IX DISPOSIZIONE
TRANSITORIA E FINALE
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Le disposizioni transitorie e finali sono diciotto articoli
approvati dall’assemblea costituente in concomitanza con la votazione della
Costituzione Italiana. Servono a garantire la transizione dal regime monarchico
a quello repubblicano. Sono norme che scandiscono i tempi dell’istituzione di
uffici, enti e istituti sconosciuti in passato e che invece dovranno essere l’asse
portante del nuovo regime democratico. La nona disposizione transitoria e
finale regola i tempi di costituzione dell’istituto regionale. Le Regioni sono
l’architrave del sistema d’autonomie italiano. Attraverso di esse si deve
applicare l’articolo cinque della nostra legge fondamentale che dichiara, fra l’altro,
“La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”.
Sono le regioni gli organi costituzionali per eccellenza in cui si esplicitano
le peculiarità locali che sono la ricchezza del nostro paese. Compito degli
enti locali è farsi latori di quella solidarietà verso i deboli che è propria
della cultura cattolica e di sinistra. Ricordiamo che l’assemblea costituente
era per tre quarti composta da Comunisti, socialisti e democristiani. L’afflato
solidale era fortissimo. Forse oggi si è
perso. L’impegno verso i deboli è relegato a pochi, a poche associazioni di
volontariato. Ma il disegno costituzionale doveva essere diverso. Doveva
disegnare una società aperta, aperta ai poveri ai deboli. Una società che
doveva essere inclusiva. Le regioni dovevano essere il motore di questo
disegno. L’architrave di quel modello che la dottrina giuridica chiamerà
sussidiarietà. Questo termine è inteso come il dovere giuridico dello stato,
declinato anche nelle sue istituzioni locali, di supportare l’impegno e l’abnegazione
di chi offre la propria vita per il meno fortunato. Chi è in una situazione di
difficoltà deve avere la certezza che lo stato è vicino a lui. Le persone
anziane, spesso sole, devono avere il supporto delle istituzioni. Lo stesso
vale per i disabili, spesso emarginati dalla vita sociale. Gli enti locali,
gestendo il sistema sanitario e di welfare, devono farsi carico di chi soffre.
Le Regioni devono farsi promotori di un cambiamento radicale della cultura
nazionale, orientata alla solidarietà. A settanta anni dalla promulgazione
della carta Costituzionale si deve notare che le Regioni hanno lavorato in
questa direzione. Molte sono state le iniziative sociali volte a favorire l’integrazione
sociale. Le potestà legislative ed amministrative trasferite dallo stato alle
regioni hanno reso possibile che si creasse un volano che favorisse il viaggio
della comunità nazionale verso una maggiore integrazione sociale. Le regioni
sono diventate il fulcro di un impegno verso i lavoratori, i disoccupati, i
malati, i migranti e tante altre soggettività deboli. La Regione è diventata lo
strumento per rendere vivo e reale il principio di eguaglianza e difesa della
dignità umana inciso nell’articolo tre della Costituzione. Le regioni si sono
fatte latrici di iniziative volte a tutelare il lavoro. Hanno gestito, al
fianco del governo nazionali, delicatissime vertenze aziendali. Le regioni si
sono fatte baluardo in difesa dell’ambiente. Le contraddizioni ci sono state.
Spesso gli enti regionali sono stati oggetto di scandali. Pensiamo alle spese
pazze della regione Lazio quando era guidata dalla coalizione di destra e aveva
come presidente Renata Polverini. Pensiamo agli scandali della Regione
Lombardia o di quella Piemontese, guidata dal leghista Roberto Cota, pensiamo
agli scandali che hanno colpito la giunta di sinistra campana, guidata da
Vincenzo De Luca, esponente del Partito Democratico. Le regioni insomma sono
state croce e delizia della politica e delle istituzioni italiane. Hanno
prodotto innovazioni, ma anche corruzione. Questo è colpa e demerito di una
classe dirigente ricca di contraddizioni. È colpa anche di ritardo gravissimo
da parte del parlamento italiano. Le regioni, come enti istituzionali, dovevano
nascere entro tre anni dalla promulgazione della costituzione. Nel 1951, per
capirci, dovevano essere nel pieno delle loro funzioni. Invece ci sono voluti più
di venti anni, siamo nel 1970, perché vi fossero norme di attuazione ed
istituzione delle regioni. Un ritardo gravissimo, dovuto a una pregiudiziale dei
partiti che componevano il parlamento nazionale, che temevano una perdita di
potere. Questo a reso possibile che alcuni uffici regionale nascessero già “vecchi”,
cioè superati da quella che è stata l’evoluzione storica nazionale. La riforma
del Titolo V, la parte della costituzione dedicata alle autonomie locali, avvenuta
nel 2001, ha solo in parte risolto le problematicità presenti. È stata una
scelta necessaria per adeguare la carta costituzionale alle nuove istanze
autonomiste provenienti dalla società civile. Il Nord del Paese aveva la
necessità di avere una più ampia forma di autogoverno locale che permettesse un
ulteriore slancio dell’economia e della cultura locale. Il sud aveva bisogno di
avere forme di autogoverno che potessero avviare un processo di superamento delle
difficoltà strutturali che caratterizzano da sempre il territorio. Ma
contraddizioni nella riforma costituzionale ci sono e sono manifeste in vari
episodi. Ad esempio il permanente
conflitto la governo nazionale e quello regionale, risolto a colpi di sentenze
dalla Corte Costituzionale. Insomma gli step che hanno caratterizzato le
istituzioni regionali, i decreti delegati del 1970 la riforma del 2001, hanno
portato problemi, ma ciò non deve far scordare l’effetto benefico che l’istituto
regionale ha sulla società civile che ha negli enti locali un saldo punto d
riferimento. L’Italia, le sue regioni, sono in difficoltà a causa degli effetti
della nuova epoca globale, ma non bisogna mai ricordare che noi come paese
abbiamo gli strumenti per affrontare e superare i problemi. Li abbiamo grazie
anche alle regioni che valorizzano l’impegno sociale, economico, politico,
amministrativo di ognuno di noi. Il volontariato e il servizio all’altro sono
le caratteristiche migliori della nostra società. La Regione, assieme ai comuni
e alle province, devono impegnarsi a supportare lo sforzo collettivo. Ci
auguriamo che ciò avvenga con sempre maggiore alacre impegno.
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