domenica 4 febbraio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 29

ARTICOLO 29

“La repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.”

Per festeggiare i settant'anni dalla promulgazione della carta costituzionale "Racconto a Mano libera" pubblica tutti gli articolo della nostra carta fondamentale.
L’articolo 29 della Costituzione Italiana è il primo del Titolo secondo, che include otto articoli costituzionali dedicati ai rapporti etico sociali. Sono articoli che parlano e regolamentano negli aspetti generali e principali le cosiddette società intermedie, cioè le istituzioni che si trovano in una posizione di mediatore fra lo stato e il singolo. Queste società intermedie sono: la famiglia, evocata nel presente articolo e nei tre successivi, la sanità e gli istituti di cultura, fra cui la scuola. Insomma dall’articolo 29 al 34 la Costituzione cita gli ambiti in cui la persona si forma, il più importante è ovviamente quello familiare. La repubblica non istituisce, ma riconosce la famiglia. Il verbo in questione è importantissimo. Non è lo stato a sancire l’esistenza del nucleo familiare, la famiglia esiste, si fonda sull’affetto fra le persone che ne fanno parte. Non è una legge che la fa nascere, ma è l’amore e i legami affettivi, non sempre tutti positivi bisogna dirlo, che uniscono persone nate da uno stesso ceppo o che comunque sono legati da un forte affetto. La famiglia esiste da quando esiste l’uomo. Ha mutato forma, ha cambiato le relazioni che intercorrono fra i membri, ha cambiato la propria essenza, ma esiste da milioni di anni. Nelle società primitive c’era il “clan” una forma familiare in cui il pater familia, il capo, spesse volte aveva la funzione di padre e padrone, si comportava da despota con autorità e brutalità. In passato , nella preistoria, c’era, anche, un sistema familiare fondato sull’egemonia femminile. Alcune comunità antichissime non avevano un capo maschio, ma avevano una guida femminile, almeno così ci racconta l’antropologa Marija Gimbutas nel suo “Il linguaggio della Dea”. Insomma la famiglia, quale struttura umana più antica, ha avuto un’evoluzione storica lenta e ha assunto nei millenni forme diverse. E’ l’esempio classico che la “Nuova Storiografia Francese”, quella che ha come padri Jaques Legoff e Marc Block, definisce istituzione “di lunga durata”, cioè una formazione sociale presente nella storia dell’umanità da tempi indefiniti, quindi appunto di lunga durata, che ha subito trasformazioni nelle varie epoche storiche che ha percorso. Insomma la famiglia è. La Famiglia non ha bisogno dello stato per poter esistere. Non è una società commerciale, che è riconosciuta, esiste, è istituita dallo stato, attraverso le norme del diritto civile. Esisterebbe anche senza norme esterne. Il suo fondamento, come detto, sono i rapporti parentali. Alla luce di questa affermazione si potrebbe affermare: allora perché citare la famiglia in Costituzione? Che bisogno ha la famiglia dello stato? La risposta è: lo stato, la repubblica, ha bisogno della famiglia. L’istituzione familiare è il fondamento del vivere civile. Non ci può essere società senza quel nucleo composto almeno da una donna, un uomo ed, eventualmente, da dei bambini. Non ci sarebbe vita senza il rapporto affettivo. La costituzione riconosce un certo tipo di famiglia, quella fondata sul matrimonio. L’elemento fondamentale che si pone al centro è l’amore di un uomo e di una donna che culmina con una celebrazione pubblica che è lo sposalizio, che ha effetti anche dal punto di vista legale. Le norme, però, sono come dei paletti esterni. I coniugi sono liberi di vivere la vita comune che desiderano. Lo stato gli impone delle norme che non devono servire a limitare il loro rapporto di coppia, ma ad indirizzarlo. Norme che garantiscono la tutela della prole. I figli, essendo creature piccole, devono essere messe al centro della famiglia. E’ quasi scontato che due genitori facciano di tutto per aver cura dei propri figli, ma se per un eventuale malaugurato caso non lo fanno è lo stato che si impone, mette paletti, al fine di garantire la salute, la formazione culturale e la crescita dei piccoli. Lo stesso vale nei rapporti fra coniugi, se uno dei membri della coppia, soprattutto l’uomo, si comporta in maniera prevaricante verso la compagna , è la legge che interviene e redarguisce. Insomma il codice di famiglia, riformato negli anni ’70 del secolo scorso, vuole essere strumento di difesa dei singoli all’interno del nucleo familiare, vuole essere baluardo di eguaglianza e latore di valori di solidarietà. Uomini e donne sono uguali, marito e moglie hanno gli stessi diritti e doveri davanti alla famiglia. Viene superato il concetto di “pater familia”, cioè la patria potestas, il diritto e dovere di vegliare sui piccoli della famiglia non è più solo del padre. La potestà genitoriale è un diritto dovere sia della mamma che del papà. La moglie non è più sottomessa al marito, ma è persona che ha identico ruolo a quello del coniuge. Questo è stato uno dei grandi traguardi della Costituzione. L’uguaglianza dell’uomo e della donna si raggiunge soprattutto nella famiglia, è qui che la differenza di genere è importantissima, che il ruolo materno si manifesta in tutta la sua bellezza, è qui dunque che il rispetto della donna come cittadina diviene lo strumento per rendere effettivo il principio di parità. La donna è uguale all’uomo in tutti gli aspetti della vita familiare. Lo stato riconosce che c’è stato un secolare pregiudizio verso il genere femminile e si adopera affinché sia superato riconoscendo il diritto al sostentamento della moglie, il diritto ad avere una vita lavorativa, sociale uguale al maschio, il diritto ad avere un’attività di impegno politico e sociale. Vi possono essere limiti all’uguaglianza fra coniugi solo per ragioni legate all’integrità familiare. Afferma il secondo comma dell’articolo 29. Questa limitazione all’uguaglianza, prima della riforma del diritto di famiglia, giustificava leggi aberranti, quali ad esempio il considerare la donna fedifraga più colpevole di un uomo che ugualmente tradiva. Un principio allucinante fondato su una visione maschilista che rendeva la donna oggetto del proprio uomo. Il tradimento di una donna equivaleva quasi a un furto. Questo concetto aberrante non solo creava disparità nel momento in cui si applicava il reato di adulterio, pena fortunatamente abolita, condannando a più anni la donna adultera, ma era la manifestazione di una cultura che considerava la donna proprietà dell’uomo. Tutti concetti cancellati dal diritto, ma purtroppo ancora presenti in alcuni strati sociali e in alcuni uomini, soprattutto di fede mussulmana ma non solo. E’ compito dello stato cercare di farsi latore di una cultura che consideri l’uomo e la donna uguali. Una cultura condivisa che superi le barriere di carattere religioso e gli sclerotizzati pregiudizi sociali che rendono la donna sottomessa all’uomo. La costituzione deve difendere la famiglia, ma allo stesso tempo indirizzare i suoi componenti ad avere una cultura volta all’uguaglianza di genere, al rispetto reciproco e alla difesa e alla formazione culturale della prole, futura classe dirigente, futura cittadinanza, che deve vivere in una famiglia accogliente e fondata sui valori di solidarietà e rispetto reciproco. La Costituzione impone che la famiglia, società naturale, sia comunque la palestra delle giovani generazioni che si devono formare su valori comuni e condivisi. Un’ultima cosa. La costituzione non parla espressamente di famiglia composta da un uomo e una donna. Potrebbe quindi esserci una famiglia fondata sull’affetto di due persone dello stesso sesso? La risposta pare negativa. Lo stato riconosce attraverso le unioni civili, di recente istituzione, la possibilità che un rapporto affettivo fra persone dello stesso sesso sia regolamentato e tutelato dalla legge. Le Unioni Civili regolamentano i rapporti fra persone che hanno deciso di vivere insieme. Definiscono i rapporti di successione. Definiscono i diritti e i doveri  che si hanno sulla prole. Definisce diversi aspetti della vita in comune e anche quelli legati alla successione. Ma questa unione non deve e non può essere assimilata alla famiglia. La dottrina è concorde: la famiglia è solo quella storica nata dell’amore fra uomo e donna che si esplica con il matrimonio. Le Unioni Civili è giusto che siano regolamentate, è atto di civiltà. Chi vi scrive depreca Forza Italia e Lega che promettono di cancellare questa norma, Salvini e Berlusconi giocano sulla vita degli altri, sperando di aver un tornaconto politico. Ma deve essere comunque chiaro che la famiglia è quella formata da un uomo e una donna. Le altre forme di aggregazione devono essere normate, chi ne fa parte deve avere diritti e doveri giuridicamente riconosciuti, ma non devono essere considerate famiglia. Questo ad ottemperanza di una cultura e di una tradizione storica che ha il suo fondamento nella storia dell’umanità.


Testo di Giovanni Falagario

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