domenica 10 giugno 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: XV DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE



XV DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE

“Con l’entrata in vigore della Costituzione si ha per convertito in legge il decreto legislativo 25 giugno 1944, n. 151 sull’ordinamento provvisorio dello Stato”

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Le disposizioni transitorie e finali sono diciotto articoli approvati dall’assemblea costituente, assieme alla Costituzione, per regolare il passaggio fra il regime monarchico e quello repubblicano. La XV disposizione è la più significativa nell’esplicitare questo proposito di indirizzo al cambiamento. Essa costituzionalizza il decreto luogotenenziale del 25 giugno 1944. Nel momento storico in cui fu emanato Vittorio Emanuele III aveva ceduto le sue prerogative regali, chi regnava negli anni tremendi del II conflitto mondiale era suo figlio Umberto II nel ruolo di luogotenente del regno. L’Italia era divisa. Al Nord c’erano i tedeschi, che con pugno di ferro occupavano gran parte della penisola italiana. Al Sud, l’esercito alleato presidiava il territorio e difendeva la fragile monarchia italiana, che esercitava il governo da Brindisi, essendo Roma in mano al nazismo.  Il Parlamento non esisteva. La camera dei fasci e delle corporazioni, l’assemblea voluta da Mussolini per sostituire la camera dei deputati, era stata sciolta. È bene ricordare che essa non aveva alcuna legittimità popolare, essendo i suoi componenti cooptati dal regime. Il senato regio non era in grado anch’esso di esercitare le sue funzioni. Il Governo era legittimato semplicemente dalla nomina luogotenenziale, colui che sostituiva il re nelle sue funzioni nominava il presidente del consiglio dei ministri. Ad affiancarlo c’era un organo consultivo, denominato consulta, composto dai più eminenti esponenti dei partiti antifascisti, ma anche questa assemblea non aveva la legittimazione del voto popolare. Inoltre tale organo non aveva alcun potere reale di censura degli atti governativi, poteva esprimere una sua opinione destinata a soccombere se in contrasto con quella del capo del governo. Insomma le istituzioni statali italiane erano sospese. Si viveva in uno stato di eccezionalità. Il decreto legislativo del 25 giugno 1944 stabiliva che, alla fine del conflitto, un’assemblea costituente dovesse essere eletta a suffragio universale e segreto. Essa doveva decidere quale forma di stato la nuova Italia dovesse assumere. Essa doveva riscrivere e codificare le nuove regole di convivenza civile che dovevano regolare la convivenza degli italiani.

Appare chiaro quindi che il decreto legislativo del 25 giugno 1944 è da considerarsi fonte delle fonti del nostro ordinamento legislativo. La Costituzione è la fonte del diritto della nostra Repubblica. La Fonte della Costituzione, cioè l’organo che l’ha approvata e scritta, è l’Assemblea Costituente. La fonte che legittima l’esistenza dell’assemblea è l’elezione a suffragio universale avvenuta il 2 giugno 1946. La norma che è fonte di tale consultazione popolare, che autorizza il suo svolgimento, è proprio il Decreto Legge del 1944. Tutto parte da questo provvedimento.  Ma come possibile che la Repubblica abbia legittimità in un atto legislativo monarchico? La risposta a tale domanda è inevitabilmente complessa. Appare chiaro che lo stato Italiano ha una continuità storica. Dal 1861, data della sua nascita, ad oggi la potestà sul territorio è formalmente ininterrotta. Il cambiamento di forma di stato non produce alcuna soluzione di continuità statuale. Le norme emanate nel XIX secolo sono leggi dello stato ancor oggi che siamo nel 2018. Ecco la ragione per cui gli atti del regime monarchico assumono il ruolo di fonte legislativa anche nella nascente Repubblica del 1946. Però la nascita della Repubblica è comunque da annoverarsi fra gli atti rivoluzionari della storia. Un regime che decreta la fine di quello precedente, non può o non deve considerarsi una semplice evoluzione del processo istituzionale della nazione. La nascita di una Repubblica deve essere considerata una frattura storica. Una catarsi giuridica che cancella il passato, con le sue pesanti eredità, e costruisce il futuro fatto di democrazia e di libertà. Ecco il motivo per cui i costituenti hanno voluto l’articolo XV delle disposizioni transitorie e finali. È un modo per dire: la legittimità della Repubblica non viene da un atto monarchico. Il decreto luogotenenziale del 25 giugno 1944 è solo un atto di mera disposizione tecnica. Umberto II, in veste di capo della nazione, decretò i tempi e i modi dello svolgimento delle prime elezioni libere e universali italiani. Ma è la nuova Repubblica che legittima se stessa attraverso il voto popolare. Non è la Monarchia che autorizza la costituente. È il popolo, i cittadini italiani, che esercitano la loro sovranità attraverso di essa. Paradossalmente è l’assemblea costituente, frutto della volontà popolare, che legittima il decreto legge che la istituisce, non il contrario. È la volontà popolare espressa nelle urne il 2 giugno 1946 a legittimare gli atti che precedentemente aveva compiuto Umberto II. Lo stato è dei cittadini. Lo stato è l’esplicitazione della sovranità popolare. La XV disposizione transitoria e finale è la manifestazione della mirabile capacità dei nostri padri costituenti di saper conciliare la necessità di una rottura storica con l’antico sistema di potere con l’obbligo giuridico di garantire la continuità storica dello stato. Il decreto luogotenenziale del 1944 è fonte costitutiva della nuova Repubblica, perché così hanno voluto i cittadini italiani esprimendosi con il proprio voto nel 1946. Insomma il voto popolare, pur posteriore, legittima l’atto autocratico compiuto da Umberto II. Ecco il mirabile concetto che concilia passato e futuro, sovranità popolare e continuità istituzionale. Forse l’esempio di lungimiranza che ebbero i padri della Repubblica allora dovrebbe essere d’esempio oggi, in cui assistiamo a un delicato passaggio istituzionale. È bene ricordarlo: l’Italia nel 1946 era appena uscita dalla guerra, aveva vissuto una tremendo conflitto con milioni di morti, eppure riuscì a trovare la forza di pensare a costruire le basi di una novella democrazia, è bene che tale esempio sia considerato prezioso da noi che viviamo questo momento di passaggio istituzionale, certo difficile, ma non tragico come quello d’allora. Una nota a margine. Un altro decreto regio, questa volta del 16marzo 1946, cambiò in parte i contenuti di quello del 1944, Invece di dare il potere alla assemblea Costituente di scegliere fra Monarchia o Repubblica, come era stabilito del predestino atto legislativo, si decise che fosse un referendum popolare, da tenersi in concomitanza con le elezioni della assemblea rappresentativa, a decidere la forma di stato che l’Italia doveva assumere. Il popolo Italiano scelse la Repubblica, scelse la libertà, decretando un cambiamento epocale senza che sangue scorresse, una grande prova di maturità dimostrata dai nostri padri.

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