X DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE
“Alla Regione del
Friuli – Venezia Giulia, di cui all’articolo 116, si applicano provvisoriamente
le norme generali del Titolo V della parte seconda, ferma restando la tutela
delle minoranze linguistiche in conformità con l’articolo 6.
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
La storia del Friuli Venezia Giulia è ricchissima e
complessa. Crocevia per millenni di civiltà e, purtroppo, eserciti, ha
sviluppato una cultura e una struttura sociale particolare. La presenza di
minoranze linguistiche, slovene e croate, la particolare cultura friulana, ha
spinto i costituenti a considerarla una regione a statuto speciale al pari di
Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta e Trentino – Alto Adige. Ricordiamo cosa sono
gli statuti speciali. Gli Statuti
regionali sono corpi legislativi su cui si basa l’ordinamento di ciascuna
regione, semplificando sono le Costituzioni delle regioni. Sono statuti
speciali gli atti che danno ulteriori poteri in materia legislativa ed
amministrativa oltre a quelli contemplati nella costituzione per tutte le
regioni italiane. In virtù di questa capacità di derogare perfino la carta
costituzionale essi devono essere approvati dal parlamento nazionale con la
procedura aggravata propria delle leggi costituzionale, contemplata nell’articolo
138 della Carta Costituzionale. A differenza degli statuti delle regione
ordinarie che sono approvati, anche se con particolari procedure, dai propri consigli
regionali. Nel 1948 sono entrati in vigore gli statuti della Sicilia, della
Sardegna, della Valle d’Aosta e del Trentino altro Adige. Non fu discusso né
approvato quello del Friuli Venezia Giulia. Perché? Il motivo è tragicamente facile
da individuare. Buona parte di quella regione era ancora occupata dai vincitori
della seconda guerra mondiale. Trieste, in particolare, era stata dichiarata “città
aperta”, cioè senza una definita sovranità statuale a cui sottostare, e
controllata dagli eserciti americani, inglesi e jugoslavi. Il futuro della
comunità del nord est italiano sembrava in discussione. Tito, il capo di stato
jugoslavo, vantava diritti di possesso di parte del territorio, infatti parte
della provincia di Gorizia e la penisola istriana, da sempre considerate
italiane, passarono al suo stato e oggi, finita la Jugoslavia, fanno parte
della Croazia. Molti italiani furono uccisi, altri costretti all’esilio, in un
bagno di sangue che proseguiva quello che il regime nazi fascista aveva
compiuto, a parti invertite, contro la popolazione slava. Questo a
dimostrazione che le guerre e il potere uccide sempre gli innocenti. Fu solo a
seguito dell’accordo fra le potenze vincitrici del 5 settembre 1954 che Trieste
e Gorizia passarono sotto la sovranità italiana. L’Italia solo allora assunse i
confini che oggi conosciamo. Riconquistata l’indipendenza e tornata fra le
braccia della madre patria la regione Friuli Venezia Giulia poté avere anche un
suo statuto speciale, approvato dalle camere, con legge costituzionale, il 31
gennaio 1961. Occorre notare che passarono quasi dieci anni fra la data di
ritorno triestino all’Italia e l’approvazione dello statuto speciale. Questo è
dovuto al fatto che tanto c’era da fare per ricostruire un territorio prostrato
dalla guerra. La X disposizione transitoria e finale ha come obbiettivo di
regolamentare il territorio friulano in mano all’Italia, durante i drammatici
anni di transizione. Le località friulane sotto il controllo italiano avevano
comunque un ampia autonomia, paragonabile a quella delle altre regioni a
statuto speciale garantite dall’articolo 116 della Costituzione. L’assemblea
Costituente garantiva che anche il Friuli avesse una forma di autogoverno e un’assemblea
partecipativa che rappresentasse la popolazione locale. La scelta fu comunque
di non approvare uno Statuto, fin quando la regione non avesse trovato l’unità
nel seno della Repubblica Italiana. Una scelta saggia che ha posto le basi per
la nascita di un ordinamento regionale fra i più importanti ed,
istituzionalmente, più all’avanguardia dell’intera penisola. Lo Statuto Regionale
del Friuli Venezia Giulia si dimostrò efficace nel dare strumenti
amministrativi e legislativi atti ad affrontare un altro tragico evento che la
regione dovette affrontare. Ci riferiamo al tremendo terremoto che colpì il
Friuli nel 1976. Fu un sisma fortissimo che distrusse le abitazioni locali e
uccise migliaia di persone innocenti. Grazie prima di tutto all’impegno della
gente friulana, ma anche alla capacità amministrativa locale, supportata da un
valido statuto regionale, fu possibile soccorrere tante persone imprigionate
sotto le macerie e avviare una ricostruzione che ancor oggi rimane modello
insuperato di efficienza e trasparenza. Lo statuto del Friuli Venezia Giulia è
un modello di rispetto della diversità, all’interno di un contesto socio
comunitario comune. È l’esempio di una società aperta e plurale, che non ha
paura di confrontarsi con gli altri. Bisogna dire che anche altri statuti
regionali, speciali od ordinari, sono di altissimo livello giuridico e latori
di valori comunitari importanti. È giusto fare un plauso davanti all’impegno
morale e civico che ha portato alla scrittura di questi testi giuridici. Il
Friuli Venezia – Giulia per la sua storia, me la sua millenaria cultura, merita
di essere citato quale esempio fra gli altri.Bisogna
notare che il Friuli Venezia Giulia ha avuto
esplicito mandato di ottemperare l’articolo 6 della Costituzione, quello
che impone la tutela delle minoranze linguistiche. La X disposizione transitoria
e finale richiama tale norma costituzionale esplicitamente. Anche prima dell’entrata
in vigore dello Statuto Regionale il
Friuli Venezia Giulia, le sue istituzioni locali ma anche quelle che
rappresentano il governo nazionale, devono adoperarsi per garantire la
pluralità di cultura e di lingua caratteristica regionale. Questo impegno è
comune ad altre due regioni, plurali dal punto di vista linguistico, che sono
la Valle d’Aosta e il trentino Alto Adige. Bisogna notare che questa norma è
stata ottemperata anche dallo statuto. Certo tanto bisogna fare ancora per
giungere a una società in cui ogni cultura sia considerata un prezioso
beneficio nazionale, ma l’impegno per garantire l’insegnamento delle lingue
locali merita un plauso.
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