lunedì 25 maggio 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE



ARTICOLO 24 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento

Sono assicurati ai non abbienti con appositi istituti i mezzi per agire e difendersi davanti a ogni giurisdizione.

La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”

L’articolo 24 della Costituzione sancisce il diritto di ogni persona di rivendicare davanti allo stato, davanti a un magistrato, i propri diritti violati. Questo principio è stato istituito in Germania nel 1700. Un mugnaio di una piccola città tedesca, Postdam, era vessato dai soprusi del signore locale. Il nobile gli imponeva lavori di corveè, lavoro gratuito che il villano doveva al signore nel Medioevo, senza che questi fossero sanciti dalle leggi e consuetudini locali. Il mugnaio indignato andò a Berlino. Si rivolse al re di Prussia, Federico il Grande, pronunciando la frase che d’allora rimase proverbiale: “c’è un giudice a Berlino?”. Il sovrano giudicò che, in base alle leggi e alle tradizioni giuridiche della Prussia, il contadino avesse ragione a reputare vessatorio il comportamento del signorotto locale, e sancì che il mugnaio fosse libero dalle imposizioni medievali.  Questo precedente storico inserì fra i diritti inviolabili dell’uomo anche quello di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti. Chiunque, se vittima di soprusi frutto della violazione di legge, può chiedere l’aiuto dello stato per ripristinare un proprio diritto violato. Tutti gli ordinamenti Costituzionali che sono nati successivamente, dalla Costituzione Americana alla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo francese hanno incardinato, nei propri statuti, il principio. Tutti gli stati liberali dell’Ottocento  hanno inciso nelle proprie leggi questo principio inderogabile. E’ lampante che qualsiasi diritto non possa essere considerato tutelato in un ordinamento statuale, se non è effettivo. Effettivo vuol dire che sia possibile esercitarlo pienamente e se ciò non avviene sia nelle facoltà del cittadino chiamare in giudizio chi impedisce il suo esercizio. Insomma chi subisce un torto ha la possibilità, il sacrosanto diritto, di chiedere giustizia allo stato attraverso un organo appositamente istituito e preposto a difendere la legalità. Lo stato italiano, la Costituzione, garantisce la difesa dei diritti e degli interessi legittimi di ogni persona. I diritti sono direttamente esigibili da parte del soggetto. Io compro una cosa, e in virtù dell’atto giuridico dell’acquisto, ho il diritto di proprietà sul bene. Nessuno può sottrarmi quel bene che rientra nella piena mia proprietà. L’Interesse legittimo è importantissimo al pari del diritto soggettivo. Ogni cittadino, ogni persona, che si trova a confrontarsi con la pubblica amministrazione deve avere la garanzia che gli atti d’autorità di quest’ultima siano conformi alla legge dello stato. Si fa l’esempio dei concorsi pubblici. Il singolo partecipante non ha il diritto soggettivo a vincere il concorso ed ottenere un posto di lavoro, ma ha l’interesse legittimo che la prova concorsuale si svolga senza brogli ed adempiendo le norme di legge in materia. Insomma l’interesse legittimo si esercita contro gli atti amministrativi esecutivi che si rivolgono a una vasta platea di utenti, i quali possono rivolgersi ad un apposito tribunale, il TAR (Tribunale Amministrativo), se ritengono che siano violate norme dello stato o delle regioni. Il secondo comma dell’articolo 24 sancisce il diritto inviolabile alla difesa. Chi è chiamato in giudizio ha il diritto di difendersi o in prima persona o, come è usuale e spesse volte indispensabile, chiedendo l’ausilio di un professionista, un avvocato. Il diritto alla difesa è un principio volto a scongiurare i soprusi. Nessuno deve essere in balia dello stato, nessuno deve essere sottoposto ad angherie. L’esempio letterario di Kafka deve essere scongiurato. Nessuno deve essere come K., l’anonimo protagonista del romanzo “Il Processo”, condotto agli arresti, processato e condannato a morte senza conoscere le ragioni dell’accusa e senza avere la possibilità di difendersi. La nostra costituzione sancisce, al contrario, il diritto alla difesa in ogni ordine e grado del procedimento, che impone, come necessario corollario, la conoscenza da parte dell’imputato dei capi d’accusa. E’ d’obbligo ricordare che negli anni bui del XX secolo i regimi fascisti e nazisti hanno condotto in prigionia e hanno ucciso milioni di persone innocenti negandogli un processo. Gli ebrei deportati, quali agnelli sacrificali, furono depostati senza alcuna possibilità di difendersi. La stessa sorte la subirono gli zingari, la comunità Sinti, anch’essa perseguitata dal nazifascismo. I disabili furono internati in nome di un vago e crudele principio di sanità pubblica, che si fondava sull’idea che il meno atto ad affrontare la vita dovesse essere soppresso, cancellando così l’idea che la vita di chiunque è un bene inviolabile. Insomma senza il diritto alla difesa, lo stato, totalitario, ha compiuto gravissimi crimini. La legge deve, come dice il terzo comma dell’articolo 24, garantire gli strumenti di difesa a chi non ha i soldi e gli strumenti culturali per acquisirli da solo. E’ stata istituita la figura dell’avvocato d’ufficio che ha il compito di difendere gratuitamente chi è in stato d’indigenza. Questo istituto è un atto di umanità e di saggezza giuridica volto a venire incontro a chi si trova ad affrontare una causa in stato d’indigenza. L’ultimo comma dell’articolo 24 sancisce il diritto ad essere risarciti in caso di errori giudiziari. Il cittadino che come K. Subisce le angherie del potere deve essere rimborsato. E’ un principio di giustizia. Chiunque subisca processi ha dei danni non solo materiali ma anche morali. Se è costretto a subirli ingiustamente deve essere risarcito. Alle volte, specie se si è accusati ingiustamente di gravi reati penali, un risarcimento economico, per quanto consistente, non sarà mai adeguato all’onta subita. In questi anni si è molto discusso se fosse il caso di introdurre la responsabilità penale e civile del giudice nel nostro ordinamento. Oggi se un giudice sbaglia è lo stato che paga che risarcisce, in seguito potrà rivalersi sul giudice, ma riprendendosi piccola parte del dato alla vittima dell’errore giudiziario. La destra vorrebbe che fosse il giudice a pagare interamente i danni provocati. Staremo a vedere. Certo l’introduzione della responsabilità personale del giudice sarebbe un grave nocumento per la sua libertà di giudizio. Il magistrato dovrebbe pensare prima alle cause giudiziarie che dovrà affrontare, che a fare giustizia. Più razionale è l’attuale modello, in cui lo stato risarcisce e il giudice, uomo di coscienza, proncia le sue sentenze in spirito di verità e giustizia senza alcun vincolo psicologico. Staremo a vedere cosa succederà. Certo che per rendere effettivo lo spirito dell’articolo 24, per garantire al cittadino l’esistenza di un giudizio sereno e libero, bisognerebbe che la magistratura fosse libera da ogni condizionamento.
Testo di Giovanni Falagario

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