martedì 5 giugno 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: VII DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE



VII  DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE

“Fino a quando non sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente.

Fino a quando non entri in funzione la Corte Costituzionale, la decisione delle controversie indicate nell’articolo 134 ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme preesistenti all’entrata in vigore della Costituzione.”

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.


I nostri padri costituenti si resero conto che il sistema giudiziario italiano, pensato durante l’era fascista ed entrato in vigore in piena seconda guerra mondiale, siamo nel 1941, era incompatibile con i valori di cui il nuovo patto repubblicano. Come ben si può immaginare il funzionamento della magistratura era orientato allo sviluppo di un sistema coercitivo, volto a ledere le libertà individuali e a non riconoscere le garanzie non solo dell’accusato, ma di tutte le parti civili in causa. Insomma l’ordinamento giudiziario preesistente alla Costituzione era il frutto di un regime in cui l’egemonia di Benito Mussolini era chiara e indiscutibile, in cui la magistratura serviva a perseguitare “chi parlava troppo”. Insomma l’ordinamento giudiziario era esso stesso una macchina repressiva. La VII disposizione transitoria e finale pone fine a tutto il sistema di controllo politico che il fascismo aveva posto sulla magistratura. Il giudice diventa indipendente, la sua scelta è soggetta solo alla legge, nessuna autorità governativa può rimuoverlo od ammonirlo se i suoi atti non sono graditi. È da notare che questa norma urta con lo spirito della politica di oggi. Lega e Forza Italia dal 1994, forti del consenso popolare che non li ha mai abbandonati (sono sempre la coalizione più votata nel paese), da più di vent’anni cercano di riportare la magistratura sotto il controllo dell’esecutivo.  Tanti sono stati i tentativi di sottrarre Umberto Bossi, Silvio Berlusconi e tanti esponenti della destra alla legge. Non è un caso che la trasparenza della politica Forza Leghista li ha portati anche alle ultime elezioni ad essere prima coalizione del paese. Mentre il Partito Democratico è stato ambiguo, mai vicino apertamente con gli inquisiti del suo partito, per questo ha pagato in consenso. Allora ci auguriamo che la presenza nel governo attualmente in carica della lega riporti la difesa degli inquisiti come priorità del paese ed annulli la separazione dei poteri, che in un epoca ormai lontana tracciarono i nostri costituenti con la VII disposizione transitoria.
Il secondo comma della VII disposizione transitoria e finale affida alla Corte di Cassazione il giudizio sulla costituzionalità delle leggi. Nel 1948, quando entro in vigore la nostra Carta Fondamentale, la Corte Costituzionale non era ancora stata istituita. Sarebbe entrata nel pieno delle sue funzione con l’approvazione da parte del parlamento della legge dell’undici Marzo 1953, n. 53.Nel frattempo ad esercitare la funzione di giudice delle leggi ci fu la Corte di cassazione, il massimo organo della giustizia ordinaria. In questo lasso di tempo la Cassazione rese inapplicabili moltissime leggi approvate nei decenni del Fascismo. Molte leggi illiberali e non democratiche furono espulse dal nostro ordinamento grazie all’impegno dei nostri giudici cassazionisti. Leggi orribili che negavano la dignità umana. Tali sentenze furono fatte proprie dalla Corte Costituzionale, che, una volta entrata nell’esercizio dei suoi compiti, spessissime volte confermò l’opera della Cassazione, anche se non si può non notare una non troppo velata critica. La Corte Costituzionale non celò di non condividere l’azione troppo timida della Corte della Cassazione nella difesa dei diritti sociali, diritti a tutela del lavoro e della dignità umana in generale. La divisione, applicata dalla cassazione, fra norme cogenti e norme programmatiche. Le prime sarebbero le norme costituzionali immediatamente applicabili: le libertà negative (stampa, pensiero e proprietà ad esempio). Le seconde sarebbero quelle che garantiscono il diritto al lavoro, che proteggono i malati i disabili e la dignità delle donne. Secondo la Corte Costituzionale anche questi diritti devono essere vincolanti. Ora sappiamo che ancor oggi, dopo settant’anni dall’entrata in vigore della Costituzione, i diritti dei più deboli sono negati. In realtà come il Meridione il lavoro non è dignità, ma è sfruttamento. Lo dimostra il triste episodio avvenuto ieri, 04/06/2018, in cui un lavoratore dell’agricoltura, un bracciante, reo di venire da lontano, di essere un africano, è stato brutalmente ucciso da un odio razziale che monta nella penisola. Lo dimostrano i tanti episodi di irrispettosa ostilità verso i disabili. Spesse volte nel Sud, sono Pugliese e posso esserne testimone, ingiuriare un disabile è considerato cosa normale, gridare contro chi è più debole è diventato normale. Io parlo di degrado del Sud, perché lo posso testimoniare vivendoci. È tempo di cambiare. È tempo che si lotti affinché episodi di violenza, di discriminazione etnica, politica e sociale non avvengano più. Dignità è la parola d’ordine. Dignità per le donne, dignità per i bambini, spesso vilipesi, dignità per i disabili e per chi viene nel nostro paese da lontano. Spesso si dice che lo stare dalla parte dei meno fortunati è compito dei Cattolici. Chi non crede se ne sente esentato. Non è vero! La difesa del più umile è un compito alto di tutte le persone, senza distinzione di Credo. Ce lo insegna la Costituzione.

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