XV DISPOSIZIONE
TRANSITORIA E FINALE
“Con l’entrata in
vigore della Costituzione si ha per convertito in legge il decreto legislativo
25 giugno 1944, n. 151 sull’ordinamento provvisorio dello Stato”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Le disposizioni transitorie e finali sono diciotto articoli
approvati dall’assemblea costituente, assieme alla Costituzione, per regolare
il passaggio fra il regime monarchico e quello repubblicano. La XV disposizione
è la più significativa nell’esplicitare questo proposito di indirizzo al
cambiamento. Essa costituzionalizza il decreto luogotenenziale del 25 giugno
1944. Nel momento storico in cui fu emanato Vittorio Emanuele III aveva ceduto
le sue prerogative regali, chi regnava negli anni tremendi del II conflitto
mondiale era suo figlio Umberto II nel ruolo di luogotenente del regno.
L’Italia era divisa. Al Nord c’erano i tedeschi, che con pugno di ferro
occupavano gran parte della penisola italiana. Al Sud, l’esercito alleato
presidiava il territorio e difendeva la fragile monarchia italiana, che
esercitava il governo da Brindisi, essendo Roma in mano al nazismo. Il Parlamento non esisteva. La camera dei
fasci e delle corporazioni, l’assemblea voluta da Mussolini per sostituire la
camera dei deputati, era stata sciolta. È bene ricordare che essa non aveva
alcuna legittimità popolare, essendo i suoi componenti cooptati dal regime. Il
senato regio non era in grado anch’esso di esercitare le sue funzioni. Il
Governo era legittimato semplicemente dalla nomina luogotenenziale, colui che
sostituiva il re nelle sue funzioni nominava il presidente del consiglio dei
ministri. Ad affiancarlo c’era un organo consultivo, denominato consulta,
composto dai più eminenti esponenti dei partiti antifascisti, ma anche questa
assemblea non aveva la legittimazione del voto popolare. Inoltre tale organo non
aveva alcun potere reale di censura degli atti governativi, poteva esprimere
una sua opinione destinata a soccombere se in contrasto con quella del capo del
governo. Insomma le istituzioni statali italiane erano sospese. Si viveva in
uno stato di eccezionalità. Il decreto legislativo del 25 giugno 1944 stabiliva
che, alla fine del conflitto, un’assemblea costituente dovesse essere eletta a
suffragio universale e segreto. Essa doveva decidere quale forma di stato la
nuova Italia dovesse assumere. Essa doveva riscrivere e codificare le nuove
regole di convivenza civile che dovevano regolare la convivenza degli italiani.
Appare chiaro quindi che il decreto legislativo del 25
giugno 1944 è da considerarsi fonte delle fonti del nostro ordinamento
legislativo. La Costituzione è la fonte del diritto della nostra Repubblica. La
Fonte della Costituzione, cioè l’organo che l’ha approvata e scritta, è
l’Assemblea Costituente. La fonte che legittima l’esistenza dell’assemblea è
l’elezione a suffragio universale avvenuta il 2 giugno 1946. La norma che è
fonte di tale consultazione popolare, che autorizza il suo svolgimento, è
proprio il Decreto Legge del 1944. Tutto parte da questo provvedimento. Ma come possibile che la Repubblica abbia
legittimità in un atto legislativo monarchico? La risposta a tale domanda è
inevitabilmente complessa. Appare chiaro che lo stato Italiano ha una
continuità storica. Dal 1861, data della sua nascita, ad oggi la potestà sul
territorio è formalmente ininterrotta. Il cambiamento di forma di stato non
produce alcuna soluzione di continuità statuale. Le norme emanate nel XIX
secolo sono leggi dello stato ancor oggi che siamo nel 2018. Ecco la ragione
per cui gli atti del regime monarchico assumono il ruolo di fonte legislativa
anche nella nascente Repubblica del 1946. Però la nascita della Repubblica è
comunque da annoverarsi fra gli atti rivoluzionari della storia. Un regime che
decreta la fine di quello precedente, non può o non deve considerarsi una
semplice evoluzione del processo istituzionale della nazione. La nascita di una
Repubblica deve essere considerata una frattura storica. Una catarsi giuridica
che cancella il passato, con le sue pesanti eredità, e costruisce il futuro
fatto di democrazia e di libertà. Ecco il motivo per cui i costituenti hanno
voluto l’articolo XV delle disposizioni transitorie e finali. È un modo per
dire: la legittimità della Repubblica non viene da un atto monarchico. Il
decreto luogotenenziale del 25 giugno 1944 è solo un atto di mera disposizione
tecnica. Umberto II, in veste di capo della nazione, decretò i tempi e i modi
dello svolgimento delle prime elezioni libere e universali italiani. Ma è la
nuova Repubblica che legittima se stessa attraverso il voto popolare. Non è la
Monarchia che autorizza la costituente. È il popolo, i cittadini italiani, che
esercitano la loro sovranità attraverso di essa. Paradossalmente è l’assemblea
costituente, frutto della volontà popolare, che legittima il decreto legge che
la istituisce, non il contrario. È la volontà popolare espressa nelle urne il 2
giugno 1946 a legittimare gli atti che precedentemente aveva compiuto Umberto
II. Lo stato è dei cittadini. Lo stato è l’esplicitazione della sovranità
popolare. La XV disposizione transitoria e finale è la manifestazione della
mirabile capacità dei nostri padri costituenti di saper conciliare la necessità
di una rottura storica con l’antico sistema di potere con l’obbligo giuridico
di garantire la continuità storica dello stato. Il decreto luogotenenziale del
1944 è fonte costitutiva della nuova Repubblica, perché così hanno voluto i
cittadini italiani esprimendosi con il proprio voto nel 1946. Insomma il voto
popolare, pur posteriore, legittima l’atto autocratico compiuto da Umberto II. Ecco
il mirabile concetto che concilia passato e futuro, sovranità popolare e
continuità istituzionale. Forse l’esempio di lungimiranza che ebbero i padri
della Repubblica allora dovrebbe essere d’esempio oggi, in cui assistiamo a un
delicato passaggio istituzionale. È bene ricordarlo: l’Italia nel 1946 era
appena uscita dalla guerra, aveva vissuto una tremendo conflitto con milioni di
morti, eppure riuscì a trovare la forza di pensare a costruire le basi di una
novella democrazia, è bene che tale esempio sia considerato prezioso da noi che
viviamo questo momento di passaggio istituzionale, certo difficile, ma non
tragico come quello d’allora. Una nota a margine. Un altro decreto regio,
questa volta del 16marzo 1946, cambiò in parte i contenuti di quello del 1944,
Invece di dare il potere alla assemblea Costituente di scegliere fra Monarchia
o Repubblica, come era stabilito del predestino atto legislativo, si decise che
fosse un referendum popolare, da tenersi in concomitanza con le elezioni della
assemblea rappresentativa, a decidere la forma di stato che l’Italia doveva
assumere. Il popolo Italiano scelse la Repubblica, scelse la libertà,
decretando un cambiamento epocale senza che sangue scorresse, una grande prova
di maturità dimostrata dai nostri padri.
Nessun commento:
Posta un commento