mercoledì 29 aprile 2020

RITI SACRI



LA MESSA

Per il mondo Cattolico la celebrazione eucaristica è un momento importante della vita di fede. In questi giorni il governo italiano, a causa del coronavirus, ha vietato l’incontro, sia al chiuso che all’aperto, di persone, di conseguenza è vietato anche il compiere il rito sacro della messa. La malattia che infetta il nostro paese ha quindi imposto anche il divieto di celebrare funzioni religiose. Tale imposizione, è d’uopo ricordarlo, vale per tutte le comunità religiose organizzate, a prescindere quale sia il proprio credo. Per tutti coloro che professano la fede in qualcosa di trascendente, quindi, la pandemia ha imposto il divieto riunirsi per pregare. Ora è inevitabile che chiunque professa una fede verso un’entità superiore rimanga sconvolto e interdetto di frotte alla autorità temporale che impone di non riunirsi con i propri fratelli in fede per pregare il Cielo. Chiunque appare stordito da questa enormità. Si perde nei millenni la tradizione che riconosce proprio nella preghiera collettiva la capacità di chiedere la protezione soprannaturale di fronte alle sciagure della vita. Di conseguenza il non poter fare processioni, partecipare a messe o compiere atti di fede pubblici e collettivi rende il credente ancora più insicuro davanti all’enormità del male. Alla luce di questo non stupisce la protesta vibrante della Comunità Episcopale Italiana (CEI), cioè l’assise dei vescovi italiani, che non sopporta più il divieto imposto dalla Stato Italiano di celebrare messa. Il monito a fare presto, a trovare un comune sentire che riesca a trovare il giusto equilibrio fra diritto di culto e diritto alla salute, è stato il senso della richiesta che l’intera comunità ecclesiastica fa allo stato italiano. Andare a messa è riprendere il normale rapporto con Dio e i fratelli di ogni credente in Cristi. Questa è la ragione per cui i vescovi italiani hanno cominciato ad alzare la voce. Oggi, 29/04/2020, una risposta a tale impellente bisogno di fede non c’è ancora. Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, coadiuvato da eminenti epidemiologi ed esperi di tutela della pubblica salute, considera ancora lontano il tempo in cui si potrà riempire le chiese senza rischiare il diffondersi delle malattie. Con dolore, essendo cattolico, ha ancora vietato gli incontri pubblici di preghiera. Difficile trovare una risposta giusta a questa grave incombenza che è comune alle istituzioni laiche e religiose. E’ giusto che la comunità dei cristiani celebri messa. E’ giusto che la Chiesa, in forza del diritto la cui fonte è nei Patti Lateranensi, possa scegliere come condurre la propria vita religiosa e la propria proposta evangelica. Ma allo stesso tempo è necessario che si eviti il contagio. E’ un obbligo, in primis dello Stato, ma anche di tutti noi, evitare che l’uno diventi pericolo per l’altro. Insomma dobbiamo evitare di infettarci l’un l’altro. Per questa ragione bisogna trovare risposte adeguate ai bisogni di vita collettiva e alle necessità della salute. Ad onor del vero una soluzione a questa dicotomia è stata trova. L’esempio del Pio Albergo Trivulzio, che fa inorgoglire Matteo Salvini, può essere una soluzione. Se fosse al governo nazionale la lega e la destra già da oggi si sceglierebbe di alleggerire l’emergenza portando le Residenze Assistite a fulcro del coordinamento dell’emergenza. Ad operare sarebbe quel Giuseppe Calicchio che riscuote la fiducia del partito. Ora non so se questa sarebbe la scelta migliore, se già da oggi si potrebbe andare in chiesa se tutta Italia avesse avuto la stessa politica della Regione Lombardia. Ma l’elettorato invece sembra abbia scelto, sembra che preferirebbe, stando ai sondaggi, una politica dirompente simile a quella della Giunta della Lombardia a quella più prudente dell’attuale governo.

Testo di Giovanni Falagario

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