giovedì 15 febbraio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 40

ARTICOLO 40

“Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 40 della Costituzione Italiana sancisce il diritto di sciopero. È un diritto del lavoratore, bisogna sottolinearlo. Nel codice penale fascista del 1926 veniva considerato reato. Veniva considerato un atto sedizioso contro l’economia nazionale. Un atto che preludeva atti ostili contro nazione. Il codice penale fascista aveva come fine il soffocare ogni iniziativa rivendicativa del lavoratore. Bisogna ricordare che il fascismo censurava con sanzioni penali anche la serrata. La serrata è l’atto unilaterale del proprietario d’azienda che chiude la propria attività momentaneamente al fine di far pressione sui lavoratori. E’ l’atto di chiudere le serrande aziendali per far sentire l’autorità padronale. Questo gesto è censurato anche dalla Repubblica italiana che vieta la serrata. La Repubblica invece considera lo sciopero un diritto. Il lavoratore, parte debole nella contrattazione, ha il diritto, secondo la nostra carta fondamentale, di far sentire le proprie istanze, astenendosi dal lavoro. Troppo spesso le esigenze e i bisogni di chi presta la propria manodopera vengono ignorati. Lo sciopero è lo strumento per dar voce a coloro che non l’hanno. Fermarsi, astenersi dalle proprie attività, è un modo per far sentire la centralità del mondo del lavoro all’interno degli equilibri sociali del nostro paese. Chi lavora ha diritto alla dignità. Ha diritto ad avere un salario proporzionale alla propria prestazione e comunque congruo a garantire il sostentamento di sé e della propria famiglia. Questi concetti sono esposti in maniera perentoria e solenne nell’articolo 36 della stessa Costituzione. Se volete, potete rileggere il commento che “Racconto a mano libera” ne ha fatto. Lo sciopero è lo strumento che il lavoratore ha per far valere questo sacrosanto principio. E’ utile sottolineare che mai come nel caso dello sciopero il valore dello sforzo collettivo nel rivendicare diritti è importantissimo. Uno sciopero non si fa mai da soli. Si sciopera insieme. Si sciopera aderendo a una piattaforma collettiva, a un pacchetto di rivendicazioni, che i lavoratori in assemblea elaborano e presentano alla controparte padronale. Se i datori di lavoro non accettano le istanze portate dai lavoratori, attraverso le rappresentanze sindacali, allora si sciopera. Questo è fondamentale. Lo sciopero è uno strumento di democrazia nelle fabbriche. E’ la più estrema e fulgida manifestazione della volontà dei lavoratori di partecipare attivamente alle decisioni dei vertici aziendali. Non si tratta di decidere soltanto della paga. Le richieste salariali sono giuste e sacrosante. Però lo sciopero può avere obbiettivi ulteriori. Può avere come fine lo scongiurare politiche aziendali che hanno come obbiettivo lo svilimento del ruolo del lavoratore. Può avere come obbiettivo lo scongiurare riduzioni del personale. Può avere come obbiettivo cercare di fermare i licenziamenti minacciati dall’azienda. Può avere come fin finalità esprimere solidarietà verso le persone più deboli. Papa Francesco in occasione del Giubileo della Misericordia ha ricordato l’impegno del cattolico verso le persone meno fortunate. Forse sarebbe il caso che questo monito fosse tenuto presente anche nelle realtà lavorative. La solidarietà dovrebbe essere messa al centro della realtà lavorativa. Il monito del papa a non lasciare da soli i più deboli, coloro che sono emarginati e quindi reietti anche all’interno del mondo del lavoro, non dovrebbe valere solo per i cristiani, ma per tutti, la solidarietà è un principio cardine della Repubblica che abbraccia tutti laici, cattolici e credenti in altre fedi. Lo sciopero quindi può essere gesto solidale, abbraccio ai meno fortunati. Ci sono scioperi che si compiono non per rivendicazioni economiche, ma per esprimere un valore. In passato, i nostri padri, hanno scioperato per la democrazia. Ricordiamo gli scioperi durante la seconda guerra mondiale a Torino. Quegli operai hanno incrociato le braccia sapendo di rischiare la morte. Hanno scelto di non continuare a contribuire, con il loro lavoro, alla follia nazifascista. Astenendosi dal lavoro si sono fatti partigiani. È d’obbligo ricordare il loro coraggio. Come è indispensabile ricordare la forza d’animo dei manovali genovesi, anch’essi in sciopero contro la barbarie nazista. Sono tanti i gesti eroici dei lavoratori durante la Resistenza. Insomma l’astensione dal lavoro è stata l’espressione alta di un impegno civico contro il male incarnato da Hitler. Durante la Repubblica è d’obbligo ricordare l’impegno sindacale contro ogni tipo di terrorismo. Guido Rossa è morto per combattere, da sindacalista, il male prodotto dal terrorismo comunista incarnato dalle Brigate Rosse. È necessario ricordare la strage di Piazza della Loggia a Brescia nel 1974. In quel luogo una vile bomba fascista ha ucciso lavoratori scesi in piazza per i loro diritti e per la democrazia. Il diritto di sciopero insomma diventa uno strumento per prendere coscienza politica. I lavoratori divengono testimoni di una Repubblica che crede nei valori di libertà, uguaglianza e solidarietà sociale. Lo sciopero diviene strumento di emancipazione. Attraverso di esso si prende coscienza dei valori, dei diritti e dei doveri ce che sono alla base della convivenza civile. Lo sciopero non serve solamente a rinnovare il contratto, a chiedere un salario migliore. Lo sciopero è impegno e solidarietà sociale. Alla luce di questo dato di fatto è indispensabile ricordare che ogni azione rivendicativa deve essere assolutamente pacifica. Se scioperare vuol dire rivendicare i valori costituzionali, allora è assolutamente da censurare chi commette violenze all’interno dei cortei. E’ da considerare un criminale chi picchia e colpisce l’altro, chi assalta i poliziotti che sono chiamati semplicemente a compiere il loro dovere di tutori dell’ordine. Sia chiaro queste persone sono poche. Rimane il fatto che bisogna isolarle. Bisogna espellerle dal consesso delle persone che invece si impegnano, pacificamente, alla tutela dei diritti. Il diritto di sciopero è una conquista del nostro tempo. È uno strumento di libertà. È uno strumento di emancipazione sociale. Questo non vuol dire che non debba essere regolamentato. Le leggi dello stato devono tutelare l’intera collettività nazionale. Per questa ragione le norme che regolamentano il diritto di sciopero devono pensare anche ai bisogni degli utenti. Alcune categorie di lavoratori non possono esercitare pienamente il loro diritto di sciopero. I poliziotti, i magistrati devono sottostare a regole al fine di poter garantire che la giustizia in Italia possa e debba funzionare anche in caso di astensione dal lavoro. I carabinieri in quanto militari non possono scioperare. Chi serve la Repubblica in una qualsiasi forza armata rinuncia al diritto di sciopero in nome dell’alto servizio alla patria che è chiamato a compiere. I medici devono garantire, attraverso deroghe al diritto di sciopero, l’apertura diuturna di ospedali e presidi sanitari. Le sacrosante rivendicazioni del personale medico e paramedico non devono, comunque, lenire il diritto di chi soffre di essere curato e guarito. Insomma il diritto di sciopero ha, come giusto, dei limiti. Limiti che si manifestano al momento che appare palese che l’astensione dal lavoro provoca una gravissimo danno ad altri cittadini. Deroghe al diritto di sciopero valgono anche nei trasporti. Il personale delle aziende pubbliche e private che si occupano dei viaggi di persone o cose devono garantire sempre un servizio minimo. Insomma il diritto di sciopero è come tutti i diritti limitato solo da altri diritti di pari livello. Sono i diritti della persona che vanno tutelati. E’ solo se questi sono in gioco, si può affievolire il diritto di sciopero. Insomma lo sciopero è, come molti altre azioni di cui la Carta Costituzionale parla, uno strumento di democrazia e di progresso sociale, che, se usato con raziocinio e con senso dello stato e della comunità, può essere un validissimo strumento di progresso sociale, morale ed economico, come fulgidi casi hanno dimostrato in passato.


Scritto da Pellecchia Gianfranco

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