lunedì 19 febbraio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 44

ARTICOLO 44

“Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà privata, fissa limiti alla sua espansione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e media proprietà.
La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Il rapporto dell’uomo con il suolo è sempre stato importantissimo. L’agricoltura è stata lo strumento non solo per la sopravvivenza dell’essere umano, ma anche per costruire le civiltà che hanno dato lustro alla storia umana. Tutte le società antiche fondavano la propria struttura sociale sull’agricoltura, non poteva essere altrimenti. Anche le società industriali di oggi si basano sulla necessità dello sfruttamento del suolo. Le fabbriche, per funzionare, hanno bisogno di occupare spazi. Non solo i capannoni occupano suolo, ma anche le infrastrutture necessarie per il funzionamento dell’industria: strade e costruzioni per strutture d’ausio. I costituenti si sono posti come obbiettivo di rendere possibile un utilizzo del terreno che non escluda nessuno. Si sono impegnati per rendere possibile che chi lavora diventi il gestore e il proprietario del suolo. Lo sfruttamento del suolo deve avvenire da parte dell’agricoltore, del piccolo industriale, la terra deve essere tolta dal grande latifondista. Per questo motivo la Repubblica impone vincoli alla proprietà privata. La terra non può essere considerata un mero strumento di speculazione economica. Non può essere considerata un semplice oggetto da vendere e comprare secondo le leggi della domanda e dell’offerta. La riforma agraria negli anni ’50 del secolo scorso ha dato la possibilità a tanti piccoli agricoltori di avere un proprio appezzamento. Il suolo deve essere non sfruttato, ma utilizzato al meglio per il miglioramento economico e sociale dell’intera società. Per questo motivo la Repubblica promuove e incentiva i lavori di bonifica. Le terre acquitrinose e paludose sono state per millenni luoghi in cui malattie, quali la malaria, hanno segnato la vita delle persone. Rendere quelle terre inospitali luoghi salubri e coltivabili è un obbiettivo che nei secoli tutti i potentati e i governi si sono posti. Nella prima metà del XX secolo il governo Mussolini ha portato avanti una politica di bonifica del territorio importantissima. La bonifica pontina, cioè la trasformazione del territorio del Basso Lazio da palude a terra ove si coltiva il grano, è stata voluta dal regime fascista. La città di Latina è stata fondata a seguito di quella grande opera di bonifica. Esempi si sono susseguiti nella storia Repubblicana. Gli anni ’50 sono stati anni di riqualificazione del territorio nazionale. Nel meridione migliaia di ettari sono stati sottratti all’abbandono e al latifondo per affidarli a piccoli agricoltori. La riforma agraria degli anni immediatamente posteriori alla seconda guerra mondiale sono stati importantissimi. Anche regioni del Nord Italia, come il Veneto, hanno beneficiato delle riforme. Terre da sempre proprietà dell’antica nobiltà veneziana, sono diventate patrimonio di piccoli imprenditori agricoli che hanno contribuito con loro lavoro al boom economico del Nord Est italiano, che sarebbe avvenuto alcuni decenni dopo. È importantissimo che vi sia una forte e rigorosa politica agraria. Lo afferma perentoriamente l’articolo 44. L’Italia, terra di vigneti e di vitelli come dice la stessa tradizione storiografica, deve preservare il suo patrimonio agricolo e di allevamento. Deve farlo soprattutto per difendere coloro che contribuiscono con il loro lavoro a rendere il nostro paese una meraviglia paesaggistica. I campi coltivati, i frutteti, gli oliveti sono una meraviglia visiva straordinaria. Guardare dall’alto le nostre terre è un privilegio che lascia stupefatti. Guardando da un aereo i campi coltivati, gli appezzamenti boschivi, le splendide coste, le alte montagne si può ammirare la sapiente opera dell’uomo che ha saputo rispettare il paesaggio naturale. Ciò è avvenuto per millenni nel nostro paese. Il Rinascimento è stato il manifestarsi dell’ingegno umano che rispetta la bellezza naturale. Ricordiamo gli splendidi giardini che caratterizzano l’Italia. Nella seconda metà del XX secolo le cose sono andate diversamente. L’Italia, divenuta potenza industriale, ha fatto dello sfruttamento smodato del territorio il suo credo. Ad esempio la Pianura Padana, la zona più ricca d’Italia, è diventata un immenso centro urbano. Gli urbanisti la mostrano ad esempio di come la cementificazione possa ricoprire un’intera area geografica, al di là del canonico riconoscimento della città come luogo di cementificazione. La Pianura Padana è un unico agglomerato di costruzioni senza che sia riconosciuta come città. Negli ultimi anni i governi di destra, guidati da Berlusconi, hanno fatto dei condoni edilizi il loro credo. Strutture ed edifici che la legge dello stato vietava, sono stati resi legali dalla politica della destra. Insomma il merito della compagine guidata da Berlusconi e Salvini è di essere riuscita a squarciare il velo dell’ipocrisia. Mentre le altre formazioni politiche si sono ipocritamente attenute a parole alle norme costituzionali. La destra è stata coerentemente contro ogni principio di armonico sviluppo del territorio. La Destra ha utilizzato terremoti, disastri ambientali, per favorire la speculazione. Lo ha fatto alla luce del sole. Ha firmato quel “patto con gli italiani” che autorizza Silvio Berlusconi e i suoi alleati a fare condoni a favorire ogni tipo di speculazione. La Lega e Forza Italia sono sempre stati coerenti. Quello che è mancata è la controparte. Non sono stati credibili gli avversari della destra che a parole promettevano tutela del territorio e nei fatti non facevano nulla contro gli speculatori. Allora scegliamo. Proviamo a pensare a una politica che fa propri i dettami dell’articolo 44, che propone uno sfruttamento del suolo razionale e volto a migliorare la vita dei cittadini, non a favorire la speculazione. Proviamo a pensare a un paese in cui la terra sia proprietà di chi la coltiva. Proviamo a pensare ad un paese in cui le comunità montane possano preservare il loro patrimonio umano e culturale, come dice l’ultimo comma dell’articolo 44 della Costituzione. Pensiamo a un paese che non distrugge i nostri monti, le nostre valli, i nostri mari, ma li preserva. Questa sarebbe un’Italia più bella, ben lontana dall’Italia del mattone, della speculazione edilizia, dello scempio del territorio che i giornali ci raccontano ogni giorno. Un‘Italia in cui non ci sia “la terra dei fuochi”, cioè dei posti in cui si rilasciano immondizie e liquami avvelenando il territorio. Cambiare questo paese, riportarlo alla sua originaria bellezza è possibile. Bisogna rispettare e rendere vivi i dettami costituzionali per raggiungere tale obbiettivo. Bisogna non votare chi, come Lega e Forza Italia, fanno dello scempio del paesaggio programma elettorale. E bisogna vegliare sugli altri partiti, quelli che hanno diritto di andare in parlamento perché rispettosi della Costituzione, affinché realmente attuino politiche di tutela del territorio.



Scritto da Pallecchia Gianfranco

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