martedì 5 giugno 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: VIII DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE



VIII DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE

“Le elezioni dei Consigli regionali e degli organi elettivi delle amministrazioni provinciali sono indette entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione.

Leggi della Repubblica regolano per ogni ramo della pubblica amministrazione il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni. Fino a quando non sia provveduto al riordinamento e alla distribuzione delle funzioni amministrative fra gli enti locali restano alle Province ed ai Comuni le funzioni che esercitano attualmente e le altre di cui le regioni deleghino loro l’esercizio.

Leggi della Repubblica regolano il passaggio alle Regioni di funzionari e dipendenti dello Stato, anche delle amministrazioni centrali, che sia reso necessario dal nuovo ordinamento. Per la formazione dei loro uffici le Regioni devono, tranne che in casi di necessità, trarre il proprio personale da quello dello Stato e degli enti locali”.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

La VIII disposizione transitoria e finale detta, in linea generale, i tempi e i modi dell’istituto regionale. Sconosciuta quale entità amministrativa durante la monarchia, la Costituzione ha posto la Regione quale fulcro del decentramento amministrativo dello stato. Alla luce di questo i tempi previsti per le elezioni e l’avvio dei consigli regionali era stato previsto in tempi rapidi. Questo proposito fu tradito. La timidezza delle forze politiche tu tale materia, porto solo nel 1970 alla promulgazione della legge e dei decreti delegati che rendevano operativi gli istituti regionali e gli davano competenza amministrativa e legislativa nelle materie a loro conferite in forza dell’articolo 116 e 117 della Costituzione. Questo colpevole ritardo fu decisivo per lo sviluppo di una politica amministrativa locale adeguata. Le province e i comuni non erano attrezzati a svolgere le funzioni sociali che la Costituzione attribuiva alla regione. A questo è anche da imputare il ritardo culturale ed etico che caratterizza intere parti del paese. Una politica di difesa dei soggetti più deboli non è stata intrapresa con la dovuta celerità. Per questo motivo vi sono così diffusi episodi di intolleranza verso i “diversi”, che siano disabili o emarginati. Chiariamo! In molte regioni d’Italia p considerato normale emarginare il disabile, la donna, le persone più deboli. Nel Meridione è normale che tali soggetti siano esclusi dal lavoro e dalla società, in tali contesti lo spirito di eguaglianza e solidarietà economica è visto come fumo negli occhi. Rispettiamo tali cittadini. Ma è tempo di scegliere. È tempo di provare a vivificare quei valori che si esplicitano nell’azione del volontariato. La Costituzione voleva che quei valori non fossero di pochi, ma fossero il modello di azione sociale dell’intera società. La Costituzione voleva cambiare il mondo. Voleva che si cessassero le azioni di discriminazione. Voleva che tutti fossimo uguali. Voleva che fossero rimossi gli ostacoli alla esplicitazione della dignità umana. Tali compiti dovevano essere affidati anche alle regioni. Tale gravoso fine è stato perseguito dagli anni ’70 del secolo scorso. Ma i ritardi sono stati determinanti. Troppo tardi sono state passate le funzioni dallo stato alle regioni. Troppo tardi si è creato quel sistema di cooperazione fra stato, province, comuni e regioni che doveva creare un tessuto istituzionale proficuo. Il tempo sembra scaduto. I valori di solidarietà e la cura dell’altro sembrano prerogativa di pochi, di coloro che si attivano nel volontariato. Il resto sembra un abisso in cui i disabili, i malati, gli emarginati e, purtroppo, spesso anche le donne sembrano decadere.  Nel sud come nel nord la società non sembra credere più nei valori di solidarietà. Gli episodi di discriminazione, di violenza, si moltiplicano. Spesso il disabile è visto come un ostacolo. Quando rivendica il diritto alla vita, al lavoro, alla dignità viene deriso e insultato. Il disegno regionale, che prevedeva una politica e un istituzione vicina al cittadino, sembra lontana da raggiungere questo obbiettivo. Cambiare si può si deve. La sfida è stanare chi nega la dignità umana. Far uscire fuori dal loro guscio, chi umilia l’altro. Magari ha ragione lui, magari è giusto ciò che fa. Ma proporgli una visione solidale, alternativa alla sua visione di chiusura verso l’altro, potrebbe aprire nuovi spazi di dibattito. Poi, chi lo sa, magari ha ragione lui, la scelta migliore è l’egoismo e la chiusura. Ma se fosse così l’intera costituzione, non solo l’ordinamento regionale, sarebbe da cambiare, come la teleologia delle nostre istituzioni. Bisogna dire che oggi le Regioni, e in particolare la Puglia, si stanno impegnando per attuare i dettami di solidarietà e di aiuto all'altro. La Puglia si è impegnata nell'accoglienza dei migranti. I cittadini pugliesi, almeno alcuni, si sono adoperati per accogliere chi veniva da lontano e fuggiva da guerre. Qualcuno ha proposto per loro il premio Nobel per la Pace. Insomma i gesti di aiuto e di accoglienza ci sono. La controtendenza ai malefici atti di chiusura sono presenti. E' il momento di renderli vivi ed operanti. Lo sforzo delle istituzioni c'è, come quello di alcuni uomini e alcune donne di buona volontàm è tempo che questo sforzo si diffonda.

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