sabato 30 giugno 2018

POLEMICA FRA IL FIGLIO DI UN SUICIDA E SALVINI




LA BANALITA' DELL'INDIFFERENZA
Abbiamo mutuato e in parte mutato il titolo di un famoso e illuminante libro di Annah Harend, la banalità del male. Lo abbiamo fatto pensando alle parole sprezzanti di Matteo Salvini. All'appello di Luca Di Bartolomei, figlio di un suicida, ad evitare che si possano acquistare facilmente armi da fuoco nel nostro paese, il leader leghista ha risposto: tuo padre, se non aveva un'arma, si sarebbe buttato dal balcone. Non ha detto esattamente così, le sue parole letterali sono state "se una persona decide di suicidarsi e non ha la pistola si butta dal quinto piano". Capite bene l'effetto che produce al cuore di una persona che piange un caro estinto una tale affermazione. E' profonda cattiveria, è indifferenza verso il lutto altrui, è il sacrificare alla politica il dovere di essere rispettoso verso le sofferenze fisiche e morali altrui. Come i tedeschi degli anni '30 trovarono normale e banale, dal cui il titolo del testo della Harend, la morte di milioni di innocenti. Noi Italiani, assieme a Salvini, troviamo normale che nostri simili trovino la morte, sia che avvenga nei mari del Mediterraneo sia che avvenga per propria mano impugnando una pistola. Quante volte sentiamo da persone normali, per bene, le stesse parole che ha detto Salvini. Quante volte davanti alla sofferenza altrui, rispondiamo:suicidati! Avviene tutti i giorni. Insomma Salvini, che vuole rendere più facile l'acquisto delle armi insensibile alle conseguenze, è lo specchio fedele nostro animo, abbiamo un ministro degli interni cinico e crudele, perché cinici e crudeli siamo noi. La morte altrui ci è indifferente. Il Mediterraneo può accogliere migliaia di corpi, in Libia ci possono essere torturati e sfruttati, nel nostro paese si può morire senza che nessuno alzi un dito. Anzi la morte può diventare terribile strumento di propaganda. Fa impressione pensare al Salvini che commemorava "le vittime dello stato", cioè i suicidati per la crisi economica, e che oggi invece rimane assolutamente indifferente per la morte altrui. Fa impressione l'utilizzo strumentale che si fa dei valori umanitari. Fa impressione pensare che i suicidi siano "cose" (parola terribile) su cui scherzare, e non esseri umani che hanno scelto una tragica e umanamente inaccettabile soluzione ai loro problemi. Allora basta banalizzare il male, basta banalizzare la vita, riscopriamo il valore inestimabile di ogni uomo e di ogni donna. Se al Viminale c'è un personaggio come Salvini è perché ognuno di noi ha perso l'elementare senso di solidarietà. Anche noi, come i tedeschi sotto il nazismo, abbiamo pensato e pensiamo che sia normale e giusto invitare al suicidio le persone sgradite, magari solo perché diverse. Se l'Italia ha un ministro degli interni cinico e crudele, è perché ogni italiano, io compreso, è cinico e si compiace di essere banalmente malvagio. Per cambiare governo bisognerà cambiare noi stessi.



LA BANALITA' DELL'INDIFFERENZA
Abbiamo mutuato e in parte mutato il titolo di un famoso e illuminante libro di Annah Harend, la banalità del male. Lo abbiamo fatto pensando alle parole sprezzanti di Matteo Salvini. All'appello di Luca Di Bartolomei, figlio di un suicida, ad evitare che si possano acquistare facilmente armi da fuoco nel nostro paese, il leader leghista ha risposto: tuo padre, se non aveva un'arma, si sarebbe buttato dal balcone. Non ha detto esattamente così, le sue parole letterali sono state "se una persona decide di suicidarsi e non ha la pistola si butta dal quinto piano". Capite bene l'effetto che produce al cuore di una persona che piange un caro estinto una tale affermazione. E' profonda cattiveria, è indifferenza verso il lutto altrui, è il sacrificare alla politica il dovere di essere rispettoso verso le sofferenze fisiche e morali altrui. Come i tedeschi degli anni '30 trovarono normale e banale, dal cui il titolo del testo della Harend, la morte di milioni di innocenti. Noi Italiani, assieme a Salvini, troviamo normale che nostri simili trovino la morte, sia che avvenga nei mari del Mediterraneo sia che avvenga per propria mano impugnando una pistola. Quante volte sentiamo da persone normali, per bene, le stesse parole che ha detto Salvini. Quante volte davanti alla sofferenza altrui, rispondiamo:suicidati! Avviene tutti i giorni. Insomma Salvini, che vuole rendere più facile l'acquisto delle armi insensibile alle conseguenze, è lo specchio fedele nostro animo, abbiamo un ministro degli interni cinico e crudele, perché cinici e crudeli siamo noi. La morte altrui ci è indifferente. Il Mediterraneo può accogliere migliaia di corpi, in Libia ci possono essere torturati e sfruttati, nel nostro paese si può morire senza che nessuno alzi un dito. Anzi la morte può diventare terribile strumento di propaganda. Fa impressione pensare al Salvini che commemorava "le vittime dello stato", cioè i suicidati per la crisi economica, e che oggi invece rimane assolutamente indifferente per la morte altrui. Fa impressione l'utilizzo strumentale che si fa dei valori umanitari. Fa impressione pensare che i suicidi siano "cose" (parola terribile) su cui scherzare, e non esseri umani che hanno scelto una tragica e umanamente inaccettabile soluzione ai loro problemi. Allora basta banalizzare il male, basta banalizzare la vita, riscopriamo il valore inestimabile di ogni uomo e di ogni donna. Se al Viminale c'è un personaggio come Salvini è perché ognuno di noi ha perso l'elementare senso di solidarietà. Anche noi, come i tedeschi sotto il nazismo, abbiamo pensato e pensiamo che sia normale e giusto invitare al suicidio le persone sgradite, magari solo perché diverse. Se l'Italia ha un ministro degli interni cinico e crudele, è perché ogni italiano, io compreso, è cinico e si compiace di essere banalmente malvagio. Per cambiare governo bisognerà cambiare noi stessi.

mercoledì 27 giugno 2018

ANCORA MORTI NEL MEDITERRANEO




25 CORPI
Domenica, 25/06/2018, è stato il giorno della vittoria di Salvini alle comunali. Lo stesso giorno, nelle acque del Mediterraneo, una nave di un'Organizzazione Non Governativa (ONG) raccoglie un SOS da una barcone carico di migranti. Come impone il protocollo dell'ex ministro degli interni, Marco Minniti, hanno comunicato l'avvistamento alla centrale operativa della guardia costiera. Sono a poche miglia marine dal natante. Possono prendere in carico donne e bambini. Il responsabile della nave ONG chiede di poter prendere a bordo i naufraghi. La risposta è negativa. Le nuove direttive sono stringenti. Spetta alla autorità libica occuparsi di questi accadimenti. Le motovedette di tripoli arrivano, troppo tardi. Le persone perse in fondo al mare sono molte, i morti accertati sono 25, recuperati loro corpi dai flutti. Matteo Salvini colleziona un'altra vittoria, negando la vita a venticinque persone innocenti. Quei morti non sono solo del ministro, sono anche nostri che plaudiamo la rinascita italiana all'insegna della coalizione grillo - leghista, quei corpi sono colpa mia che ho votato per uno dei movimenti al governo. Imbarazza che sia un ministro degli interni italiano, colui che dovrebbe prendersi cura dell'incolumità delle persona, a sghignazzare dicendo: Macron respinge i bambini alle frontiere (terrestri). Come dire "il bamboccio francese non si prende la responsabilità di far affogare le persone, l'Italia si. Va da sé che chi scrive considera indegna sia la politica francese che quella italiana. Ma Macron non l'ha votato... purtroppo chi uccide nel Mediterraneo si.

venerdì 22 giugno 2018

SOLIDARIETA' E SCUOLA



MATURITA' E COSTITUZIONE
In queste ore si sta tenendo la seconda prova scritta degli esami di stato. E' diversa a seconda dei diversi indirizzi scolastici, come si sa. Ieri, 20/06/2018, invece i ragazzi hanno affrontato la prova d'italiano. Una traccia invitava gli studenti a trattare il tema della "solitudine", prendendo spunto dagli splendidi versi della poetessa Alda Merini. Un altra traccia consisteva nel commentare un brano del libro di Giorgio Bassani, Il giadino dei Finzi-Contini. Ricordiamo che il romanzo racconta di una famiglia ebrea di Ferrara in un arco storico che coincide con l'ascesa e la caduta del regime fascista. La traccia di contenuto economico invitava a commentare il funzionamento di una Start Up, cioè un'impresa innovativa. Altre traccie variavano a seconda dell'indirizzo e del programma degli istituti. Ma la traccia più significativa era certamente dedicata al commento dell'articolo 3 della Costituzione, in occasione dei settanta anni dalla promulgazione della nostra Carta Fondamentale. Una traccia attesa e, forse, temuta dalle migliaia di candidati alla maturità. Gli esaminandi, che hanno scelto tale traccia, hanno dissertato sul concetto di eguaglianza, inciso con splendide parole nel terzo articolo della nostra Legge delle Leggi. Hanno spiegato quale sia la differenza fra "uguaglianza formale" e "uguaglianza sostanziale". Hanno spiegato perché l'articolo 3 della Costituzione sia uno dei lemmi giuridici più importanti del nostro ordinamento. Siamo uguali! Questo è un elemento importante. Nel nostro paese non sono ammesse le caste, i ceti nobiliari. Tutti abbiamo gli stessi diritti e gli stessi doveri. Non ci sono status che ammettano privilegi. Siamo uguali davanti alla legge. Giudicati per quel che facciamo, non perché "figli di..". Siamo uguali di fronte alla legge. Se commettiamo reati, saremo giudicati a prescindere se siamo ricchi o poveri. Chi prova a utilizzare la ricchezza o il potere per evitare di essere come tutti, commette un vero e proprio sacrilegio costituzionale, al pari degli eventuali complici, che magari sono tali perché l'hanno votato. Poi c'è l'uguaglianza sostanziale. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto l'uguaglianza dei cittadini. Lo stato deve garantire l'istruzione a tutti, anche ai non abbienti. Lo stato deve garantire una dignitosa assistenza sanitaria a chiunque in casi di indigenza. Lo stato deve rimuovere le barriere architettoniche e culturali che impediscono la piena integrazione delle categorie svantaggiate, ad esempio i disabili. Insomma la repubblica deve garantire la dignità della persona umana. Deve impedire con tutte le sue energie che vi siano discriminazioni a causa del sesso, della razza, della religione di ciascuna persona. Gli studenti sono stati chiamati a descrivere questo grande afflato alla giustizia, commentando l'articolo 3 della Costituzione. Un impegno al rispetto della dignità che è di tutti. Non solo le istituzioni si devono impegnare al conseguimento della giustizia sociale. Ognuno di noi lo deve fare, nel vivere quotidiano. I nostri ragazzi, che superando l'esame più importante della loro vita, si accingono a giungere all'età adulta, devono raccogliere il testimone datogli dai nostri padri costituenti e farsi latori dei valori di fratellanza, amicizia e condivisione iscritti nell'articolo 3. Siamo uguali! Lo capiamo quando ridiamo insieme di una cosa che ci rende felici, lo capiamo quando piangiamo per una cosa che ci rende tristi, possiamo partire da questa semplice costatazione per costruire un futuro armonioso e senza barriere per nessuno.

LA PROVA DI GRECO AGLI ESAMI DI STATO



LA RICETTA DELLA FELICITA'
Ieri,21/06/2018, c'è stata la seconda prova degli esami di stato.I candidati, a seconda del loro indirizzo formativo, hanno affrontato una prova diversa. I maturandi al liceo classico hanno tradotto un testo di Aristotele. Un brano tratto dal "L'etica a Nicomaco", un testo talmente importante che Raffaello lo dipinge fra le mani del maestro di Alessandro Magno nel suo celebre affresco "La Scuola d'Atene", ove rappresenta Aristotele e Platone che conversano. Gli esaminandi hanno dovuto tradurre un brano di questa straordinaria opera. Il titolo della versione era "Perché non possiamo fare a meno dell'amicizia". Aristotele argomenta che nessuno può vivere senza amici. I legami amicali sono lo strumento per vivere compiutamente la felicità. La ricerca del bene è la caratteristica principale dell'animo umano. Si ricerca ciò che è utile e vantaggioso per sé. Si ricerca la ricchezza.Si ricercano gli onori. Ma cosa vuota e inutile sarebbe questo spasmodico affannarsi, senza il senso di comunanza. Aristotele cita l'Iliade, Omero ha detto nel libro X che solo uniti, solo in gruppo, si possono compiere belle imprese. Solo il vivere insieme permette il compimento degli obbiettivi che conducono alla felicità. La felicità va ricercata. La felicità è raggiungere un obbiettivo che appare lontano. La felicità è la guarigione per il malato. la Felicità è il diploma per il maturando (attualizzando Aristotele). la felicità è la serenità per chi vive nella sofferenza. la felicità è la comprensione dell'altro. La felicità è l'aiuto al debole, disabile e emarginato. La Felicità insomma è un cammino collettivo. La versione di greco, svolta ieri, sembra legata idealmente alla traccia del'altro ieri dedicata all'articolo 3 della Costituzione, la norma costituzionale dell'uguaglianza e della solidarietà. Cosa non è più pertinente a tali concetti, se non l'amicizia. Insomma il filo conduttore di queste due prove d'esame sembra essere l'invito a prendersi cura dell'altro, l'invito a non lasciare indietro nessuno, l'invito alla solidarietà. Aristotele, nel brano greco dice che "l'amicizia è un moto naturale, nella precarietà gli amici sono il soccorso". La crisi economica che ci ha attanagliato ha confutato questo principio etico. Nella precarietà sono tanti coloro che sono stati lasciati soli. I disabili, i migranti, le donne i meno fortunati sono sprofondati nel gorgo della crisi. L'amicizia, la solidarietà, di cui il pensiero di Aristotele e l'articolo 3 della Costituzione sono latrici, potrebbero cambiare le cose, potrebbero regalare speranza a chi l'ha persa. L'idea che il disabile, senza diritti, possa essere abbracciato da una mano amica e solidale può aprire alla speranza. Spero che i ragazzi che hanno affrontato la prova di greco possano pensare al valore straordinario che è l'amicizia e il prendersi cura dell'altro.

mercoledì 20 giugno 2018

UGUAGLIANZA E MATURITA'




UGUAGLIANZA
Ieri,20/06/2018, si è tenuta la prima prova degli esami di stato, la prova di italiano. Per ricordare i settantanni dalla promulgazione della Costituzione Italiana, una delle tracce verteva sull'articolo 3 della nostra carta fondamentale. Si chiedeva ai maturandi di spiegare il concetto di "uguaglianza" tanto caro ai nostri padri costituenti. C'è un uguaglianza formale, si è tutti uguali davanti alla legge. C'è un'uguaglianza sostanziale, si cerca di superare gli ostacoli sociali ed economici che impediscono ad ogni uomo e donna, bambino e bambina, di compiersi come essere umano. Sono due aspetti presenti nell'enunciato dell'articolo 3 della Costituzione. Ambedue i compiti spettano allo stato, è la Repubblica che deve operare per superare ogni forma di pregiudizio e di discriminazione. Ma ogni persona è chiamata a collaborare affinché si ottengano tali risultati. I valori di solidarietà e di mutuo soccorso sono presenti nel dettato costituzionale. Si è fratelli, si è parte di una comune umanità, perciò si è uguali. Questo pensavano i nostri padri costituenti. Questo pensiamo noi cittadini della seconda decade del XXI secolo. Il pensiero va a Soumayala, giovane sindacalista, ucciso in Calabria qualche settimana fa per la sua battaglia in difesa della dignità del lavoro. Il pensiero va ai anti che nel passato sono morti per un'idea di giustizia sociale. E' questa l'umanità migliore. E' questa l'idea che si vuole portare avanti. Un paese giusto, in cui non si deve essere discriminati per la propria razza, per la propria pelle, per la propria religione, per la propria cultura. Il pensiero va ai nostri fratelli spagnoli, che hanno preso a cuore la tragedia dei migranti abbandonati sulla nave Aquarius, e li hanno portati in salvo sulla propria terra. La dimostrazione che la solidarietà trascende gli ambiti territoriali, è comune a tutte le persone. Insomma l'articolo 3 della Costituzione è la base del nostro sentirci esseri umani. Il principio di uguaglianza ci spinge a porgere la mano a chi è in difficoltà. Ci spinge ad aiutare chi è debole, chi è malato, chi è indifeso. Ci spinge ad aiutare il disabile. Ci spinge a porgere soccorso a chi si è perso a causa di alcool e droghe. Ci spinge ad abbattere le barriere dell'odio e dell'indifferenza. Ci spinge a sentirci dalla parte di Sanchez, il capo di stato spagnolo che accoglie i profughi, e non dalla parte di Salvini, il ministro dell'interno italiano che li respinge. Ci spinge a deprecare chi fa distinzioni di razza, di sesso. Ci spinge a lottare affinché ogni donna non debba sentirsi violentata e offesa. Ci spinge a deprecare chi vuole schedare i rom. Quest'anno ricade anche un'altra ricorrenza. Ottant'anni fa Benito Mussolini e Vittorio Emanuele III promulgarono le leggi razziali. Erano il contrario dell'articolo 3 della Costituzione. Questo indica l'uguaglianza di tutti come bussola delle istituzioni, quelle discriminavano a causa della religione, espellevano dalle istituzioni gli aderenti alla fede ebraica. Il governo oggi in carica sembra guardare più al provvedimento di Mussolini come punto di riferimento, che non all'articolo 3. Proviamo ad avere una reazione. Proviamo a rimettere al centro quei valori di mutuo soccorso, di aiuto, di fratellanza iscritti nell'articolo 3. Su coraggio ragazzi! Non basta scrivere un tema alla maturità, è tempo di attuare la costituzione, è tempo di uguaglianza!

martedì 19 giugno 2018

SOLIDARIETA' COME MODELLO DI VITA




SOLIDALE
Lo sguardo solidale è la caratteristica principale di tante persone. Il senso di comunanza, ciò che ci fa sentire parte di una comunità, ci spinge a prenderci cura dell'altro. Su questo istinto si poggia la voglia di costruire una società migliore. Un impulso che ci spinge a considerare l'altro non un mezzo, ma un fine. Si deve fare qualcosa per l'altro, non si devono realizzare obbiettivi personali sfruttando l'altro. Una cittadinanza attiva dovrebbe poggiarsi su questa idea. I valori solidali si devono manifestare nell'impegno quotidiano. Solo così possiamo superare gli ostacoli che impediscono al nostro paese di diventare migliore. Saremo un paese più bello, se non lasceremo indietro nessuno. I gesti quotidiani sono gli strumenti per superare gli ostacoli. Dare un braccio a una persona anziana, che ha bisogno di un appoggio per attraversare la strada. Dare un sorriso a chi soffre. Sono gesti che fate quotidianamente, tanti di voi si impegnano per aiutare l'altro. Bisogna imparare che la solidarietà non è fine a se stessa, non finisce soccorrendo chi chiede aiuto, è un cammino lungo, in cui il rapporto con l'altro rappresenta un passo, la cui meta è una società migliore, più inclusiva. Bisogna compiere il "passo" di aiutare, per poi continuare a camminare con chi ci è accanto. Partire dal basso, partire dalle piccole scelte quotidiane di amore verso il prossimo, è lo strumento per costruire una comunità di persone consapevoli capace di costruire un progetto di società più efficiente ed eguale, partendo dai piccoli gesti solidali. Insomma chi fa del bene, deve pensare che sta facendo del bene a se stesso e al paese, è bene che riesca a mettere in rete la sua esperienza per costruire piccoli nuclei di persone alla ricerca di un bene che si possa espandere all'intera penisola.

SALVINI: CENSIAMO I ROM


LA RAZZA
Matteo Salvini promette di censire i Rom. Promette che gli "zingari" avranno un'anagrafe a parte. A ottanta anni dalle leggi razziali, quale alto tributo a Benito Mussolini, che fu il primo statista italiano a discernere la popolazione in razze. Il tema della razza è caro alla Lega. Attilio Fontana, il presidente leghista della Lombardia, lo citò durante la sua campagna elettorale. Si profuse nella difesa della razza bianca. Il discriminare il diverso, il mettere etichette è l'aspetto connotante dell'ideologia padana. Gli scritti e le speculazioni filosofiche di Massimo Carminati sono alla base di questo pensiero. Il "ciecato", come lo chiamano affettuosamente i suoi camerati di destra, ha scritto dell'idea di razza, ha scritto di eugenetica, attualizzando così il pensiero di fine anni '20, da Lombroso a Mosca. Su tale elaborazione si poggia l'azione politica di Matteo Salvini. Il Ministro degli Interni parla di razza. Non è un caso che si rammarichi che lo stato italiano non gli permetta di agire in base al colore della pelle delle persone. Ha dichiarato: purtroppo molti Sinti sono cittadini italiani. Per lui, e per i suoi elettori, quello che conta è l'etnia, è l'appartenenza a un gruppo. Per Salvini dovrebbero essere espulsi i diversi, senza guardare alla cittadinanza. Purtoppo non lo può fare. Non può cacciare italiani, anche se hanno la colpa di essere zingari, gay, di colore o magari disabili. Pert sopperire a tale senso di impotenza si propone di fare un censimento. Intanto i sostenitori del governo grillo-leghista sperano, anche negli anni '30 in Germania e in Italia si cominciò con il censire i diversi, poi si passo alle leggi razziali. Succederà anche sta volta? Il censimento dei Rom sarà soloil primo passo? Riecheggiano le parole di Bertold Brecht, dette nella prima parte del XX secolo: prima di tutto iniziarono con gli zingari... Italo Calvino (parlando del fascismo) disse: cominciarono a prendere il mio vicino di casa, non dissi niente, la cosa non mi riguardava.. poi vennero a bussare a casa mia..

venerdì 15 giugno 2018

ROMA DEDICA UNA VIA A GIORGIO ALMIRANTE


"IL RAZZISMO HA DA ESSERE CIBO DI TUTTI E PER TUTTI, SE VERAMENTE VOGLIAMO CHE IN ITALIA CI SIA, E SIA VIVA IN TUTTI, LA COSCIENZA DELLA RAZZA"
Sono le parole pronunciate da Giorgio Almirante nel 1942. L'illustre politico era stato segretario di redazione del Manifesto per la Difesa della Razza. Oltre ad averlo firmato, insomma, lo aveva anche redatto, in quel lontano 1938. Poi nel 1942, in piena guerra, aveva esaltato il razzismo come strumento di autocoscienza nazionale. Durante la seconda guerra mondiale aderì alla Repubblica Sociale Italiana, formata da fascisti irriducibili che affiancarono i nazisti, dopo l'armistizio dell'8 settembre '43. Finita la guerra, amnistiato dalla legge Togliatti che evitava la galera ai fascisti, fondò il Movimento Sociale Italiano. Oggi, grazie a un'iniziativa di Giorgia Meloni capo della formazione politica Fratelli d'Italia, Roma avrà una strada intestata alla sua memoria. Il Consiglio Comunale di Roma ha accolto con entusiasmo la proposta della leader di destra. A dire la verità la sinistra ha abbandonato l'aula per protesta, ma la maggioranza grillina è stata compatta nella scelta (solo due astensioni nelle sue fila), votando a favore della dedicazione ad Almirante della nuova via.

giovedì 14 giugno 2018

LIBERTA' NEGATA



IRAN DONNE SENZA DIRITTI
Si chiama Nasrin Sotoudeh. È iranianiana. È avvocato. Si è sempre battuta per la difesa dei diritti umani. Ha vinto il premio Sakharov nel 2012. Riconoscimento dato dall'Unione Europea a chi si distingue nella difesa della dignità delle persone. Oggi è in una cella a Teheran per esercizio abusivo della professione, proprio lei laureata con i massimi voti. La sua colpa è di aver difeso donne ree solo di non aver portato il velo, come prescrive la legge iranianiana. Il mondo Sta cercando di aiutarla. A lanciare l'appello in suo favore è Shirin Ebadii, altra forense persiana, scappata a Londra per fuggire alle persecuzioni. Bisogna reagire. Liran non può permettersi di violare impunemente i diritti umani. Il consenso delle nazioni e l'opinione pubblica mondiale deve far sentire la propria voce

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: UN BILANCIO FINALE



UN VIAGGIO PROFICUO


Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Abbiamo chiamato “Viaggio nella Costituzione” il racconto puntuale di tutti gli articoli della nostra Legge Costituzionale. Li abbiamo letti e commentati. Ora è giunto un momento di bilancio. Siamo partiti dai principi fondamentali. La prima parte della Costituzione che caratterizza gli aspetti principali e fondanti della nostra costituzione. La Repubblica è democratica, fondata sul lavoro. La Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell’uomo. Abbiamo visto cosa vuol dire nel quotidiano uno stato che agisce nel rispetto della dignità dalla persona. Lo Stato Italiano deve farsi non solo difensore, ma anche fattore di diritti. Non solo deve impedire che qualcheduno calpesti libertà altrui. Deve anche costruire un ordinamento in cui sia possibile realizzare la persona e tutelare la dignità umana. Deve fare in modo che vi sia un adeguato sviluppo economico, che conduca a garantire la piena occupazione e un lavoro che non produca sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Sono tutti principi impressi nei primi quattro articoli della nostra legge fondamentale. È inutile negare che tali obbiettivi sono stati solo parzialmente raggiunti. Le cronache quotidiane parlano di incidenti sul lavoro, di diritti negati, di sfruttamento e di lesione alla dignità della donna, fino ad arrivare al cosiddetto “femminicidio”. Vuol dire che la strada è ancora lunga. La Costituzione deve essere ancora applicata. Molti dei suoi precetti non sono stati e non sono ancor oggi pienamente rispettati. Bisogna provare a cambiare questo stato di cose. Se l’Italia vuole diventare un paese pienamente maturo e proteso al futuro, deve seguire la strada della piena attuazione dei principi costituzionali. Tali norme sono vitali, sono di una stretta attualità, capaci di dare risposte agli interrogativi della nuova epoca. Parlano di rapporti fra stati la cui la sovranità è messa in discussione dai nuovi assetti mondiali, articolo 11. In tale norma la oggettiva perdita di sovranità, davanti al prevalere delle forze sovranazionali, è vista come possibilità di costruire la pace. La Costituzione non elimina e semplifica i problemi. Il mondo è complesso, è spesso crudele verso popolazioni inermi, appare chiaro agli occhi dei Costituenti che hanno visto i tremendi effetti della seconda guerra mondiale, in cui la volontà di potenza ha giustificato milioni di morti. Ma anche davanti a quest’orrore bisogna cercare la pace, il dialogo, il confronto fra i popoli. L’Italia ripudia la guerra, proclama solennemente l’articolo 11. L’Italia promuove il dialogo fra le nazioni e i popoli. Ecco la strada da percorrere, affrontare i problemi attraverso il dialogo, l’apertura verso l’altro. Questo è un insegnamento morale che anche noi comuni cittadini dobbiamo considerare prezioso nell’affrontare le ambasce e le difficoltà del quotidiano. L’articolo 10 riconosce l’ordinamento internazionale come strumento di pace. Si garantisce a chi vive in paesi in cui i principi giuridici fondamentali sono negati, il diritto d’asilo. Insomma la costituzione, anche quando parla di diritto internazionale, di rapporti fra stati, mette al centro la persona degna di tutela. Lo stato democratico rispetta e tutela la libertà religiosa, lo scrive solennemente negli articoli sette e otto della Costituzione. La costituzione difende e tutela i principi che la dottrina chiama diritti negativi che sono, ad esempio, il diritto di parola, il diritto di pensiero, di domicilio, di privatezza. Sono detti “negativi”, perché impongono al proprio prossimo di non fare delle cose, considerate ingiuste. Ad esempio è vietato imprigionare una persona, per tutela il suo diritto alla libertà di cittadino di circolare. È vietato imporre con la forza il silenzio, negando così la libertà di parola e, di conseguenza, di pensiero. Poi ci sono i diritti di seconda generazione, quelli che impongono allo stato di adoperarsi attualmente per promuove la dignità umana. Sono il diritto al lavoro, il diritto alla salute, il diritto a una vita dignitosa. Sono detti di seconda generazione perché elaborati filosoficamente dopo, rispetto a quelli di prima. Se questi ultimi sono stati pensati all’alba della rivoluzione liberale, alla fine del XVII secolo, i primi sono nati al ridosso del XX secolo, quando le masse proletarie hanno preso maggiore coscienza di sé e sono diventate protagoniste della politica delle nazioni. Poi ci sono i diritti di terza e quarta generazione, i più recenti, diritti che non sono ben esplicitati nella Costituzione Italiani, proprio perché solo allora timidamente si cominciava ad intuire la loro importanza, mentre oggi sono riconosciuti nella loro prominenza rispetto ad altri interessi. Sono i diritti alla tutela ambientale, che fanno parte della “terza generazione”, esplicitati nell’articolo 9 della Costituzione in cui si dice che la Repubblica tutela il paesaggio. Sono i diritti ad avere un ambiente e un ecosistema vivibile, pensiamo a come questo diritto sia negato agli abitanti di Taranto. Urge che in quella città si trovi presto un equilibrio fra interessi che tuteli il diritto al lavoro degli operai dell’acciaieria ILVA e allo stesso tempo tuteli la salute dei cittadini e il patrimonio ambientale cittadino. È una sfida complessa. La tutela dei diritti non è una cosa facile. Bisogna pensare, adoperarsi, fare cultura, fare politica per poter costruire una società armonica e rispettosa delle prerogative di tutti. Per questo è bene agire nella realtà avendo ben presente i principi costituzionali, che sono l’esplicitazione di un moto d’animo volto a tutelare gli interessi generali e la dignità di ognuno di nome di un sentirsi comunità attiva e composta da cittadini fra loro solidali, questi sono i diritti di quarta generazione, sono i diritti che possono essere esercitati solo collettivamente, solo in quanto comunità, sono diritti ad avere servizi e utenze che sono considerate indispensabili per costruire una società più uguale e partecipata. Si parte dal diritto all’acqua pubblica fino a quello di avere una rete internet libera ed accessibile a tutti, diritti che si possono conquistare non da soli ma con un lavoro collettivo.

 Cambiare in meglio la nazione è possibile. Per farlo bisogna partire dalla Costituzione. Bisogna partire dai cardini dello stato da essa enunciati. Bisogna ripartire dalla centralità della famiglia, quale nucleo primario di convivenza e scrigno d’affetti, come dice l’articolo 29 della nostra carta. Bisogna ripartire dalla cultura, quale motore centrale di amalgama sociale e di superamento delle divergenze in nome della bellezza, leggiamo l’articolo 33. Insomma la Costituzione è uno strumento per imparare a vivere. La Costituzione è un moto solidale. La Costituzione è l’ancora di salvataggio per chi subisce gli strali della vita. È il baluardo, la difesa, di chi, debole, è deriso e vilipeso. È la speranza per chi è messo ai margini della società. È il moto d’orgoglio dei disabili, dei malati, degli emarginati, che spesso derisi e offesi, trovano nella Costituzione e nella legalità una consolazione. Allora studiamola la Costituzione, facciamo nostri i suoi valori fondamentali, studiamo l’ordinamento dello stato, come è stato strutturato nella seconda parte del nostro testo fondamentale. Studiamo i rapporti fra poteri, le interazione fra magistratura, governo e parlamento. Studiamo il funzionamento della Repubblica. Studiamo  le istituzioni locali, in primis la più importante, la Regione, poi i comuni, le città metropolitane, le province e tutti gli altri organi periferici. Utilizziamo la Costituzione come fondamento per una vita sociale nuova. Un modo di essere improntato all’ascolto, all’accoglienza al vivere bene. I valori di solidarietà verso i disabili, gli anziani, i malati, i disoccupati e in generale verso tutte le categorie sociali in difficoltà incisi nella Costituzione sono ancora valide. Noi abbiamo provato a dimostrarlo leggendo uno per uno tutti gli articoli della legge fondamentale emanata nel 1948. Abbiamo provato a tracciare un racconto, un racconto fatto di idee e, soprattutto, di uomini e di donne che si sono spese e spesi per esse, fino anche a trovare la morte. La Costituzione è un libro di diritti e di doveri. Un racconto di come si deve essere cittadini, orgogliosi del proprio paese e della propria storia. Diceva Umberto Terracini, uno dei padri della Costituzione: l’assemblea (Costituente) ha pensato e redatto la Costituzione come un patto di fraternità di tutto il popolo italiano, cui essa affida perché se ne faccia custode severo e disciplinato realizzatore. È il popolo, che è chiamato a realizzare il patto costituente, dice Terracini. Siamo noi che siamo chiamati a rendere viva e operante la carta fondamentale, con i sui valori di solidarietà, fratellanza ed uguaglianza. Il paese ha bisogno tutte le sue componenti e le sue forze umane. Ha bisogno che si superino i muri e le barriere che creano inutili ostilità. Ha bisogno di gente che è pronta a porgere la mano a chi è caduto, per ricominciare a camminare insieme verso la lunga strada che porta al progresso di tutti. La crisi economica che stiamo vivendo ci induce a lasciare indietro il più debole, a escludere il meno fortunato, a deriderlo, addirittura, ad insultarlo se prova a rivendicare un qualche diritto. Ebbene dobbiamo provare a prendere esempio dai nostri padri. Nel 1948 la guerra aveva distrutto il paese. Eppure si pensava al futuro insieme, si pensava ad includere e non ad escludere. Possiamo farlo anche noi, leggendo la Costituzione.

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: 70 ANNI E NON DIMOSTRARLI



PERCHE' LEGGERE LA COSTITUZIONE?

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Il primo gennaio del 1948 entra in vigore la Costituzione Italiana. Sono passati esattamente settanta anni. È tempo di bilanci. La carta fondamentale del nostro paese è ancora valida? I diritti fondamentali in essa enunciati sono ancora vivi nel nostro tessuto sociale? Cosa ci hanno lasciato i padri costituenti in eredità? Quali devono essere i nostri sforzi per portare a compimento il progetto di comunità pensato sette decenni fa? Troppo spesso si è detto che la Costituzione Italiana avrebbe bisogno di una revisione. Eppure le due grandi riforme istituzionali pensate in questi primi due decenni del XXI secolo sono naufragate. Sia quella pensata e voluta dalla coalizione parlamentare formata da Lega e Popolo delle libertà (ora Forza Italia)nel 2006 sia quella voluta dal Partito Democratico e i suoi alleati nel 2016 sono state bocciate dalla volontà popolare. Questo dimostra una certa diffidenza per le innovazioni costituzionali. Una diffidenza ben giustificata viste le oggettive aporie che ambedue i disegni di legge di riforma costituzionale avevano. La Costituzione è un bene, un patrimonio del paese, che va maneggiato con cura. È un tesoro prezioso frutto dello sforzo congiunto di persone che hanno sacrificato il proprio interesse personale per la patria. Persone come Pietro Calamandrei, noto giurista fiorentino, i cui discorsi infuocati a difesa dei principi di giustizia e libertà scaldavano l’aula in cui si svolgevano i dibattiti dell’assemblea costituente. La tensione, la passione, lo spessore culturale che c’era nel 1946 / 1948 oggi non c’è. Pensare che allora si discuteva di alti contenuti etici e politici. Pensare che durante i lavori per la scrittura della nostra Carta Fondamentale Aldo Moro, il noto statista ucciso nel 1978 dalle Brigate Rosse, disse: questi sono i tre pilastri del nuovo stato la democrazia, il senso politico, in senso sociale e soprattutto in senso umano. Sono parole pronunciate il 13 marzo 1947, mentre si discuteva del concetto di sovranità popolare. Moro spiegava che la sovranità non poteva disgiungersi dalla tensione alla giustizia sociale. È il popolo che si fa fattore del suo destino, facendo propria la sovranità, per tendere a quell’ideale comune di giustizia che travalica il concetto di lotta di classe e tende a un comune ed armonioso lavoro dell’intera nazione rivolto all’emancipazione sociale. Concetti altissimi che hanno preso forma nelle parole che andranno a formare i 139 articoli della Costituzione Italiana. Concetti esplicitati nell’articolo uno della Costituzione. L’Italia è repubblica. L’Italia è democratica. L’Italia è fondata sul lavoro. Tre concetti che mettono al centro il popolo che governa, essendo il nostro stato una repubblica, che si confronta all’interno di un consesso democratico, che ha diritto a una vita dignitosa esplicitando le proprie capacità attraverso il lavoro. Nella Costituzione sono incisi, quasi fossero impressi col fuoco e col sangue dei partigiani morti per la libertà, quei diritti fondamentali ed universali che garantiscono il diritto alla libertà, alla pace, ad esprimere le proprie opinioni, ad avere una casa. Bisogna ricordare che questi diritti non sono acquisiti per sempre. Bisogna lottare ogni giorno per conquistarli, esattamente come fecero i patrioti combattendo sulle montagne contro la barbarie del nazismo e del fascismo. Noi non siamo chiamati ad usare le armi. L’Italia è in pace. Ma siamo chiamati a proclamare quei valori invitti attraverso la nostra testimonianza, il nostro impegno e la nostra dedizione. Impegnarsi nella società è un modo per rendere via la Costituzione. È un modo per far riecheggiare nelle nostre strade, nelle nostre periferie degradate, negli uffici e nelle scuole le parole di speranza pronunciate settanta anni fa, mentre il paese cercava di ricostruirsi avendo sotto gli occhi le macerie prodotte dal secondo conflitto mondiale. Ecco perché è necessario fare “un viaggio nella Costituzione”. È necessario leggere uno per uno quegli articoli di legge che compongono la nostra carta fondamentale. Bisogna farlo con curiosità ed umiltà. Bisogna essere curiosi di sapere cosa pensavano i padri costituenti, bisogna essere curiosi di conoscere quali sono i valori e le regole su cui è fondata la nostra Repubblica. Bisogna essere umili sapendo che potremo fare solo scoperte parziali. Non riusciremo mai a cogliere appieno tutto il lavoro ermeneutico, tutta l’evoluzione storica e tutta la passione politica che sono a base del lavoro costituente. Riusciremo, però, ad essere arricchiti da una lettura che ci apre a un mondo fatto di diritti, doveri, di obblighi e di speranze. Un mondo fatto di una grande tempra morale. Un mondo fatto di abnegazione e di solidarietà verso l’intero popolo italiano. Ecco perché la lettura è fondamentale per prendere coscienza di ciò che si è, per avere consapevolezza del valore intrinseco che ha la cittadinanza, cioè l’essere parte una comunità di persone. La Costituzione è nella sua prima parte un lungo e meraviglioso elenco di diritti e doveri. Si enuncia ciò che è o dovrebbe essere il ruolo del cittadino, o meglio dell’uomo e della donna, nei diversi ambiti sociali. Il compito della persona nei rapporti civili, in quelli etico sociali, in quelli economici e politici. Si parla di famiglia, di sindacati, di partiti, tutti ambiti sociali, tutte società intermedie, nelle quali la persona prende coscienza di sé e del suo ruolo comunitario. Nella seconda parte si disegna lo stato Repubblicano. Si incidono su carta quali siano i rapporti e le diverse funzioni degli organi dello stato. Dicevano i rivoluzionari francesi alla fine del ‘700: non c’è costituzione senza divisione dei poteri. Questo concetto è valido ancor oggi ed è uno dei fondamenti su cui è stata scritta la nostra Costituzione. Nella seconda parte di essa si parla dei compiti del Governo, del Parlamento, del Presidente della Repubblica, della Magistratura, degli organi locali, fra cui spicca la Regione. Si disegna uno stato plurale, in cui il sinergico sforzo dei vari enti produce bellezza oltre che efficienza. Allora non possiamo che immergerci nella lettura della Carta Costituzionale. Scopriamo, quali novelli Diogene, la verità racchiusa in questo testo. Proviamo a rispondere a quelle domande che ci siamo posti, attraverso la lettura dei singoli articoli. La Costituzione è ancor oggi valida? Vediamo se è così, leggiamola. La Costituzione esprime valori universali? Vediamo in quale sua parte sono stati scritti. Abbiamo un’eredità lasciata dai grandi da far fruttare? Scopriamola nascosta nei comma e nei lemmi della Carta Fondamentale. Questa è a sfida che siamo chiamati a raccogliere. Scoprire il bello, il buono, il benefico che c’è nel nostro ordinamento democratico. Portarlo a buon frutto, attraverso la dedizione e l’impegno etico e sociale. I settanta anni dalla promulgazione della Costituzione devono essere un motivo per guardarci dentro. Un motivo per vedere se possiamo diventare cittadini maturi, pronti ad affrontare le sfide del XXI secolo. È un momento per leggere la Costituzione e per capire se questo testo è utile per costruire il domani oppure rimane solo un monumento del passato. La risposta è in quel testo che è stato mostrato a tutti in ogni comune italiano nel 1948, ed oggi dovrebbe essere mostrato a tutti noi, attraverso dibattiti e mostre.

mercoledì 13 giugno 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: XVIII DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE



XVIII DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE

“La presente Costituzione è promulgata dal Capo provvisorio dello Stato entro cinque giorni dalla sua approvazione da parte dell’assemblea Costituente, ed entra in vigore il 1° gennaio 1948.

Il testo della Costituzione è depositato nella sala comunale di ciascun Comune della Repubblica per rimanervi esposto, durante tutto l’anno 1948, affinché ogni cittadino possa prenderne cognizione.

La Costituzione, munita del sigillo dello stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica.

La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello stato”

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Le Disposizioni Transitorie e Finali sono diciotto articoli approvati dall’assemblea costituente per regolamentare la transizione fra il regime monarchico e quello Repubblicano. Sono strumenti preziosi per attuare e rendere operativi i dettami impressi nella Costituzione Italiana, che l’assemblea costituente stessa aveva deliberato e approvato. La XVIII disposizione è l’ultima di questo pacchetto normativo. È il sigillo finale all’opera costituente. È la proclamazione che la Costituzione è la legge fondamentale che regola la vita dell’Italia, delle sue istituzioni e, soprattutto, dei suoi cittadini. Bisogna subito dire che il dettato imposto dal primo comma di questa disposizione fu fedelmente rispettato. Il 22 dicembre del 1947 l’assemblea costituente votò ed approvò il testo finale della Carta Fondamentale. Fu promulgata, con solenne firma, dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27/12/1947. L’atto fu compiuto alla presenza dell’allora Presidente del Consiglio Alcide de Gasperi e del presidente dell’assemblea costituente, Umberto Terracini. La promulgazione, la firma presidenziale a convalida dell’atto,  avvenne esattamente cinque giorni dopo la sua votazione definitiva da parte dell’assemblea, esattamente come prescrive la norma transitoria. La carta ha valore erga omnes, tutti i cittadini italiani sono obbligati a rispettare i suoi dettami, dal 1 gennaio 1948. Da allora la Costituzione è il faro che indica la strada che porta alla libertà e alla giustizia sociale. È stato in questi settanta anni la bussola per chi vuole trovare giustizia in un paese ricco di contraddizioni, quale l’Italia. La Costituzione è latrice di valori quali uguaglianza, pluralismo, democrazia, lotta all’ingiustizia sociale e politica, che vanno conquistati ogni giorno. Il diritto a proferire liberamente il nostro pensiero non è, ad esempio, un diritto conquistato per sempre. Ogni giorno siamo chiamati a rendere vitale questo valore. Dobbiamo confrontarci con persone che nei fatti negano il diritto alla libertà di pensiero. Questa è la sfida! Dimostrare che la Costituzione è viva! Dimostrare che lottare per i principi di cui è latrice è un modo per portare a un riscatto morale ed etico tutta la società italiana. La Costituzione non è un pezzo di carta. La costituzione è carne viva. Diceva Pietro Calamandrei (noto costituzionalista, membro dell’assemblea costituente e padre della patria) : se volete vedere dove è nata la costituzione andate nei monti ove sono morti i partigiani, nei lager dove sono morti innocenti, nelle prigioni ove sono stati torturati i martiri della libertà. La Costituzione sono uomini e donne che si spendono per difendere i suoi valori fondamentali. La costituzione è la lotta per l’emancipazione sociale, umana e spirituale di uomini, donne e bambini oppressi da una società spesso crudele, che nega i valori di solidarietà e di mutuo soccorso. La Costituzione è la speranza in un mondo che nega i diritti del singolo. È il sogno di costruire una società inclusiva, in cui tutti abbiano un ruolo, un funzione positiva. Sono passati settanta anni dal giorno in cui la Costituzione è entrata in vigore. Bisogna fare ancora tanto perché la nostra legge fondamentale abbia pieno compimento. Bisogna ancora lottare affinché si incarni nel tessuto sociale dell’intera nazione. Ancora oggi nel quotidiano la libertà di pensiero, di parola è negata. Non certo perché chi parla va in carcere. Quello che avviene è che chi esprime la propria opinione, contro il parere di chi ha un potere prevaricante, viene spesso subissato da insulti e violenze, verbali e no. Ricordiamo lo sconvolgente caso avvenuto in un Bar in un quartiere di Roma, La Romanina, in cui una disabile e l’esercente sono stati brutalmente malmenati da un mafioso solo perché l’hanno invitato ad avere comportamenti civili. Bisogna che ciò cambi. Bisogna che la Costituzione sia un virus benefico che infetti tutti gli animi delle persone, che pervada la vita quotidiana e non solo gli organi dello stato. La Costituzione deve vivere nelle istituzioni. Chiunque ha un ruolo pubblico deve rispettarla e farsi promotore efficace ed efficiente della sua attuazione. Allo stesso tempo tutti i cittadini italiani e tutte le persone che vivono nel nostro paese, anche se non hanno la cittadinanza italiana, devono rispettarla ed agire secondo i suoi dettami. Per farlo è necessaria la conoscenza!

Il secondo comma della Disposizione Transitoria e Finale numero XVIII impone che per l’intero anno 1948 ciascun comune esponga la carta costituzionale, affinché tutti i cittadini possano leggerla. È bene che sia stato così. La Carta Costituzionale deve essere letta e studiata da tutti. Ancor oggi è obbligo di ogni italiano conoscerla, almeno nelle sue linee principali. La conoscenza è lo strumento per essere cittadino attivo, per partecipare alla vita politica e sociale del paese. Dopo gli anni bui del fascismo in cui la cultura era guidata, si poteva leggere e studiare solo utilizzando gli strumenti pedagogici offerti dal regime, perfino il metodo Montessori, lo strumento didattico volto ad insegnare ai fanciulli in età di scuola primaria, che porta il nome della sua inventrice, era visto con sospetto. La Repubblica affida ad ogni cittadino il compito di leggere e studiare utilizzando il proprio discernimento. La Costituzione è sotto gli occhi di tutti, tu, o cittadino, leggila e commentala. Se hai bisogno d’aiuto ci saranno le istituzioni a farti da supporto, ma quello che conta è la tua libertà. Oh quale magnifico concetto! Libertà di insegnamento e di apprendimento! I comuni daranno ai cittadini uno strumento di conoscenza. La società sarà pronta ad accogliere questa opportunità. Il futuro sarà segnato dalla partecipazione consapevole della cittadinanza.

La Costituzione è inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti leggi. Non basta che sia resa pubblica, promulgata. Urge che sia conservata, quale reliquia sacra, nell’archivio di Stato in cui si conservano gli atti normativi. In un racconto George Orwell parla di un governo che cambia le leggi a seconda di cosa gli aggrada, si chiama questo testo narrativo “1984”, molti di noi lo conoscono perché il capo di questo stato immaginario era chiamato “Grande Fratello”, da cui il nome di una notissima trasmissione televisiva. Bene nel nostro paese, come in tutti i paesi democratici, ciò non è possibile. Una norma, una legge, rimane incisa nell’archivio storico della nazione e munita di sigillo dello stato, la ceralacca degli atti notarili del passato e del presente. Una legge si può mutare, spesse volte si deve mutare, ma lo si deve fare seguendo le norme stabilite dalla convivenza civile. Se si vuole cambiare la Costituzione Italiana, ad esempio, lo si deve fare seguendo i dettami imposti dall’articolo 138 della stessa. Alcun arbitrio è lecito. Perfino il presidente della repubblica, se compie atti che ledono i principi costituzionali, deve essere incriminato secondo la procedura imposta dalla legge. Insomma la scrittura e la conservazione dei testi giuridici scritti sono il fondamento di una comunità civile che si fonda su regole sicure e facilmente conoscibili da tutti. Tutti sanno che la Costituzione è conservata, quale bene irrinunciabile, nella raccolta Ufficiale delle Leggi, quale atto giuridico più importante.

L’ultimo comma della disposizione Transitoria e Finale numero XVIII impone che la costituzione deve essere fedelmente rispettata dai cittadini e dagli organi dello stato. Questo dovere l’abbiamo trattato ampiamente in tutto il testo a commento. È importantissimo notare che le ultime parole del testo costituzionale siano dedicate all’efficacia del testo giuridico. Una norma, non solo costituzionale, per essere effettiva deve essere rispettata dalla maggioranza dei cittadini e delle persone che vivono in uno stato. Ecco l’importanza della divulgazione dei testi costituzionali. La Costituzione non è senza che la cittadinanza la rispetti. Si deve operare con la coercizione. Se una persona non rispetta la Costituzione è bene che sia punito e ricondotto nel giusto binario. Ma la forza non basta. Bisogna che ci sia una conoscenza e una coscienza diffusa della Costituzione. Rispettarla è un bene. Produce effetti benefici per tutti. Ho nelle orecchie la voce di una persona, fra l’altro degna di rispetto, che mi dice “i valori costituzionali sono tuoi!”, sotto intendendo non miei. Questa è una sconfitta. È una sconfitta per l’intera repubblica. Sapere che intere zone del paese vivono nell’illegalità e calpestano quotidianamente i valori di solidarietà, libertà e democrazia scritti nella Costituzione è un male per l’intera Repubblica che rischia di sgretolarsi davanti alla mancanza di senso di bene comune.  Occorre svegliarsi. Occorre che gli organi dello stato e i cittadini rispettino quei valori che possono diventare la bussola per indicare la direzione di un’Italia nuova e migliore. La Libertà di culto, la libertà di pensiero, la libertà di domicilio, la libertà di avere un lavoro, la libertà ad avere una vita dignitosa sono tutti principi impressi nella Carta Costituzionale, che ha settanta anni dalla sua entrata in vigore appare ancora lo strumento migliore per vivere meglio. Questi sono i valori che costruiscono una società in cui è gradevole vivere. Questi valori sono indicati nella costituzione. Allora fare in modo che la nostra Repubblica rinasca è possibile, basta che ognuno di noi rispetti la carta Costituzionale e viva secondo i suoi dettami. Rileggiamola, studiamola, amiamola così daremo un domani a noi e ai nostri figli.

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: XVII DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE



XVII DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE

“L’Assemblea Costituente sarà convocata dal suo Presidente per deliberare, entro il 31 gennaio 1948, sulla legge per la elezione del senato della Repubblica, sugli statuti regionali speciali e sulla legge per la stampa.

Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere, l’Assemblea Costituente può essere convocata, quando vi sia necessità di deliberare nelle materie attribuite alla sua competenza dagli articoli 2, primo e secondo comma, e 3, comma primo e secondo, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n.98.

In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge, ad esse trasmessi, con eventuali osservazioni e proposte di emendamenti.

I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richiesta di risposta scritta.

L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al secondo comma del precedente articolo, è convocata dal suo presidente su richiesta motivata del Governo o di almeno duecento deputati”.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Le disposizioni transitorie e finali sono diciotto articoli approvati dall’assemblea costituente assieme alla Costituzione il 22 dicembre 1947. Hanno la funzione di regolare il passaggio fra il regime monarchico e quello repubblicano. L’Italia ha deciso di cambiare il 2 giugno 1946. Il popolo, con referendum, ha scelto la repubblica. Dopo novanta anni di potere reale, adesso è il popolo che si rende fattore del proprio destino. Sono durati un anno e mezzo i  lavori dell’assemblea costituente. L’organo chiamato a scrivere le nuove regole del paese, eletto con libere consultazioni  in concomitanza con il referendum “monarchia o repubblica”, nel dicembre 1947 ha concluso i suoi lavori. La Carta costituzionale è stata promulgata. Ma il lavoro dell’assemblea costituente non finisce con l’approvazione del testo costituzionale. La XVII disposizione transitoria e finale detta i compiti inderogabili che l’assemblea è chiamata a svolgere nel mese di gennaio 1948, prima che sia sciolta e siano indetti i comizi elettorali per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato, che aprirà la prima legislatura repubblicana. Prima di tutto c’è da scrivere la legge elettorale del Senato, che non può essere quella utilizzata per l’assemblea costituente e per la camera dei deputati che nascerà. Queste due assemblee designano i propri membri  con metodo D'Hondt,, cioè con un sistema proporzionale che divideva i collegi in base alla popolazione producendo circoscrizioni elettorali. Il nuovo senato doveva essere eletto su base regionale, la circoscrizioni dovevano coincidere con le regioni, in forza dell’articolo 57 della Costituzione. Questo rendeva necessario introdurre un sistema elettorale per il senato, in cui fosse possibile conciliare il fatto che ogni singolo senatore rappresenta l’intera nazione e la sua elezione su base regionale. Questo impose un complesso modello elettorale con un sistema maggioritario che aveva un soglia di applicazione molto alta. Era eletto direttamente il candidato che avesse, nel proprio collegio, una maggioranza di oltre il 75% in mancanza di tale elevatissimo consenso i senatori erano eletti proporzionalmente in base ai consensi ottenuti dai partiti su scala regionale. Questo complesso sistema di designazione dei seggi rendeva il sistema elettorale del Senato formalmente maggioritario e sostanzialmente proporzionale. Bisogna ricordare che tale legge fu approvata, con affanno, il 6 febbraio 1948. L’assemblea Costituente doveva chiudere i lavori il 31 gennaio, per poi indire i bandi elettorali, ma le sedute assembleari si prolungarono di qualche giorno. È d’uopo ricordare che la legge elettorale della Camera del deputati rimase la stessa che aveva permesso l’elezione dell’assemblea costituente. Tale legge era stata votata dalla Consulta Nazionale il  26 febbraio 1946. L’assemblea costituente la riconobbe come norma di selezione dei deputati, senza portarle alcuna modifica, con legge n. 6 del 20 gennaio 1948. Riassumiamo. La legge elettorale del senato era stata intermente voluta e discussa in assemblea costituente, era un sistema di designazione proporzionale con ripartizione regionale. Invece il sistema elettorale della Camera riprendeva, senza alcun tipo di variazione, quello utilizzato per eleggere la Costituente, ed era un sistema proporzionale che divideva il paese in collegi elettorali, ognuno dei quali aveva la possibilità di portare alla Camera dei rappresentanti designati fra liste elettorali che coincidevano con i partiti politici.

Altra importantissima legge che fece l’assemblea costituente, prima di sciogliersi, fu la legge sulla stampa. Essa  fu promulgata 8 febbraio 1948. Garantiva le libertà dei giornali. In forza dell’articolo 21 della Costituzione la nuova legge abrogava le leggi fasciste di controllo da parte dello stato sui contenuti dei testi giornalisti e aboliva il diritto di intromettersi, da parte del governo, nell’elezione dei direttori dei quotidiani, nella designazione delle redazioni giornalistiche e in generale vietava ogni tipo di ingerenza statuale. La Stampa non aveva alcuna censura. I giornali, le riviste e ogni tipo di pubblicazioni erano libere. L’unica ragione che poteva imporre il sequestro delle pubblicazione era l’oltraggio alla pubblica morale. Insomma la libertà di ogni cittadino si esplicitava nel suo diritto ad essere informato da mezzi di comunicazione liberi. Nessun contro, nessun atto autoritario, poteva impedire la diffusione di notizie a mezzo di stampa. La Libertà si esplicitava con la mancanza di censura. Chiunque poteva scrivere testi, libri, volantini e libelli senza incorrere nell’intervento repressivo della polizia. La legge sulla stampa imponeva paletti. Ancor oggi queste limitazioni sono viste come retaggio di un passato lontano. Ad esempio il direttore del giornale deve essere iscritto all’ordine dei giornalisti. Chi scrive sui giornali deve essere pubblicista, cioè essere iscritto in un apposito albo, a cui si accede dopo aver compiuto un preciso iter di studio e di tirocinio. Questo è stato imposto dalla legge del 1948 per responsabilizzare il ruolo del giornalista. Chi conduce un giornale, il direttore, e chi scrive per lui è responsabile davanti alla nazione di garantire il diritto di ogni cittadino ad essere informato. La Stampa ha un’alta missione. È la sentinella che controlla la vita sociale e politica del paese. È il baluardo contro la prevaricazione che il potere può produrre. È colei che denuncia i mali sociali, ad esempio ci sono stati tanti giornalisti morti perché hanno denunciato le malefatte della mafia. È giusto che ci sia una legge dello stato che non solo regoli il suo operato, ma protegga coloro che fanno il mestiere del giornalista dalle ingerenze altrui. La legge sulla stampa è una legge ordinaria. Non è una legge Costituzionale, può essere modificata e riformata secondo i dettami indicati dalla sezione II del titolo I della seconda parte della costituzione. Cioè segue l’iter di approvazione delle norma che prevede l’articolo 72 della nostra Carta Fondamentale. Detto questo appare palese che una norma che regolamenti la libertà di stampa è da considerarsi centrale per una nazione matura. Non è un caso che sia stata la Assemblea Costituente a redigerla ed approvarla per la prima volta. Le riforme alle norme sulla stampa devono essere fatte con assoluta attenzione e tenendo saldamente presente i principi fondamentali del nostro stato sanciti dalla stessa Carta Costituzionale. La libertà di scrivere, di parlare, di esprimersi è fondamentale. È indispensabile trovare un equilibrio fra il diritto di tutti di professare pubblicamente il proprio pensiero e il diritto dell’intera comunità di tutelarsi davanti ad un uso distorto della comunicazione. Il giornalista, ma anche il comiziante, non deve avere il diritto di dire qualunque cosa. Ci sono leggi fondamentali che puniscono penalmente la calunnia, coloro che dicono il falso. Sono leggi necessarie, sono norme di buon senso. Non bastano! Occorre una maturità morale e intellettuale del lettore che sappia discernere i contenuti di un elaborato scritto o immesso sui media televisivi e telematici. La legge non potrà mai impedire le cosiddette “fake news”, le notizie spazzatura. Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, tuona l’articolo 21 della Costituzione. È necessario, oltre che giusto, che così sia. Nessun ha il potere e il diritto di dire all’altro: Stai zitto. Ma bisogna imparare a saper soppesare le parole dell’altro. Bisogna imparare ad analizzare il contenuto di una “velina”, di uno scritto, e saper discernere il vero dal falso. Questo è il messaggio iscritto nella XVII norma transitoria e finale della Costituzione. Lo Stato, la Repubblica, deve fare una buona legge sulla stampa che tuteli il lavoro dei giornalisti, la dignità di chi è oggetto del loro racconto e il diritto di tutti ad avere un’informazione non mentoniera. Ma al di là dei paletti minimi posti a tutela del buon nome e contro la calunnia, è il lettore che si deve far giudice della qualità della notizia. Un giudice è in grado di giudicare solo se consoce. È bene leggere, studiare, informarsi, leggere i classici della letteratura mondiale (penso ai magnifici rimbrotti ai giornalisti francesi dell’Ottocento fatti da Balzac) per difenderci da un’informazione distorta e tendenziosa.

Altro compito fondamentale che ebbe l’assemblea costituente nel primo scorcio dell’anno 1948 è quello di redigere ed approvare gli statuti delle regioni ad ordinamento speciale. La Sicilia, la Sardegna, la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige sono le quattro regioni che hanno visto approvati dall’assemblea costituente i propri statuti. Questi furono elaborati attraverso un fruttuoso lavoro fra le comunità locali e l’apposita commissione per le autonomie locali, facente parte della Costituente. È d’obbligo notare che l’istituzione e l’approvazione dello statuto speciale della regione Friuli Venezia Giulia fu invece votato dal senato e dalla camera dei deputati nel 1963. Questa parte del paese era ancora in mano agli eserciti alleati nel 1948, per questo motivo la Costituente preferì attendere che il territorio del Nord Est italiano tornasse libero e sotto le amorevoli braccia della Repubblica Italiana prima di elaborare un proprio statuto. Gli statuti speciali sono la garanzia della libertà e dell’autonomia territoriale di alcune regioni che per motivi storici, culturali e linguistici hanno bisogno di un particolare assetto normativo per garantire la migliore maturazione culturale dei propri cittadini. Ad esempio la Sicilia e la Sardegna, per il loro carattere insulare, hanno bisogno di quella maggiore autonomia normativa ed amministrativa capace di sopperire l’isolamento prodotto dal mare rispetto all’Italia continentale. Autonomia vuol dire agevolare la crescita di territori che il mare ha reso unici e che li ha culturalmente formati. La Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige invece sono regioni plurilinguistiche. La cittadinanza è francofona, per la regione il cui capoluogo è Aosta, e di lingua tedesca, nel caso della provincia di Bolzano. La presenza di una popolazione bilingue, ha reso necessario l’introduzione di un particolare statuto regionale che garantisse la pluralità culturale all’interno dell’unità nazionale. Ricordiamolo! Garantire il pluralismo non deve valere solo per le regioni a Statuto Speciale. La repubblica garantisce e tutela la pluralità culturale dell’intero territorio nazionale. Lo Stato Italiano garantisce il patrimonio culturale di tutte le minoranze. Ancora poco è stato fatto per questo. Tante persone di lingua albanese, o di altra etnia, solo oggi, con le leggi di tutela delle minoranze entrate in vigore a cavallo dell’inizio del XXI secolo godono del diritto di studiare, di parlare in ambiti istituzionali, utilizzando la propria lingua. I passi da fare per garantire le minoranze sono tanti, in un paese come l’Italia in cui la pluralità è un bene prezioso. È compito delle Regioni, anche quelle a statuto comune, tutelare la ricchezza e la pluralità culturale del paese. Il loro compito deve essere svolto con il supporto sinergico dello stato centrale. Seriamo che ulteriori passi si facciano. Gli statuti regionali, ricordiamo quello pugliese, pongono al centro del loro operare lo sforzo per valorizzare la diversità culturale, rendendola uno strumento non di conflitto ma di unione fra le genti, speriamo che tale proposito porti buoni frutti.

Ora passiamo ai compiti di interazione fra il governo e l’assemblea costituente. Ricordiamo che l’esecutivo aveva il potere di governare il paese emanando decreti legislativi. Aveva il compito di condurre la nazione deliberando, con sua piena ed assoluta responsabilità, atti normativi che non avevano la necessità di essere approvati dall’assemblea costituente. L’Assemblea Costituente aveva l’alto ed oneroso compito di redigere i principi fondanti della nascente Repubblica, doveva scrivere la Carta Costituzionale. Il Governo doveva gestire l’emergenza nazionale. Guidare un paese che provava ad alzarsi da una guerra che aveva messo in ginocchio l’intera popolazione. Questo principio era derogato dalla possibilità che l’esecutivo potesse consultare la Consulta in caso di decisioni di importantissima materia. Si pensi alla stipula di trattati internazionali. Si pensi a gravissime decisioni volte a ricostruire infrastrutture e industrie segnate gravemente dalla guerra. Però l’articolo 2 e 3 del decreto legislativo del 16 marzo 1946 pone le basi di quello che sarà il rapporto di fiducia fra Parlamento e Governo. Se l’esecutivo presenta una proposta di legge alla Consulta e questa la boccia, non può essere promulgata dal capo del governo, esattamente come avviene oggi. Ciò non implica la caduta dell’esecutivo, esattamente come dispone l’articolo 94 della Costituzione che dispone del rapporto fra Consiglio dei Ministri ed organo assembleare. Un voto contrario a una proposta del governo non impone le dimissioni di questo, a meno che non abbia posto “questione di fiducia”, cioè non abbia detto al parlamento, detto per semplificare, se non approvate questa legge mi dimetto. Insomma gli articoli 2 e 3 del decreto luogotenenziale del 16 marzo 1946 prefigurano i rapporti fra governo e parlamento che saranno caratteristica fondamentale della nostra Repubblica. Nell’ottica di un’attiva e fruttuosa azione sinergica fra governo e parlamento bisogna leggere i comma finali della disposizione transitoria e finale XVII. I Comma tre, quattro e cinque stabiliscono che l’assemblea costituente deve mantenere in pieno funzionamento le Commissioni, che durante la stesura della Carta Costituzionale sono servite come luogo di dibattito fra costituenti sui principali temi giuridici che sono stati trasporti ed incisi negli articoli della Costituzione, dopo il 1 gennaio 1948, invece, serviranno quale prezioso supporto all’azione dell’esecutivo. Il governo potrà esprimersi, attraverso un proprio rappresentante, all’interno delle commissioni o davanti all’intera assemblea, esponendo problematiche di rilevanza nazionale la cui soluzione richiede l’intervento della Consulta. L’assemblea Costituente si può riunire per richiesta del suo presidente, per richiesta del governo o per richiesta di duecento suoi deputati. Tali richieste devono essere motivate in forma scritta. Devono essere vagliate dal consiglio di presidenza che deve proporle al presidente della Assemblea che deve indicare la data di convocazione. Questo a dimostrazione di come l’Assemblea Costituente stesse assumendo le fattezze di un Parlamento. Si stava preparando la strada a quella che sarà la storia democratica della nostra Repubblica. Le modalità di convocazioni, i riti istituzionali, l’etichetta repubblicana non sono meri atti formali. La democrazia, per funzionare, ha bisogno di riti che diventano garanzie. Le modalità di interazione fra organi dello stato, i tempi e i modi di dibattito, sono preziosi strumenti per garantire che nessuna parte, nessun schieramento politico, possa indebitamente prevaricare sull’altro, senza rispettare le regole di libertà e di uguaglianza, bisogna ricordarlo sempre. Ecco perché è fondamentale l’articolo XVII delle disposizioni transitorie e finali, esso pone dei limiti alla potestà del parlamento di operare in tema di libertà di stampa, di autonomie locali e di regole di dibattito parlamentare, limitazioni che garantiscono che nemmeno l’assemblea legislativa può mettere in discussioni i diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino.