giovedì 7 giugno 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: XI DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE


XI DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE

“Fino a cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione si possono, con leggi costituzionali, formare altre Regioni a modificazione dell’elenco di cui all’articolo 131, anche senza il concorso delle condizioni dal primo comma dell’articolo 132, fermo rimanendo tuttavia l’obbligo di sentire le popolazioni interessate”

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Le disposizioni transitorie e finali sono diciotto articoli posti al termine della Carta Costituzionale. La loro funzione è quella di regolare la transizione fra il sistema statale monarchico a quello repubblicano. Sono lo strumento per ridisegnare lo stato italiano secondo quello che deve essere il progetto repubblicano. In questa ottica bisogna leggere e comprendere anche la XI disposizione, che andiamo a commentare. È stata scritta per garantire che lo stato fosse il più vicino possibile alle persone e si facesse umile servitore delle loro istanze. Le Regioni durante la monarchia sabauda erano semplicemente una definizione geografica. Lo stato aveva solo due istituzioni locali: la provincia e il comune. Con la Costituzione si introdusse un organo istituzionale regionale. La Regione ha nel nell’ordinamento Repubblicano una funzione importantissima. Ha la capacità e la potestà di emanare atti normativi. È l’espressione della cittadinanza locale. È il motore delle gradi riforme sociali del paese. Alla luce di questo disegno politico istituzionale si può capire il senso della XI disposizione transitoria e finale. I padri costituenti vollero che le regioni nascessero all’insegna dello stretto collegamento con le popolazioni locali. Il principio generale posto dall’articolo 132 della Costituzione prevede che le nuove regioni non possano avere una popolazione inferiore al milione di abitanti. L’articolo della carta costituzionale prevede che una legge costituzionale possa creare una nuova regione, sentiti i consigli regionali e consultati i cittadini interessati con referendum. L’undicesima disposizione transitoria e finale deroga in parte a questa norma. Per i primi cinque anni di vita della Repubblica si potevano formare regioni con una popolazione inferiore al milione di abitanti. La nascita di una nuova istituzione regionale doveva coinvolgere i comuni e le province interessate. Doveva essere istituita attraverso una legge costituzionale, norma approvata in doppia lettura dalle due camere del parlamento e approvata con maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna camera, a norma dell’articolo 138 della Costituzione. Ma veniva derogata la necessità che la nuova regione avesse un milione di abitanti. Questa deroga era frutto della convinzione che alcune realtà locali, che in un primo momento erano pensate come parti di una regione, avessero la dignità ad assurgere ad istituzione regionale. Erano parti del territorio che, per storia, conformazione geografica ed antropologica, avevano una caratteristica propria e peculiare. Non erano state istituite quali regioni fin dalla nascita della costituzione, perché il loro essere realtà piccole avevano portato a creare perplessità. I costituenti pensarono che fosse il caso di riflettere più attentamente e di lasciare al Parlamento il compito di far nascere la nuova regione. Ciò avvenne solo in un caso. Solo la regione Molise nacque secondo i dettami posti dalla legge transitoria e finale XI. Il Molise si stacco dall’Abruzzo. Le due entità territoriali di divisero, formando due istituzioni regionali separate, grazie alla legge costituzionale del 27 dicembre 1963. Il Molise, che allora aveva meno di un milione di abitanti, divenne regione della repubblica. Bisogna notare che il parlamento superò il limite di tempo imposto dalla norma transitoria per la costituzione di regioni in deroga all’articolo 132 della Costituzione. Questo gesto è legato alla lentezza che si registrò in tutto il processo politico istituzionale volto alla attuazione del titolo V della costituzione, dedicato alle autonomie locali. Il dibattito sull’autonomia regionale segnò i primi venti / trenta anni della storia Repubblicana. I primi decreti delegati volti a rendere funzionanti e operativi gli organi delle regioni non a statuto speciale furono emanati agli inizi degli anni ’70 del secolo XX. Derogare il termine di cinque anni imposto dalla disposizione XI parve una necessità condivisa da tutte le forze politiche che componevano l’arco costituzionale. Le Regioni dovevano nascere. Il Molise, con tutta la sua ricchezza storica e sociale, aveva diritto ad assurgere a soggetto costituzionale regionale a sé. Le Regioni piccole avevano e hanno un ruolo preziosissimo per garantire la conservazione di un patrimonio storico, culturale e antropologico che è la ricchezza del nostro paese. Ricordiamo la Valle d’Aosta, regione a statuto speciale che ha raggiunto la sua autonomia istituzionale fin dal 1948, quando è stato approvato dalle camere il suo statuto, anch’essa è piccolissima, molto più piccola del Molise, ma la sua tradizione storica merita indubbiamente l’autonomia che gli è propria. Le Regioni non sono solo una fetta di territorio italiano. Sono l’espressione di una cittadinanza che, nel quadro dell’indiscutibile unità nazionale, ha bisogno di spazi di autonomia per liberare energie vitali ed esprimere la voglia di partecipare attivamente alla vita sociale e collettiva del paese. Come ricorda solennemente l’articolo cinque della costituzione: l’Italia, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento. La nascita della Regione Molise è nell’ottica del rispetto di questo fondamentale articolo. La repubblica promuove la partecipazione attiva del cittadino alla vita istituzionale. Promuove il potenziamento degli organi locali, soprattutto le regioni, che devono essere vicine alla popolazione. Le regioni devono farsi latrici di cultura, storia e tradizione locale. Devono farsi volano di sviluppo economico. Devono essere strumento per permettere lo sviluppo delle imprese locali. Devono difendere e promuovere la dignità umana attraverso una convinta e diuturna attività di implemento e sostegno delle attività sociali, sia quelle portate avanti dal settore pubblico che da quello privato. Pensiamo al sistema sanitario nazionale, il settore pubblico che si occupa della salute di tutti, ambito in cui le Regioni hanno un ruolo fondamentale. Pensiamo alle tante realtà private di sostegno alla salute e di incremento culturale. Tutti queste realtà di attività sociale devono essere oggetto dell’impegno istituzionale di tutte le Regioni. Le Regioni sono un bene prezioso per lo sviluppo locale e nazionale. È bene che noi cittadini comprendiamo tutto questo e siamo orgogliosi di essere parte di un progetto di progresso sociale in cui le regioni sono protagoniste.

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