VII DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE
“Fino a quando non
sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità con la
Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente.
Fino a quando non
entri in funzione la Corte Costituzionale, la decisione delle controversie
indicate nell’articolo 134 ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme
preesistenti all’entrata in vigore della Costituzione.”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
I nostri padri costituenti si resero conto che il sistema
giudiziario italiano, pensato durante l’era fascista ed entrato in vigore in
piena seconda guerra mondiale, siamo nel 1941, era incompatibile con i valori
di cui il nuovo patto repubblicano. Come ben si può immaginare il funzionamento
della magistratura era orientato allo sviluppo di un sistema coercitivo, volto
a ledere le libertà individuali e a non riconoscere le garanzie non solo
dell’accusato, ma di tutte le parti civili in causa. Insomma l’ordinamento
giudiziario preesistente alla Costituzione era il frutto di un regime in cui
l’egemonia di Benito Mussolini era chiara e indiscutibile, in cui la
magistratura serviva a perseguitare “chi parlava troppo”. Insomma l’ordinamento
giudiziario era esso stesso una macchina repressiva. La VII disposizione
transitoria e finale pone fine a tutto il sistema di controllo politico che il
fascismo aveva posto sulla magistratura. Il giudice diventa indipendente, la
sua scelta è soggetta solo alla legge, nessuna autorità governativa può
rimuoverlo od ammonirlo se i suoi atti non sono graditi. È da notare che questa
norma urta con lo spirito della politica di oggi. Lega e Forza Italia dal 1994,
forti del consenso popolare che non li ha mai abbandonati (sono sempre la
coalizione più votata nel paese), da più di vent’anni cercano di riportare la magistratura
sotto il controllo dell’esecutivo. Tanti
sono stati i tentativi di sottrarre Umberto Bossi, Silvio Berlusconi e tanti
esponenti della destra alla legge. Non è un caso che la trasparenza della
politica Forza Leghista li ha portati anche alle ultime elezioni ad essere
prima coalizione del paese. Mentre il Partito Democratico è stato ambiguo, mai
vicino apertamente con gli inquisiti del suo partito, per questo ha pagato in
consenso. Allora ci auguriamo che la presenza nel governo attualmente in carica
della lega riporti la difesa degli inquisiti come priorità del paese ed annulli
la separazione dei poteri, che in un epoca ormai lontana tracciarono i nostri
costituenti con la VII disposizione transitoria.
Il secondo comma della VII disposizione transitoria e finale
affida alla Corte di Cassazione il giudizio sulla costituzionalità delle leggi.
Nel 1948, quando entro in vigore la nostra Carta Fondamentale, la Corte
Costituzionale non era ancora stata istituita. Sarebbe entrata nel pieno delle
sue funzione con l’approvazione da parte del parlamento della legge dell’undici
Marzo 1953, n. 53.Nel frattempo ad esercitare la funzione di giudice delle
leggi ci fu la Corte di cassazione, il massimo organo della giustizia
ordinaria. In questo lasso di tempo la Cassazione rese inapplicabili moltissime
leggi approvate nei decenni del Fascismo. Molte leggi illiberali e non
democratiche furono espulse dal nostro ordinamento grazie all’impegno dei
nostri giudici cassazionisti. Leggi orribili che negavano la dignità umana.
Tali sentenze furono fatte proprie dalla Corte Costituzionale, che, una volta
entrata nell’esercizio dei suoi compiti, spessissime volte confermò l’opera
della Cassazione, anche se non si può non notare una non troppo velata critica.
La Corte Costituzionale non celò di non condividere l’azione troppo timida
della Corte della Cassazione nella difesa dei diritti sociali, diritti a tutela
del lavoro e della dignità umana in generale. La divisione, applicata dalla
cassazione, fra norme cogenti e norme programmatiche. Le prime sarebbero le
norme costituzionali immediatamente applicabili: le libertà negative (stampa,
pensiero e proprietà ad esempio). Le seconde sarebbero quelle che garantiscono
il diritto al lavoro, che proteggono i malati i disabili e la dignità delle
donne. Secondo la Corte Costituzionale anche questi diritti devono essere
vincolanti. Ora sappiamo che ancor oggi, dopo settant’anni dall’entrata in
vigore della Costituzione, i diritti dei più deboli sono negati. In realtà come
il Meridione il lavoro non è dignità, ma è sfruttamento. Lo dimostra il triste
episodio avvenuto ieri, 04/06/2018, in cui un lavoratore dell’agricoltura, un
bracciante, reo di venire da lontano, di essere un africano, è stato
brutalmente ucciso da un odio razziale che monta nella penisola. Lo dimostrano
i tanti episodi di irrispettosa ostilità verso i disabili. Spesse volte nel
Sud, sono Pugliese e posso esserne testimone, ingiuriare un disabile è
considerato cosa normale, gridare contro chi è più debole è diventato normale.
Io parlo di degrado del Sud, perché lo posso testimoniare vivendoci. È tempo di
cambiare. È tempo che si lotti affinché episodi di violenza, di discriminazione
etnica, politica e sociale non avvengano più. Dignità è la parola d’ordine.
Dignità per le donne, dignità per i bambini, spesso vilipesi, dignità per i
disabili e per chi viene nel nostro paese da lontano. Spesso si dice che lo
stare dalla parte dei meno fortunati è compito dei Cattolici. Chi non crede se
ne sente esentato. Non è vero! La difesa del più umile è un compito alto di
tutte le persone, senza distinzione di Credo. Ce lo insegna la Costituzione.
Nessun commento:
Posta un commento