XI DISPOSIZIONE
TRANSITORIA E FINALE
“Fino a cinque anni
dall’entrata in vigore della Costituzione si possono, con leggi costituzionali,
formare altre Regioni a modificazione dell’elenco di cui all’articolo 131,
anche senza il concorso delle condizioni dal primo comma dell’articolo 132, fermo
rimanendo tuttavia l’obbligo di sentire le popolazioni interessate”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Le disposizioni transitorie e finali sono diciotto articoli
posti al termine della Carta Costituzionale. La loro funzione è quella di
regolare la transizione fra il sistema statale monarchico a quello
repubblicano. Sono lo strumento per ridisegnare lo stato italiano secondo
quello che deve essere il progetto repubblicano. In questa ottica bisogna
leggere e comprendere anche la XI disposizione, che andiamo a commentare. È stata
scritta per garantire che lo stato fosse il più vicino possibile alle persone e
si facesse umile servitore delle loro istanze. Le Regioni durante la monarchia sabauda
erano semplicemente una definizione geografica. Lo stato aveva solo due
istituzioni locali: la provincia e il comune. Con la Costituzione si introdusse
un organo istituzionale regionale. La Regione ha nel nell’ordinamento
Repubblicano una funzione importantissima. Ha la capacità e la potestà di
emanare atti normativi. È l’espressione della cittadinanza locale. È il motore
delle gradi riforme sociali del paese. Alla luce di questo disegno politico
istituzionale si può capire il senso della XI disposizione transitoria e
finale. I padri costituenti vollero che le regioni nascessero all’insegna dello
stretto collegamento con le popolazioni locali. Il principio generale posto
dall’articolo 132 della Costituzione prevede che le nuove regioni non possano
avere una popolazione inferiore al milione di abitanti. L’articolo della carta
costituzionale prevede che una legge costituzionale possa creare una nuova
regione, sentiti i consigli regionali e consultati i cittadini interessati con
referendum. L’undicesima disposizione transitoria e finale deroga in parte a
questa norma. Per i primi cinque anni di vita della Repubblica si potevano
formare regioni con una popolazione inferiore al milione di abitanti. La
nascita di una nuova istituzione regionale doveva coinvolgere i comuni e le
province interessate. Doveva essere istituita attraverso una legge
costituzionale, norma approvata in doppia lettura dalle due camere del
parlamento e approvata con maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna
camera, a norma dell’articolo 138 della Costituzione. Ma veniva derogata la
necessità che la nuova regione avesse un milione di abitanti. Questa deroga era
frutto della convinzione che alcune realtà locali, che in un primo momento
erano pensate come parti di una regione, avessero la dignità ad assurgere ad
istituzione regionale. Erano parti del territorio che, per storia,
conformazione geografica ed antropologica, avevano una caratteristica propria e
peculiare. Non erano state istituite quali regioni fin dalla nascita della costituzione,
perché il loro essere realtà piccole avevano portato a creare perplessità. I
costituenti pensarono che fosse il caso di riflettere più attentamente e di
lasciare al Parlamento il compito di far nascere la nuova regione. Ciò avvenne
solo in un caso. Solo la regione Molise nacque secondo i dettami posti dalla
legge transitoria e finale XI. Il Molise si stacco dall’Abruzzo. Le due entità
territoriali di divisero, formando due istituzioni regionali separate, grazie
alla legge costituzionale del 27 dicembre 1963. Il Molise, che allora aveva
meno di un milione di abitanti, divenne regione della repubblica. Bisogna
notare che il parlamento superò il limite di tempo imposto dalla norma
transitoria per la costituzione di regioni in deroga all’articolo 132 della Costituzione.
Questo gesto è legato alla lentezza che si registrò in tutto il processo
politico istituzionale volto alla attuazione del titolo V della costituzione,
dedicato alle autonomie locali. Il dibattito sull’autonomia regionale segnò i
primi venti / trenta anni della storia Repubblicana. I primi decreti delegati
volti a rendere funzionanti e operativi gli organi delle regioni non a statuto
speciale furono emanati agli inizi degli anni ’70 del secolo XX. Derogare il
termine di cinque anni imposto dalla disposizione XI parve una necessità
condivisa da tutte le forze politiche che componevano l’arco costituzionale. Le
Regioni dovevano nascere. Il Molise, con tutta la sua ricchezza storica e
sociale, aveva diritto ad assurgere a soggetto costituzionale regionale a sé.
Le Regioni piccole avevano e hanno un ruolo preziosissimo per garantire la
conservazione di un patrimonio storico, culturale e antropologico che è la
ricchezza del nostro paese. Ricordiamo la Valle d’Aosta, regione a statuto
speciale che ha raggiunto la sua autonomia istituzionale fin dal 1948, quando è
stato approvato dalle camere il suo statuto, anch’essa è piccolissima, molto
più piccola del Molise, ma la sua tradizione storica merita indubbiamente l’autonomia
che gli è propria. Le Regioni non sono solo una fetta di territorio italiano.
Sono l’espressione di una cittadinanza che, nel quadro dell’indiscutibile unità
nazionale, ha bisogno di spazi di autonomia per liberare energie vitali ed
esprimere la voglia di partecipare attivamente alla vita sociale e collettiva
del paese. Come ricorda solennemente l’articolo cinque della costituzione: l’Italia,
una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi
che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i
principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del
decentramento. La nascita della Regione Molise è nell’ottica del rispetto di
questo fondamentale articolo. La repubblica promuove la partecipazione attiva
del cittadino alla vita istituzionale. Promuove il potenziamento degli organi
locali, soprattutto le regioni, che devono essere vicine alla popolazione. Le
regioni devono farsi latrici di cultura, storia e tradizione locale. Devono
farsi volano di sviluppo economico. Devono essere strumento per permettere lo
sviluppo delle imprese locali. Devono difendere e promuovere la dignità umana
attraverso una convinta e diuturna attività di implemento e sostegno delle
attività sociali, sia quelle portate avanti dal settore pubblico che da quello
privato. Pensiamo al sistema sanitario nazionale, il settore pubblico che si
occupa della salute di tutti, ambito in cui le Regioni hanno un ruolo
fondamentale. Pensiamo alle tante realtà private di sostegno alla salute e di
incremento culturale. Tutti queste realtà di attività sociale devono essere
oggetto dell’impegno istituzionale di tutte le Regioni. Le Regioni sono un bene
prezioso per lo sviluppo locale e nazionale. È bene che noi cittadini comprendiamo
tutto questo e siamo orgogliosi di essere parte di un progetto di progresso
sociale in cui le regioni sono protagoniste.
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