LA MESSA
Per il mondo Cattolico la celebrazione eucaristica è un
momento importante della vita di fede. In questi giorni il governo italiano, a
causa del coronavirus, ha vietato l’incontro, sia al chiuso che all’aperto, di persone,
di conseguenza è vietato anche il compiere il rito sacro della messa. La malattia
che infetta il nostro paese ha quindi imposto anche il divieto di celebrare
funzioni religiose. Tale imposizione, è d’uopo ricordarlo, vale per tutte le
comunità religiose organizzate, a prescindere quale sia il proprio credo. Per
tutti coloro che professano la fede in qualcosa di trascendente, quindi, la
pandemia ha imposto il divieto riunirsi per pregare. Ora è inevitabile che
chiunque professa una fede verso un’entità superiore rimanga sconvolto e interdetto
di frotte alla autorità temporale che impone di non riunirsi con i propri
fratelli in fede per pregare il Cielo. Chiunque appare stordito da questa
enormità. Si perde nei millenni la tradizione che riconosce proprio nella
preghiera collettiva la capacità di chiedere la protezione soprannaturale di fronte
alle sciagure della vita. Di conseguenza il non poter fare processioni,
partecipare a messe o compiere atti di fede pubblici e collettivi rende il
credente ancora più insicuro davanti all’enormità del male. Alla luce di questo
non stupisce la protesta vibrante della Comunità Episcopale Italiana (CEI),
cioè l’assise dei vescovi italiani, che non sopporta più il divieto imposto
dalla Stato Italiano di celebrare messa. Il monito a fare presto, a trovare un
comune sentire che riesca a trovare il giusto equilibrio fra diritto di culto e
diritto alla salute, è stato il senso della richiesta che l’intera comunità ecclesiastica
fa allo stato italiano. Andare a messa è riprendere il normale rapporto con Dio
e i fratelli di ogni credente in Cristi. Questa è la ragione per cui i vescovi
italiani hanno cominciato ad alzare la voce. Oggi, 29/04/2020, una risposta a
tale impellente bisogno di fede non c’è ancora. Il Presidente del Consiglio,
Giuseppe Conte, coadiuvato da eminenti epidemiologi ed esperi di tutela della
pubblica salute, considera ancora lontano il tempo in cui si potrà riempire le
chiese senza rischiare il diffondersi delle malattie. Con dolore, essendo
cattolico, ha ancora vietato gli incontri pubblici di preghiera. Difficile
trovare una risposta giusta a questa grave incombenza che è comune alle
istituzioni laiche e religiose. E’ giusto che la comunità dei cristiani celebri
messa. E’ giusto che la Chiesa, in forza del diritto la cui fonte è nei Patti
Lateranensi, possa scegliere come condurre la propria vita religiosa e la
propria proposta evangelica. Ma allo stesso tempo è necessario che si eviti il
contagio. E’ un obbligo, in primis dello Stato, ma anche di tutti noi, evitare
che l’uno diventi pericolo per l’altro. Insomma dobbiamo evitare di infettarci
l’un l’altro. Per questa ragione bisogna trovare risposte adeguate ai bisogni
di vita collettiva e alle necessità della salute. Ad onor del vero una
soluzione a questa dicotomia è stata trova. L’esempio del Pio Albergo
Trivulzio, che fa inorgoglire Matteo Salvini, può essere una soluzione. Se
fosse al governo nazionale la lega e la destra già da oggi si sceglierebbe di alleggerire
l’emergenza portando le Residenze Assistite a fulcro del coordinamento dell’emergenza.
Ad operare sarebbe quel Giuseppe Calicchio che riscuote la fiducia del partito.
Ora non so se questa sarebbe la scelta migliore, se già da oggi si potrebbe
andare in chiesa se tutta Italia avesse avuto la stessa politica della Regione
Lombardia. Ma l’elettorato invece sembra abbia scelto, sembra che preferirebbe,
stando ai sondaggi, una politica dirompente simile a quella della Giunta della
Lombardia a quella più prudente dell’attuale governo.
Testo di Giovanni Falagario
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