ARTICOLO 40
“Il diritto di
sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 40 della Costituzione Italiana sancisce il
diritto di sciopero. È un diritto del lavoratore, bisogna sottolinearlo. Nel
codice penale fascista del 1926 veniva considerato reato. Veniva considerato un
atto sedizioso contro l’economia nazionale. Un atto che preludeva atti ostili
contro nazione. Il codice penale fascista aveva come fine il soffocare ogni
iniziativa rivendicativa del lavoratore. Bisogna ricordare che il fascismo
censurava con sanzioni penali anche la serrata. La serrata è l’atto unilaterale
del proprietario d’azienda che chiude la propria attività momentaneamente al
fine di far pressione sui lavoratori. E’ l’atto di chiudere le serrande
aziendali per far sentire l’autorità padronale. Questo gesto è censurato anche
dalla Repubblica italiana che vieta la serrata. La Repubblica invece considera
lo sciopero un diritto. Il lavoratore, parte debole nella contrattazione, ha il
diritto, secondo la nostra carta fondamentale, di far sentire le proprie
istanze, astenendosi dal lavoro. Troppo spesso le esigenze e i bisogni di chi presta
la propria manodopera vengono ignorati. Lo sciopero è lo strumento per dar voce
a coloro che non l’hanno. Fermarsi, astenersi dalle proprie attività, è un modo
per far sentire la centralità del mondo del lavoro all’interno degli equilibri
sociali del nostro paese. Chi lavora ha diritto alla dignità. Ha diritto ad
avere un salario proporzionale alla propria prestazione e comunque congruo a
garantire il sostentamento di sé e della propria famiglia. Questi concetti sono
esposti in maniera perentoria e solenne nell’articolo 36 della stessa
Costituzione. Se volete, potete rileggere il commento che “Racconto a mano
libera” ne ha fatto. Lo sciopero è lo strumento che il lavoratore ha per far
valere questo sacrosanto principio. E’ utile sottolineare che mai come nel caso
dello sciopero il valore dello sforzo collettivo nel rivendicare diritti è
importantissimo. Uno sciopero non si fa mai da soli. Si sciopera insieme. Si
sciopera aderendo a una piattaforma collettiva, a un pacchetto di
rivendicazioni, che i lavoratori in assemblea elaborano e presentano alla
controparte padronale. Se i datori di lavoro non accettano le istanze portate
dai lavoratori, attraverso le rappresentanze sindacali, allora si sciopera.
Questo è fondamentale. Lo sciopero è uno strumento di democrazia nelle
fabbriche. E’ la più estrema e fulgida manifestazione della volontà dei
lavoratori di partecipare attivamente alle decisioni dei vertici aziendali. Non
si tratta di decidere soltanto della paga. Le richieste salariali sono giuste e
sacrosante. Però lo sciopero può avere obbiettivi ulteriori. Può avere come
fine lo scongiurare politiche aziendali che hanno come obbiettivo lo svilimento
del ruolo del lavoratore. Può avere come obbiettivo lo scongiurare riduzioni
del personale. Può avere come obbiettivo cercare di fermare i licenziamenti
minacciati dall’azienda. Può avere come fin finalità esprimere solidarietà
verso le persone più deboli. Papa Francesco in occasione del Giubileo della
Misericordia ha ricordato l’impegno del cattolico verso le persone meno
fortunate. Forse sarebbe il caso che questo monito fosse tenuto presente anche
nelle realtà lavorative. La solidarietà dovrebbe essere messa al centro della
realtà lavorativa. Il monito del papa a non lasciare da soli i più deboli,
coloro che sono emarginati e quindi reietti anche all’interno del mondo del
lavoro, non dovrebbe valere solo per i cristiani, ma per tutti, la solidarietà
è un principio cardine della Repubblica che abbraccia tutti laici, cattolici e
credenti in altre fedi. Lo sciopero quindi può essere gesto solidale, abbraccio
ai meno fortunati. Ci sono scioperi che si compiono non per rivendicazioni
economiche, ma per esprimere un valore. In passato, i nostri padri, hanno scioperato
per la democrazia. Ricordiamo gli scioperi durante la seconda guerra mondiale a
Torino. Quegli operai hanno incrociato le braccia sapendo di rischiare la
morte. Hanno scelto di non continuare a contribuire, con il loro lavoro, alla
follia nazifascista. Astenendosi dal lavoro si sono fatti partigiani. È d’obbligo
ricordare il loro coraggio. Come è indispensabile ricordare la forza d’animo
dei manovali genovesi, anch’essi in sciopero contro la barbarie nazista. Sono
tanti i gesti eroici dei lavoratori durante la Resistenza. Insomma l’astensione
dal lavoro è stata l’espressione alta di un impegno civico contro il male
incarnato da Hitler. Durante la Repubblica è d’obbligo ricordare l’impegno
sindacale contro ogni tipo di terrorismo. Guido Rossa è morto per combattere,
da sindacalista, il male prodotto dal terrorismo comunista incarnato dalle
Brigate Rosse. È necessario ricordare la strage di Piazza della Loggia a
Brescia nel 1974. In quel luogo una vile bomba fascista ha ucciso lavoratori
scesi in piazza per i loro diritti e per la democrazia. Il diritto di sciopero
insomma diventa uno strumento per prendere coscienza politica. I lavoratori
divengono testimoni di una Repubblica che crede nei valori di libertà,
uguaglianza e solidarietà sociale. Lo sciopero diviene strumento di
emancipazione. Attraverso di esso si prende coscienza dei valori, dei diritti e
dei doveri ce che sono alla base della convivenza civile. Lo sciopero non serve
solamente a rinnovare il contratto, a chiedere un salario migliore. Lo sciopero
è impegno e solidarietà sociale. Alla luce di questo dato di fatto è
indispensabile ricordare che ogni azione rivendicativa deve essere
assolutamente pacifica. Se scioperare vuol dire rivendicare i valori
costituzionali, allora è assolutamente da censurare chi commette violenze all’interno
dei cortei. E’ da considerare un criminale chi picchia e colpisce l’altro, chi
assalta i poliziotti che sono chiamati semplicemente a compiere il loro dovere
di tutori dell’ordine. Sia chiaro queste persone sono poche. Rimane il fatto
che bisogna isolarle. Bisogna espellerle dal consesso delle persone che invece
si impegnano, pacificamente, alla tutela dei diritti. Il diritto di sciopero è
una conquista del nostro tempo. È uno strumento di libertà. È uno strumento di
emancipazione sociale. Questo non vuol dire che non debba essere regolamentato.
Le leggi dello stato devono tutelare l’intera collettività nazionale. Per
questa ragione le norme che regolamentano il diritto di sciopero devono pensare
anche ai bisogni degli utenti. Alcune categorie di lavoratori non possono
esercitare pienamente il loro diritto di sciopero. I poliziotti, i magistrati
devono sottostare a regole al fine di poter garantire che la giustizia in Italia
possa e debba funzionare anche in caso di astensione dal lavoro. I carabinieri
in quanto militari non possono scioperare. Chi serve la Repubblica in una
qualsiasi forza armata rinuncia al diritto di sciopero in nome dell’alto
servizio alla patria che è chiamato a compiere. I medici devono garantire,
attraverso deroghe al diritto di sciopero, l’apertura diuturna di ospedali e
presidi sanitari. Le sacrosante rivendicazioni del personale medico e
paramedico non devono, comunque, lenire il diritto di chi soffre di essere
curato e guarito. Insomma il diritto di sciopero ha, come giusto, dei limiti.
Limiti che si manifestano al momento che appare palese che l’astensione dal
lavoro provoca una gravissimo danno ad altri cittadini. Deroghe al diritto di
sciopero valgono anche nei trasporti. Il personale delle aziende pubbliche e
private che si occupano dei viaggi di persone o cose devono garantire sempre un
servizio minimo. Insomma il diritto di sciopero è come tutti i diritti limitato
solo da altri diritti di pari livello. Sono i diritti della persona che vanno
tutelati. E’ solo se questi sono in gioco, si può affievolire il diritto di
sciopero. Insomma lo sciopero è, come molti altre azioni di cui la Carta
Costituzionale parla, uno strumento di democrazia e di progresso sociale, che,
se usato con raziocinio e con senso dello stato e della comunità, può essere un
validissimo strumento di progresso sociale, morale ed economico, come fulgidi
casi hanno dimostrato in passato.
Scritto da Pellecchia Gianfranco
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