MAI DIRE POLONIA
Una legge dello stato polacco dichiara che dire che Auschwitz è un campo di concentramento polacco è reato. La norma che istituisce "l'istitute of National Remembrance", un'istituzione pubblica che il governo di Varsavia ha voluto per finanziare la ricerca storica sulla Seconda Guerra Mondiale, sancisce fra l'altro una pena pecuniaria e il carcere per chiunque affermi che il popolo polacco sia complice dell'olocausto. La norma giuridica impone una lettura storica degli eventi storici avvenuti in Polonia. Da un punto di vista squisitamente storiografico non si può che concordare con il parlamento polacco. L'olocausto fu un atto voluto e portato a compimento dallo stato nazista, dall'esercito tedesco, dalle SS e dalla Wehrmacht. La Polonia all'epoca era uno stato debellato. Cioè uno stato che aveva cessato di esistere, il territorio era sottomesso alla potestà assoluta e barbara della Germania. Le istituzioni polacche avevano smesso di esistere. I funzionari dello stato polacco ancora al lavoro erano assoggettati al potere prevaricante della dittatura nazista. I campi di sterminio erano assolutamente soggetti alla potestà tedesca, non vi era alcuna interazione con autorità istituzionali locali, tanto meno se polacche. Ad un'analisi oggettiva dei fatti, bisogna concludere che il popolo polacco, anche se ha subito una sorte infinitamente migliore rispetto ai connazionali di religione ebraica, era comunque una vittima del potere di Hitler. Ci sono migliaia, milioni, di polacchi, fra cui Karol Woitila, che si distinsero nella lotta contro il despota nazista. Tanti eroi morirono nella guerra di liberazione. Tanti uomini di buona volontà, fra i quali c'era il papa santo, si adoperarono per salvare dalla deportazione appartenenti alla religione di Mosè. La Polonia rimarrà per sempre, nella memoria di tutti i popoli, quale stato martire prima della violenza nazista e poi della dittatura comunista. Non ci pare giusto, però, che sia inibita una parte di ricerca storica. Anche se pochi, non si può escludere che vi siano stati cittadini polacchi complici del nazismo, persone che per viltà o per tornaconto personale abbiano taciuto e siano stati complici delle brutture naziste. Casi del genere, purtroppo, si riscontrano in tanti stati occupati dallo stato nazista. Nell'eccidio delle Fosse Ardeatine a Roma, durante la guerra, purtroppo ci sono italiani sono stati complici del nazismo, la questura di Roma collaborò con i nazisti per portare a morte innocenti. Dircelo e discutere apertamente di questi fatti storici è un modo per fare vera ricerca storiografica. Lo stesso vale per gli eventi polacchi, negare a priori una complicità di persone residenti in Polonia vuol dire tarpare le ali alla ricerca storiografica, vuol dire impedire di fare un'analisi serena di eventi che comunque sono di una tragicità inenarrabile. Auschwitz certamente non era un campo di concentramento polacco, ma era un luogo di morte che si trovava in Polonia. Ancor oggi è rimasto quale monito all'intera umanità affinché orrori del genere non avvengano più. Una legge che nega a priori e senza discussioni un coinvolgimento e una complicità appare come un gesto di censura immotivato. Una ricerca storica non si condanna penalmente, si confuta attraverso un confronto dialettico basato su dati storici e su valutazioni filosofiche.
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