annullamento
della persona umana. I soggetti invisi al regime erano carne, il termine pare
appropriato, da mandare al macello. Non è un caso che Primo Levi, vittima e
testimone a un tempo della follia concentrazionista del nazismo, si chiesa “se
questo è un uomo?”, è il titolo di uno dei suoi libri che parlano di Auschwitz.
Insomma l’articolo 22 sancisce a chiare lettere la sacralità della persona
umana, è un corollario dell’articolo 2 che riconosce i diritti della persona,
il diritto al nome è uno dei modi per tutelare l’integrità fisica e morale di
tutti. Nessuno potrà mai finire nei campi se gli sarà riconosciuto il diritto
al nome, il diritto ad essere unico e allo stesso tempo uguale agli altri. Un
altro diritto è quello di mantenere la propria cittadinanza. Si sa i regimi
politici hanno sempre visto come strumento di potere la possibilità di negare
la cittadinanza a chi fosse visto come elemento di pericolo per il proprio
potere. La costituzione nega tassativamente che possa essere applicato questo
sopruso nel nostro regime repubblicano. Ci sono casi in cui un cittadino
potrebbe perdere la cittadinanza, ma sono esplicitamente citati in costituzione
e normati da una legge dello stato. Nel caso un cittadino italiano abbia
lavorato per enti statali stranieri e abbia prestato servizio militare per una
potenza straniera, potrebbe perdere la cittadinanza se l’autorità preposta lo
ritenga necessario. Ma questi sono casi limite. La norma è che la cittadinanza
è un bene prezioso che non si può perdere. Sul tema della cittadinanza si è
aperto un dibattito ampio. Una proposta di legge, ormai senza speranza di
essere approvata, estendeva ai bambini nati in Italia, ma figli di non
cittadini italiani residenti, però, nel nostro paese, il diritto di
cittadinanza. Il dibattito si è fatto intenso. E’ giusto lasciare il diritto di
cittadinanza ai soli figli di cittadini italiani o sarebbe meglio dare anche a
chi è nato, studia e vive in Italia, pur
essendo figlio di stranieri, la cittadinanza. La destra e il Movimento Cinque
Stelle preferiscono che sia il “sangue”, cioè l’ascendenza, a determinare la
cittadinanza. La sinistra vorrebbe che fosse la cultura a determinare la
cittadinanza, che chi parla italiano vive in Italia studia nel nostro paese
fosse italiano. E’ un dibattito ampio. Il candidato alla presidenza della
Regione Lombardia della destra ha dichiarato che sua intenzione “è difendere la
razza italiana”, questo è un moto che lo accomuna a tutti coloro che voteranno
Lega e Forza Italia. L’elemento etnico è fondamentale per la destra di oggi
esattamente come lo era per la destra mussoliniana che nel 1938 promulgò, con
la complicità di casa Savoia, le leggi razziali. Noi che scriviamo crediamo che
la razza sia solo quella umana, che non vi siano differenze etniche tale da
fare discriminazioni. Rimane il fatto che milioni di miei concittadini, votando
le forze politiche legate a Salvini, Berlusconi e Meloni, non la pensano così.
Pensano che il cittadino italiano che ha diritto a una vita dignitosa sia solo
bianco e di molte generazioni italiano. Esattamente come la pensavano Hitler e
Mussolini, che sotto al loro regime imponevano che bisognasse dimostrare di
avere sangue italiano o tedesco al 100%, certificando che i propri genitori e
nonni non erano ebrei, oggi la destra pensa che solo chi è di sangue italiano
abbia diritto alla cittadinanza. Questa convinzione deve essere vinta. Bisogna
sottrarre consenso a una destra di tal fatta. Bisogna farlo con paziente opera
di persuasione. Bisogna farlo facendo intendere che la solidarietà umana è un
cardine fondante del vivere insieme. Bisogna farlo ricordando che il diritto a
non essere privati del nome, della cittadinanza e della capacità giuridica è
una conquista ottenuta grazie al sacrificio dei milioni di ebrei, dei milioni
di zingari dei milioni di perseguitati morti per mano di un regime totalitario
che negava la dignità umana a coloro che erano considerati di “razza”
inferiore. Bandire il termine “razza” dal nostro vocabolario, non votare
partiti che usano questo termine è un dovere morale che abbiamo in nome del
rispetto e la pietà che dobbiamo ai milioni di morti dell’Olocausto.
Testo di Giovanni Falagario
Nessun commento:
Posta un commento