VIII DISPOSIZIONE
TRANSITORIA E FINALE
“Le elezioni dei
Consigli regionali e degli organi elettivi delle amministrazioni provinciali
sono indette entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione.
Leggi della
Repubblica regolano per ogni ramo della pubblica amministrazione il passaggio
delle funzioni statali attribuite alle Regioni. Fino a quando non sia provveduto
al riordinamento e alla distribuzione delle funzioni amministrative fra gli
enti locali restano alle Province ed ai Comuni le funzioni che esercitano
attualmente e le altre di cui le regioni deleghino loro l’esercizio.
Leggi della
Repubblica regolano il passaggio alle Regioni di funzionari e dipendenti dello
Stato, anche delle amministrazioni centrali, che sia reso necessario dal nuovo
ordinamento. Per la formazione dei loro uffici le Regioni devono, tranne che in
casi di necessità, trarre il proprio personale da quello dello Stato e degli
enti locali”.
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
La VIII disposizione transitoria e finale detta, in linea
generale, i tempi e i modi dell’istituto regionale. Sconosciuta quale entità
amministrativa durante la monarchia, la Costituzione ha posto la Regione quale
fulcro del decentramento amministrativo dello stato. Alla luce di questo i
tempi previsti per le elezioni e l’avvio dei consigli regionali era stato
previsto in tempi rapidi. Questo proposito fu tradito. La timidezza delle forze
politiche tu tale materia, porto solo nel 1970 alla promulgazione della legge e
dei decreti delegati che rendevano operativi gli istituti regionali e gli
davano competenza amministrativa e legislativa nelle materie a loro conferite
in forza dell’articolo 116 e 117 della Costituzione. Questo colpevole ritardo
fu decisivo per lo sviluppo di una politica amministrativa locale adeguata. Le province
e i comuni non erano attrezzati a svolgere le funzioni sociali che la
Costituzione attribuiva alla regione. A questo è anche da imputare il ritardo
culturale ed etico che caratterizza intere parti del paese. Una politica di
difesa dei soggetti più deboli non è stata intrapresa con la dovuta celerità.
Per questo motivo vi sono così diffusi episodi di intolleranza verso i “diversi”,
che siano disabili o emarginati. Chiariamo! In molte regioni d’Italia p
considerato normale emarginare il disabile, la donna, le persone più deboli.
Nel Meridione è normale che tali soggetti siano esclusi dal lavoro e dalla
società, in tali contesti lo spirito di eguaglianza e solidarietà economica è
visto come fumo negli occhi. Rispettiamo tali cittadini. Ma è tempo di
scegliere. È tempo di provare a vivificare quei valori che si esplicitano nell’azione
del volontariato. La Costituzione voleva che quei valori non fossero di pochi,
ma fossero il modello di azione sociale dell’intera società. La Costituzione voleva
cambiare il mondo. Voleva che si cessassero le azioni di discriminazione.
Voleva che tutti fossimo uguali. Voleva che fossero rimossi gli ostacoli alla
esplicitazione della dignità umana. Tali compiti dovevano essere affidati anche
alle regioni. Tale gravoso fine è stato perseguito dagli anni ’70 del secolo
scorso. Ma i ritardi sono stati determinanti. Troppo tardi sono state passate
le funzioni dallo stato alle regioni. Troppo tardi si è creato quel sistema di
cooperazione fra stato, province, comuni e regioni che doveva creare un tessuto
istituzionale proficuo. Il tempo sembra scaduto. I valori di solidarietà e la
cura dell’altro sembrano prerogativa di pochi, di coloro che si attivano nel
volontariato. Il resto sembra un abisso in cui i disabili, i malati, gli
emarginati e, purtroppo, spesso anche le donne sembrano decadere. Nel sud come nel nord la società non sembra
credere più nei valori di solidarietà. Gli episodi di discriminazione, di
violenza, si moltiplicano. Spesso il disabile è visto come un ostacolo. Quando
rivendica il diritto alla vita, al lavoro, alla dignità viene deriso e
insultato. Il disegno regionale, che prevedeva una politica e un istituzione
vicina al cittadino, sembra lontana da raggiungere questo obbiettivo. Cambiare
si può si deve. La sfida è stanare chi nega la dignità umana. Far uscire fuori
dal loro guscio, chi umilia l’altro. Magari ha ragione lui, magari è giusto ciò
che fa. Ma proporgli una visione solidale, alternativa alla sua visione di
chiusura verso l’altro, potrebbe aprire nuovi spazi di dibattito. Poi, chi lo
sa, magari ha ragione lui, la scelta migliore è l’egoismo e la chiusura. Ma se
fosse così l’intera costituzione, non solo l’ordinamento regionale, sarebbe da
cambiare, come la teleologia delle nostre istituzioni. Bisogna dire che oggi le Regioni, e in particolare la Puglia, si stanno impegnando per attuare i dettami di solidarietà e di aiuto all'altro. La Puglia si è impegnata nell'accoglienza dei migranti. I cittadini pugliesi, almeno alcuni, si sono adoperati per accogliere chi veniva da lontano e fuggiva da guerre. Qualcuno ha proposto per loro il premio Nobel per la Pace. Insomma i gesti di aiuto e di accoglienza ci sono. La controtendenza ai malefici atti di chiusura sono presenti. E' il momento di renderli vivi ed operanti. Lo sforzo delle istituzioni c'è, come quello di alcuni uomini e alcune donne di buona volontàm è tempo che questo sforzo si diffonda.
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