ARTICOLO 26
“L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali.
Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici.”
Continua la pubblicazione di "racconto a mano libera" degli articoli della Costituzione Italiana in occasione del settantennale della promulgazione della legge fondamentale della nostra Repubblica.
L’articolo 26 della Costituzione Italiana pone un paletto fondamentale nella disciplina dei rapporti con gli altri stati. Non è possibile che un cittadino italiano sia consegnato ad una autorità straniera giudicante o di polizia senza che vi sia un accordo internazionale che regolamenti l’atto. Per autorizzare l’estradizione di un cittadino italiano bisogna che ci sia stato un trattato in materia fra l’Italia e la nazione in questione, oppure occorre che l’atto sia previsto da trattati plurinazionali ai quali sia l’Italia che la controparte statuale abbiano aderito. Non solo, ma stante l’accordo di diritto internazione, abbisogna che un giudice italiano costati che la richiesta proveniente dall’estero abbia un fondamento giuridico sia in base agli accordi internazionali, sia in base alle leggi dello stato richiedente e, soprattutto, che sia giustificata dai principi fondamentali dello Stato Italiano. Occorre a questo punto ricordare che è assolutamente vietato concedere l’estradizione di un cittadino italiano, ma anche di uno straniero che si trova nel nostro paese, se i giudici stranieri intendono giudicarlo in base a una legge che prevede come strumento di espiazione della pena la morte. Su questo la Costituzione, come si può chiaramente leggere nell’articolo 27 ultimo comma della stessa, è chiarissima. La pena di morte non è ammessa nel nostro ordinamento. Punire con la perdita della vita è considerato un atto barbaro, che lede il diritto all’esistenza proprio di ogni essere umano. L’Italia non può concedere l’estradizione a stati che puniscono con la morte. E’ successo nel corso degli anni che il nostro paese abbia avuto anche aspre contese con gli Stati Uniti d’America. Alcuni stati federali che fanno parte della potenza americana, da decenni alleata, prevedono la pena di morte. Dei nostri concittadini sono stati processati negli USA, rischiando la pena capitale, lo stato italiano ha sempre resistito alle richieste americane di estradizione, con esiti controversi, ma che comunque hanno reso lampante che il nostro ordinamento è sensibile al tema della vita come valore e di conseguenza ha gli strumenti per resistere anche alle ingerenze di una superpotenza amica. Il secondo comma dell’articolo 26 sancisce l’impossibilità assoluta, a prescindere da accordi e da legami internazionali, di estradare una qualsiasi persona per reati politici. Il reato d’opinione politica non è contemplato nel nostro ordinamento. Chi rischia la galera nel proprio paese per come pensa è visto dall’Italia non come imputato, ma come paladino di libertà e di coerenza. Nel mondo ci sono tanti uomini e tante donne che hanno subito l’onta della prigione solo perché hanno avuto il coraggio di alzare forte la loro voce contro i soprusi e gli atti dittatoriali dei propri governi. Se riescono a giungere nel nostro paese questi valorosi devono essere protetti. L’Italia non deve e non può, per motivi etici e per i valori democratici di cui il nostro ordinamento è latore, autorizzare l’estradizione di chicchessia verso paesi in cui il potere di polizia e politico è prevaricante. Luoghi in cui si applica la tortura come strumento di coercizione. Nessuno può essere stradato se rischia di subire pene di tipo corporale. Insomma l’articolo 26 impone norme di civiltà indirizzate agli organi statuali. E’ lo stato, attraverso l’ordinamento giudiziario e il governo, a dover vegliare al fini di impedire l’estradizione in paesi non liberali e non democratici. Ma allo stesso tempo è un faro, è un punto di riferimento, per tutti i cittadini e gli uomini che lo leggono. Sapere che la costituzione, pur rispettosa dell’ordinamento internazionale, è un baluardo invalicabile contro ogni violenza e prevaricazione, contro ogni atto contrario allo spirito umanitario, deve essere allo stesso tempo fonte d’orgoglio nazionale e sprone per rendere i principi umanitari cogenti e presenti anche nella vita quotidiana. La solidarietà verso le persone che fuggono da guerre e violenze deve essere un obbligo morale per tutti noi.
Testo di Giovanni Falagario
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