giovedì 14 giugno 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: UN BILANCIO FINALE



UN VIAGGIO PROFICUO


Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Abbiamo chiamato “Viaggio nella Costituzione” il racconto puntuale di tutti gli articoli della nostra Legge Costituzionale. Li abbiamo letti e commentati. Ora è giunto un momento di bilancio. Siamo partiti dai principi fondamentali. La prima parte della Costituzione che caratterizza gli aspetti principali e fondanti della nostra costituzione. La Repubblica è democratica, fondata sul lavoro. La Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell’uomo. Abbiamo visto cosa vuol dire nel quotidiano uno stato che agisce nel rispetto della dignità dalla persona. Lo Stato Italiano deve farsi non solo difensore, ma anche fattore di diritti. Non solo deve impedire che qualcheduno calpesti libertà altrui. Deve anche costruire un ordinamento in cui sia possibile realizzare la persona e tutelare la dignità umana. Deve fare in modo che vi sia un adeguato sviluppo economico, che conduca a garantire la piena occupazione e un lavoro che non produca sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Sono tutti principi impressi nei primi quattro articoli della nostra legge fondamentale. È inutile negare che tali obbiettivi sono stati solo parzialmente raggiunti. Le cronache quotidiane parlano di incidenti sul lavoro, di diritti negati, di sfruttamento e di lesione alla dignità della donna, fino ad arrivare al cosiddetto “femminicidio”. Vuol dire che la strada è ancora lunga. La Costituzione deve essere ancora applicata. Molti dei suoi precetti non sono stati e non sono ancor oggi pienamente rispettati. Bisogna provare a cambiare questo stato di cose. Se l’Italia vuole diventare un paese pienamente maturo e proteso al futuro, deve seguire la strada della piena attuazione dei principi costituzionali. Tali norme sono vitali, sono di una stretta attualità, capaci di dare risposte agli interrogativi della nuova epoca. Parlano di rapporti fra stati la cui la sovranità è messa in discussione dai nuovi assetti mondiali, articolo 11. In tale norma la oggettiva perdita di sovranità, davanti al prevalere delle forze sovranazionali, è vista come possibilità di costruire la pace. La Costituzione non elimina e semplifica i problemi. Il mondo è complesso, è spesso crudele verso popolazioni inermi, appare chiaro agli occhi dei Costituenti che hanno visto i tremendi effetti della seconda guerra mondiale, in cui la volontà di potenza ha giustificato milioni di morti. Ma anche davanti a quest’orrore bisogna cercare la pace, il dialogo, il confronto fra i popoli. L’Italia ripudia la guerra, proclama solennemente l’articolo 11. L’Italia promuove il dialogo fra le nazioni e i popoli. Ecco la strada da percorrere, affrontare i problemi attraverso il dialogo, l’apertura verso l’altro. Questo è un insegnamento morale che anche noi comuni cittadini dobbiamo considerare prezioso nell’affrontare le ambasce e le difficoltà del quotidiano. L’articolo 10 riconosce l’ordinamento internazionale come strumento di pace. Si garantisce a chi vive in paesi in cui i principi giuridici fondamentali sono negati, il diritto d’asilo. Insomma la costituzione, anche quando parla di diritto internazionale, di rapporti fra stati, mette al centro la persona degna di tutela. Lo stato democratico rispetta e tutela la libertà religiosa, lo scrive solennemente negli articoli sette e otto della Costituzione. La costituzione difende e tutela i principi che la dottrina chiama diritti negativi che sono, ad esempio, il diritto di parola, il diritto di pensiero, di domicilio, di privatezza. Sono detti “negativi”, perché impongono al proprio prossimo di non fare delle cose, considerate ingiuste. Ad esempio è vietato imprigionare una persona, per tutela il suo diritto alla libertà di cittadino di circolare. È vietato imporre con la forza il silenzio, negando così la libertà di parola e, di conseguenza, di pensiero. Poi ci sono i diritti di seconda generazione, quelli che impongono allo stato di adoperarsi attualmente per promuove la dignità umana. Sono il diritto al lavoro, il diritto alla salute, il diritto a una vita dignitosa. Sono detti di seconda generazione perché elaborati filosoficamente dopo, rispetto a quelli di prima. Se questi ultimi sono stati pensati all’alba della rivoluzione liberale, alla fine del XVII secolo, i primi sono nati al ridosso del XX secolo, quando le masse proletarie hanno preso maggiore coscienza di sé e sono diventate protagoniste della politica delle nazioni. Poi ci sono i diritti di terza e quarta generazione, i più recenti, diritti che non sono ben esplicitati nella Costituzione Italiani, proprio perché solo allora timidamente si cominciava ad intuire la loro importanza, mentre oggi sono riconosciuti nella loro prominenza rispetto ad altri interessi. Sono i diritti alla tutela ambientale, che fanno parte della “terza generazione”, esplicitati nell’articolo 9 della Costituzione in cui si dice che la Repubblica tutela il paesaggio. Sono i diritti ad avere un ambiente e un ecosistema vivibile, pensiamo a come questo diritto sia negato agli abitanti di Taranto. Urge che in quella città si trovi presto un equilibrio fra interessi che tuteli il diritto al lavoro degli operai dell’acciaieria ILVA e allo stesso tempo tuteli la salute dei cittadini e il patrimonio ambientale cittadino. È una sfida complessa. La tutela dei diritti non è una cosa facile. Bisogna pensare, adoperarsi, fare cultura, fare politica per poter costruire una società armonica e rispettosa delle prerogative di tutti. Per questo è bene agire nella realtà avendo ben presente i principi costituzionali, che sono l’esplicitazione di un moto d’animo volto a tutelare gli interessi generali e la dignità di ognuno di nome di un sentirsi comunità attiva e composta da cittadini fra loro solidali, questi sono i diritti di quarta generazione, sono i diritti che possono essere esercitati solo collettivamente, solo in quanto comunità, sono diritti ad avere servizi e utenze che sono considerate indispensabili per costruire una società più uguale e partecipata. Si parte dal diritto all’acqua pubblica fino a quello di avere una rete internet libera ed accessibile a tutti, diritti che si possono conquistare non da soli ma con un lavoro collettivo.

 Cambiare in meglio la nazione è possibile. Per farlo bisogna partire dalla Costituzione. Bisogna partire dai cardini dello stato da essa enunciati. Bisogna ripartire dalla centralità della famiglia, quale nucleo primario di convivenza e scrigno d’affetti, come dice l’articolo 29 della nostra carta. Bisogna ripartire dalla cultura, quale motore centrale di amalgama sociale e di superamento delle divergenze in nome della bellezza, leggiamo l’articolo 33. Insomma la Costituzione è uno strumento per imparare a vivere. La Costituzione è un moto solidale. La Costituzione è l’ancora di salvataggio per chi subisce gli strali della vita. È il baluardo, la difesa, di chi, debole, è deriso e vilipeso. È la speranza per chi è messo ai margini della società. È il moto d’orgoglio dei disabili, dei malati, degli emarginati, che spesso derisi e offesi, trovano nella Costituzione e nella legalità una consolazione. Allora studiamola la Costituzione, facciamo nostri i suoi valori fondamentali, studiamo l’ordinamento dello stato, come è stato strutturato nella seconda parte del nostro testo fondamentale. Studiamo i rapporti fra poteri, le interazione fra magistratura, governo e parlamento. Studiamo il funzionamento della Repubblica. Studiamo  le istituzioni locali, in primis la più importante, la Regione, poi i comuni, le città metropolitane, le province e tutti gli altri organi periferici. Utilizziamo la Costituzione come fondamento per una vita sociale nuova. Un modo di essere improntato all’ascolto, all’accoglienza al vivere bene. I valori di solidarietà verso i disabili, gli anziani, i malati, i disoccupati e in generale verso tutte le categorie sociali in difficoltà incisi nella Costituzione sono ancora valide. Noi abbiamo provato a dimostrarlo leggendo uno per uno tutti gli articoli della legge fondamentale emanata nel 1948. Abbiamo provato a tracciare un racconto, un racconto fatto di idee e, soprattutto, di uomini e di donne che si sono spese e spesi per esse, fino anche a trovare la morte. La Costituzione è un libro di diritti e di doveri. Un racconto di come si deve essere cittadini, orgogliosi del proprio paese e della propria storia. Diceva Umberto Terracini, uno dei padri della Costituzione: l’assemblea (Costituente) ha pensato e redatto la Costituzione come un patto di fraternità di tutto il popolo italiano, cui essa affida perché se ne faccia custode severo e disciplinato realizzatore. È il popolo, che è chiamato a realizzare il patto costituente, dice Terracini. Siamo noi che siamo chiamati a rendere viva e operante la carta fondamentale, con i sui valori di solidarietà, fratellanza ed uguaglianza. Il paese ha bisogno tutte le sue componenti e le sue forze umane. Ha bisogno che si superino i muri e le barriere che creano inutili ostilità. Ha bisogno di gente che è pronta a porgere la mano a chi è caduto, per ricominciare a camminare insieme verso la lunga strada che porta al progresso di tutti. La crisi economica che stiamo vivendo ci induce a lasciare indietro il più debole, a escludere il meno fortunato, a deriderlo, addirittura, ad insultarlo se prova a rivendicare un qualche diritto. Ebbene dobbiamo provare a prendere esempio dai nostri padri. Nel 1948 la guerra aveva distrutto il paese. Eppure si pensava al futuro insieme, si pensava ad includere e non ad escludere. Possiamo farlo anche noi, leggendo la Costituzione.

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