ARTICOLO 41
“L’iniziativa
economica è libera.
Non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana.
La legge determina i
programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e
privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 41 riconosce la libertà economica. Chiunque può
agire liberamente al fine di creare o condurre attività a fini di lucro, purché
non infrangano le leggi civili e panali dello stato. Questo è un principio
proprio della cultura liberale che ha caratterizzato l’Europa fin dai primi
secoli dell’età moderna. La borghesia, la classe imprenditrice, con la sua
iniziativa ha contribuito alla crescita delle nazioni. Adam Smith, ritenuto il
fondatore dell’economia politica liberale, dedica al tema il suo libro più
famoso “La ricchezza delle nazioni”, siamo nell’America del 1776, fra pochi
anni nasceranno gli Stati Uniti frutto della prima grande rivoluzione borghese.
Insomma la libertà d’impresa e la libertà finanziaria è uno dei capisaldi del
sistema produttivo moderno. La libertà economica è vista come strumento per
l’emancipazione dei popoli a quelle servitù proprie del Medioevo. Nel
cosiddetti “secoli bui” si doveva pagare dazi e balzelli al signorotto locale.
Il lavoro si prestava al nobile locale, spesso gratuitamente, questo tipo di
attività era detta corveè. Con la rivoluzione liberale le imposizioni feudali
crollano. Non è un caso che sia stata l’America il luogo ove in primo luogo
sono crollate queste imposizioni. Una terra nuova, una terra in cui non
esistevano i millenari laccioli della cultura europea, ha visto nascere una
nuova frontiera di libertà. Basta imposizioni, basta rigidi dettami, la libera
iniziativa scavalca ogni ostacolo. Bisogna dire che la libertà economica non è
libertà dell’essere umano. Negli Stati Uniti, nella terra della libera
iniziativa, era consentita la schiavitù, gli uomini e le donne non erano uguali,
ma discriminate secondo l’appartenenza etnica. Paradossalmente la libertà di
contrattare aveva prodotto più catene non le aveva spezzate. Il liberalismo, se
da un lato aveva sconfitto la forza prevaricatrice dello stato che impone dazi
e gabelle a chi vuole svolgere attività economiche, dall’altro non aveva
liberato l’uomo dalla logica della prevaricazione del più forte sul più debole.
Chi era più bravo, sostanzialmente il bianco ricco, aveva diritto a porre sotto
il suo giogo il povero, l’incapace, cioè l’uomo di colore. Questa logica della
schiavitù è stata il motore della cultura liberale per secoli. La libera
iniziativa vuol dire, ancor oggi, il soggiogare colui che non ce la fa a stare
al passo. La Repubblica italiana è consapevole di questo dato di fatto. Sa che
libertà economica non vuol dire necessariamente libertà dell’umanità. Per questo
motivo, pur riconoscendo il diritto di ogni cittadino a svolgere un’attività
lavorativa, mette dei paletti. L’attività economica non può essere tutelata se
porta al degrado e al vilipendio della persona. La dignità umana, come afferma
il secondo comma dell’articolo 41, deve essere un valore da tutelare prima di
ogni libertà economico imprenditoriale. Un’industria di qualsiasi tipo non deve
umiliare e degradare la persona umana. Pensiamo ai lavori usuranti, degradanti,
che sviliscono la persona umana compiuti al fine di guadagnare. Questi sono
incompatibili con i principi repubblicani. Non parliamo dello schiavismo,
fortunatamente abolito in quasi tutti i paesi del mondo, la Costituzione lo
ripudia come uno dei fenomeni più orrendi della storia umana. Insomma la
libertà economica non deve essere svolta recando danno alla sicurezza e alla
salute del singolo. Ora pensiamo a ciò che avviene oggi nel nostro paese.
Quanti incidenti sul lavoro ci sono! Quante persone sono oggetto di scherno
all’interno dell’ambito lavorativo. Quante persone vivono nei fatti una realtà
aziendale in cui la voglia di prevaricare prevale sullo spirito solidale dei
lavoratori. La dignità viene calpestata ogni giorno. Guardando i campi
coltivati ove lavorano contadini super fruttati, guardando le fabbriche ove il
lavoro umano è degradato dalle macchine, invece di essere fatto proprio dalla
comunità, il concetto di dignità sembra lontanissimo. La cultura cattolica e
socialdemocratica, che per secoli hanno predicato l’emancipazione del
lavoratore e la sua tutela sociale, sembrano lettera morta. In nome del denaro
tutto è lecito, perfino umiliare l’altro. “Se questo è un uomo..” diceva Primo
Levi parlando della situazione degli ebrei nei lager tedeschi. “Se questo è un
uomo” è la domanda che ci dobbiamo porre guardando lo status di molti
lavoratori non solo italiani, ma di moltissime nazionalità. In Italia chi è
disabile, chi è emarginato, non ha diritto alla dignità, è un dato oggettivo,
anche se contrasta con i dettami costituzionali. Bisogna dirselo, bisogna essere
chiari, l’Italia vive in uno stato di profonda contraddizione. Da un lato si
dice latrice dei valori solidali propri incisi nella costituzione, frutto della
cultura cattolica, dall’altra vive nel quotidiano una condizione in cui la
prevaricazione. La cattiveria verso il più debole è normalità. Quello che
succede nelle strade, nelle fabbriche, nel quotidiano contrattare i beni e
servizi è in assoluto contrasto con i fini solidali della nostra Repubblica.
Ecco perché è necessario l’ultimo comma dell’articolo 41. La legge, una norma
dello stato, deve imporre controlli che scongiurino fenomeni di sfruttamento.
Il lavoro nero, causa principale delle moti sul lavoro, deve essere debellato.
Il lavoro sfruttato cancellato. Lo stato di degrado sociale e morale che
produce lo sfruttamento deve essere vinto. L’economia pubblica, i grandi enti economici
di proprietà dello stato, e l’economia privata deve tutelare chi è meno
fortunato. Lo stato deve intervenire contro i soprusi. Lo stato deve operare in
modo da garantire che la crescita economica produca effetti benefici per tutti,
anche per i più deboli. Lo stato deve creare leggi che tutelino chi è oggetto
di dileggio. Le leggi sul Mobbing, l’isolamento e la segregazione di alcuni
soggetti sul posto di lavoro, le leggi sulle pari opportunità uomo /donna sono
un passo avanti, ma non basta. Bisogna cambiare la logica economica. Basta
giustificazione dello sfruttamento. Bisogna avviare tutele del lavoro e della
dignità umana. Difendere la donna, difendere il disabile, difendere la libertà
anche nell’economia è un dovere. Molti
cittadini che lo fanno sono oggetto di continui ricatti ed umiliazioni. La loro
opera è meritevole e va supportata. Il ricordo è a Libero Grassi. L’imprenditore
siciliano ucciso dalla mafia perché rivendicava i diritti e i valori
repubblicani anche in ambito economico. Lo faceva in una realtà ove, ancor
oggi, la prevaricazione, il potere criminale, l’omicidio detta legge anche e
soprattutto in economia. Sono persone come lui che bisogna ammirare. Sono dei
punti di riferimento che ci insegnano che bisogna perseguire un’economia
eticamente compatibile. Un’economia fondata sui valori cristiani, sui valori
solidali, sui valori costituzionali. L’iniziativa economica deve essere libera.
L’economia controllata dallo stato, l’economia comunista, ha portato tanti
orrori. Anch’essa ha portato alla mancanza di libertà di parola di pensiero,
anch’essa ha ucciso milioni di persone, esattamente come il nazismo e il
fascismo. Ma l’economia lasciata a se stessa, senza un’iniezione etica di
solidarietà, crea anch’essa brutture. Lo vediamo nel passato, pensiamo al
nazismo nato grazie all’appoggio dei grandi potentati industriali. Lo vediamo
nel presente con un’economia che non si fa scrupoli di sfruttare e
discriminare. Lo stato deve tutelare i cittadini, deve tutelare i più deboli,
deve fare politiche che rendano la libertà economica non uno strumento di
schiavitù, ma un mezzo di realizzazione delle aspirazioni umane. Semplificando
e brutalizzando il concetto: arricchirsi attraverso il lavoro è bello e perfino
giusto, chi ha delle capacità è giusto che sia compensato con guadagni
adeguati. Allo stesso tempo l’economia non deve schiacciare il più debole. La
giungla del mercato non deve giustificare lo sfruttamento. Lo stato deve
vegliare affinché la dignità umana sia preservata e non svilita dalle logiche
di sfruttamento mercantile ed industriale. Chi è disabile, chi è in stato di
difficoltà deve essere aiutato, non abbandonato a se stesso in nome di una
visione darwinista dell’economica che giustifica il soccombere, in alcuni casi
anche fisico, del più debole.
Scritto da Pellecchia Gianfranco
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