ARTICOLO 26 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto
ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali.
Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici.”
L’articolo 26 della Costituzione Italiana pone un paletto fondamentale
nella disciplina dei rapporti con gli altri stati. Non è possibile che un
cittadino italiano sia consegnato ad una autorità straniera giudicante o di
polizia senza che vi sia un accordo internazionale che regolamenti l’atto. Per
autorizzare l’estradizione di un cittadino italiano bisogna che ci sia stato un
trattato in materia fra l’Italia e la nazione in questione, oppure occorre che
l’atto sia previsto da trattati plurinazionali ai quali sia l’Italia che la
controparte statuale abbiano aderito. Non solo, ma stante l’accordo di diritto
internazione, abbisogna che un giudice italiano costati che la richiesta
proveniente dall’estero abbia un fondamento giuridico sia in base agli accordi
internazionali, sia in base alle leggi dello stato richiedente e, soprattutto,
che sia ammissibile in base ai principi fondamentali dello Stato Italiano.
Occorre a questo punto ricordare che è assolutamente vietato concedere
l’estradizione di un cittadino italiano, ma anche di uno straniero che si trova
nel nostro paese, se i giudici stranieri intendono giudicarlo in base a una
legge che prevede come strumento di espiazione della pena la morte. Su questo
la Costituzione, come si può chiaramente leggere nell’articolo 27 ultimo comma
della stessa, è chiarissima. La pena di morte non è ammessa nel nostro
ordinamento. Punire con la perdita della vita è considerato un atto barbaro,
che lede il diritto all’esistenza proprio di ogni essere umano. L’Italia non
può concedere l’estradizione a stati che puniscono con la morte. E’ successo
nel corso degli anni che il nostro paese abbia avuto anche aspre contese con
gli Stati Uniti d’America. Alcuni stati federali che fanno parte della potenza
americana, da decenni alleata, prevedono la pena di morte. Dei nostri
concittadini sono stati processati negli USA, rischiando la pena capitale, lo
stato italiano ha sempre resistito alle richieste americane di estradizione,
con esiti controversi, ma che comunque hanno reso lampante che il nostro ordinamento è sensibile al tema
della vita come valore e di conseguenza ha gli strumenti per resistere anche
alle ingerenze di una superpotenza amica. Il secondo comma dell’articolo 26
sancisce l’impossibilità assoluta, a prescindere da accordi e da legami
internazionali, di estradare una qualsiasi persona per reati politici. Il reato
d’opinione politica non è contemplato nel nostro ordinamento. Chi rischia la
galera nel proprio paese per come pensa è visto dall’Italia non come imputato,
ma come paladino di libertà e di coerenza. Nel mondo ci sono tanti uomini e
tante donne che hanno subito l’onta della prigione solo perché hanno avuto il
coraggio di alzare forte la loro voce contro i soprusi e gli atti dittatoriali
dei propri governi. Se riescono a giungere nel nostro paese questi valorosi
devono essere protetti. L’Italia non deve e non può, per motivi etici e per i
valori democratici di cui il nostro ordinamento è latore, autorizzare
l’estradizione di chicchessia verso paesi in cui il potere di polizia e
politico è prevaricante. Luoghi in cui si applica la tortura come strumento di coercizione.
Nessuno può essere stradato se rischia di subire pene di tipo corporale.
Insomma l’articolo 26 impone norme di civiltà indirizzate agli organi statuali.
E’ lo stato, attraverso l’ordinamento giudiziario e il governo, a dover
vegliare al fini di impedire l’estradizione in paesi non liberali e non
democratici. Ma allo stesso tempo è un faro, è un punto di riferimento, per
tutti i cittadini e gli uomini che lo leggono. Sapere che la costituzione, pur
rispettosa dell’ordinamento internazionale, è un baluardo invalicabile contro
ogni violenza e prevaricazione, contro ogni atto contrario allo spirito
umanitario, deve essere allo stesso tempo fonte d’orgoglio nazionale e sprone
per rendere i principi umanitari cogenti e presenti anche nella vita
quotidiana. La solidarietà verso le persone che fuggono da guerre e violenze
deve essere un obbligo morale per tutti noi.
Testo di Giovanni Falagario
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